Lavoro e professione

Rapporto AlmaLaurea 2015: tengono le professioni sanitarie, meno cervelli in fuga

Come anticipato da Sanità24 , si ferma la crisi occupazionale delle professioni sanitarie e si intravedono timidi segnali di ripresa (con un tasso di occupazione del 61,2% a una nno dalla laurea). In generale il tasso di occupazione dei laureati triennali, in Italia, è pari al 65%, per i laureati magistrali biennali sfiora il 70%, mentre per i laureati magistrali a ciclo unico (ovvero i laureati in architettura, farmacia, giurisprudenza, medicina, veterinaria) il tasso di occupazione è pari a circa il 50%. E' quanto emerge dal XVII Rapporto AlmaLaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati, presentato oggi a Milano.

«'In un mercato del lavoro -spiega Francesco Ferrante, che ha curato il Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati- condizionato dalle reti di relazioni e dalla prevalenza di canali informali di reclutamento, l'indagine AlmaLaurea testimonia che nel corso della
recessione la mobilità sociale non è certo migliorata: la crisi occupazionale ha colpito maggiormente chi proviene da contesti meno favoriti, ingessando ancor di più la struttura sociale del Paese».

In Italia vince la «casta»
«Tra il 2006 e il 2014 - continua - il tasso di occupazione dei giovani provenienti da famiglie meno favorite si è ridotto di 10 punti percentuali, a fronte di una riduzione di 3 punti per i giovani provenienti dalle famiglie più favorite. Una dinamica registrata anche dalle retribuzioni reali diminuite, tra il 2006 e il 2014, del 13% per i primi e del 20% per i secondi. L'adozione di misure a sostegno di pari opportunità educative e occupazionali, in termini sia sociali sia di genere, oltre a ispirarsi a principi di equità, è destinata a promuovere l'efficienza e la competitività del Paese e ad alimentarne le prospettive di crescita sostenibile».

La mobilità penalizza il Sud
«La mobilità territoriale - avverte Giancarlo Gasperoni, che ha curato il XVII Rapporto AlmaLaurea sul profilo dei laureati - per motivi sia di studio sia di lavoro è un fenomeno
piuttosto complesso. Per certi versi, la mobilità è un fenomeno positivo, mediante il quale studenti e atenei valorizzano a pieno le proprie potenzialità, realizzano l'incontro fra domanda e offerta didattica e coltivano l'internazionalizzazione; di converso, però, la
mobilità territoriale riflette anche il profondo divario sociale ed economico che caratterizza le regioni italiane e l'incapacità del Paese di trattenere i suoi giovani più dotati».

«Le analisi AlmaLaurea - sottolinea - dimostrano che ogni anno le regioni meridionali e insulari perdono circa la metà dei loro giovani migliori a favore del Settentrione. La mobilità territoriale si combina con la mobilità sociale: la prima connota tipicamente giovani con origini sociali culturalmente ed economicamente più avvantaggiate ed esperienze scolastiche più brillanti. Ne rimane vittima soprattuttoil Sud, impoverito nel suo capitale umano e ingessato nella sua struttura sociale. Non solo: l'emorragia è cresciuta nel corso
dell'ultimo decennio».

«Si rileva, inoltre, una certa mobilità - chiarisce - per motivi di lavoro diretto all'estero, alimentato soprattutto da laureati del Nord e in generale più brillanti e meglio formati; la fuga dei cervelli è oltretutto asimmetrica, non compensata da una capacità di attirare
dall'estero capitale umano altrettanto qualificato. Nel complesso, si registra dunque un deficit di equità e di efficienza che esige un maggior impegno sul piano dell'allocazione delle risorse”.

Nel Rapporto Almalaurea, la quota di lavoro stabile (lavoro autonomo effettivo o dipendente a tempo indeterminato) risulta leggermente in calo per i laureati triennali e magistrali (rispettivamente di 2 e 1 punto percentuale rispetto alla precedente
rilevazione). Discorso a parte anche in questo caso riguarda i laureati a ciclo unico: la quota di occupati stabili aumenta infatti di oltre 2 punti percentuali rispetto alla precedente indagine. Il lavoro stabile è quindi pari, a un anno, al 39% tra i triennali, prossimo al 34% tra i magistrali e del 38% tra i laureati a ciclo unico.

Generazione «mille euro»
Le retribuzioni a un anno risultano sostanzialmente stabili per i laureati di primo livello e in lieve aumento per i laureati magistrali e magistrali a ciclo unico: per tutti si aggirano attorno ai 1.000 euro netti mensili. Rispetto alla precedente rilevazione, le retribuzioni reali risultano in aumento: l'incremento è del 5% tra i colleghi a ciclo unico, del 2% tra i magistrali e non raggiunge l'1% tra i triennali. E' però vero che, tra il 2008 e il 2014, le retribuzioni reali sono diminuite del 22% per i laureati triennali, del 18 e 17%, rispettivamente, per i laureati magistrali biennali e a ciclo unico.

Meno cervelli in fuga per le professioni sanitarie
I laureati che scelgono di migrare oltre confine per motivi professionali sono più presenti tra i laureati degli atenei del Nord (10%) e del Centro (7%); sono solo il 3% tra i laureati che hanno studiato nel Sud. In particolare, sono molto presenti tra i laureati in lingue (16%), scientifico (14%), ingegneria (11%); la quota decresce (al di sotto del 5%) per i laureati dei gruppi giuridico, insegnamento, psicologico, professioni sanitarie ed educazione fisica.

La maggior parte lavora in Europa (82%); più nel dettaglio, nel Regno Unito (17%), Francia (15%), Germania (12%) e in Svizzera (11%). Seguono Stati Uniti e Belgio (7% per entrambi).


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