Lavoro e professione

Carichi di lavoro: dal 25 novembre via alla norma delle 11 ore. Si apre una nuova epoca? La prospettiva dei giovani medici

di Dario Amati, Maddalena Zippi, Domenico Montemurro, Maurizio Cappiello, Carlo Palermo (gruppo di lavoro Anaao-Assomed e Anaao Giovani)

ANTEPRIMA. Si sa, a tirare troppo la corda si spezza, ed è così che negli ultimi anni, usurpando progressivamente il medico e il personale sanitario dai propri fondamentali diritti, tra cui per primo quello al riposo, l'Italia è stata sottoposta a procedura di infrazione con tanto di sanzione evitata solo in extremis. Il 25 novembre diventa finalmente attuativa la Legge 30 ottobre 2014, n. 161, che con l'art. 14 riallinea anche per i medici e il personale sanitario la nostra giurisprudenza agli altri paesi della CE in materia di orario di lavoro e durata dei riposi. In particolare, la legge prevede come minimo 11 ore consecutive di riposo giornaliero, massimo 48 ore di lavoro settimanale, compreso lo straordinario, 24 ore di riposo settimanale e almeno 4 settimane di riposo annuale.
Rimangono però alcune perplessità che potrebbero mandare in tilt il sistema come, ad esempio, la pronta disponibilità, soprattutto se si è costretti a doverla convertire in lavoro operativo. Come può essere applicata la “norma delle 11 ore” se il riposo è interrotto da uno o più periodi di lavoro?
Proprio questo istituto, spesso utilizzato impropriamente, rischia di creare i maggiori problemi per l'applicazione della norma suddetta ed il contratto non ci viene particolarmente in aiuto.
In ogni caso, il nostro lavoro nasce da una passione e soprattutto da uno spirito di sacrificio per la professione che in questi anni ci ha permesso di portare sulle spalle il carico di tutto il Ssn e si auspica che dal 25 novembre il dovuto riposo giornaliero, settimanale ed annuale, porterà una riduzione dei carichi di lavoro, dando un po’ di serenità e possibilità di recupero a chi esercita questa professione più per missione che per lavoro.

Sono passati 8 anni dalle modifiche del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 introdotte in modo bipartisan prima dal Governo Prodi, poi dal Governo Berlusconi, ma ora finalmente, dopo una lunga battaglia condotta dall'Anaao e dalla Fems a livello delle istituzioni europee, la Legge 30 ottobre 2014, n. 161 con l'art. 14 riallinea la nostra giurisprudenza agli altri paesi della CE, estendendo al personale sanitario, compresi i medici, il diritto alla fruizione delle 11 ore continuative di riposo e stabilendo un limite al tempo di lavoro massimo settimanale.

Deadline 25 novembre
La deadline sarà il 25 novembre 2015, con la speranza che il mondo per i medici cambierà in meglio, sottolineiamo la parola speranza, perché l'operazione potrebbe essere gestita “all’italiana” ponendo la questione legislativa in modo quasi fraudolento, così come il legislatore pare essere abituato negli ultimi tempi, con circolari che anziché perseguire elementi di legittimità, sembrano tutelare interessi “particolari”.
Comunque, ora si apre la possibilità di segnalazioni alla Direzione Territoriale del Lavoro. Il medico, l'Ordine dei medici oppure il Sindacato sono legittimati a procedere. Sarà interessante capire con quali criteri saranno avviate le ispezioni dopo la segnalazione e soprattutto la tipologia di sanzioni che saranno eventualmente comminate.
L'altro pericolo deriva dalla vacanza contrattuale. Il nostro contratto, che risale all'età della pietra, risulta impreparato a recepire in modo moderno e completamente tutelante la norma sui riposi.
Uno dei primi dubbi relativamente alla “norma delle 11 ore” è che se il riposo deve essere di 11 ore il “non riposo” può raggiungere le 13 ore lavorative giornaliere e le 78 ore settimanali? Impensabile e improponibile!

«Tranquillizziamo i colleghi»
Ci sentiamo di tranquillizzare tutti su questo punto, il d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 rimanda ai Ccnl il compito di definire l'orario di lavoro. Quanto alla dirigenza medica, il Ccnl del 3 novembre 2005, all'art. 14, co. 2 conferma in 38 ore settimanali il lavoro dei dirigenti medici, ciò al fine di assicurare il mantenimento del livello di efficienza raggiunto dai servizi sanitari e favorire lo svolgimento di attività professionali, didattica, ricerca ed aggiornamento, pertanto con 4 ore settimanali dedicate ad attività non assistenziali. Tale impostazione non è stata modificata nel tempo nella sua sostanza.

L e insidie
Come accennato prima, le insidie, in un paese dove le norme e i contratti sono redatti con stile machiavellico, sono numerose, il contratto di lavoro è molto datato e non sempre fornisce le risposte ai quesiti in merito ai vari aspetti dell'organizzazione del lavoro.
Infatti sino a che il nostro orario di lavoro è “regolare” articolato sui tre turni (mattino pomeriggio e notte) e con al massimo 48 ore di lavoro, (compresi gli straordinari), grossi problemi non dovrebbero emergere, salvo madornali deficit di dotazione organica o un uso estensivo del regime di reperibilità.

La pronta disponibilità
Una delle eventualità che può mandare in tilt il sistema è la pronta disponibilità soprattutto se si è costretti a doverla convertire spesso in lavoro operativo.
Come può essere applicata la “norma delle 11 ore” se il riposo è interrotto da uno o più periodi di lavoro?
La definizione della pronta disponibilità è ribadita nell'art. 17 del Ccnl del 3 novembre 2005 (per il quadriennio 2002/2005) che sottolinea l'obbligo per il dirigente medico di raggiungere il presidio ospedaliero nei tempi stabiliti. Questo servizio è limitato ai soli periodi notturni e festivi, inoltre, può essere sostitutivo e integrativo dei servizi di guardia (art. 16 Ccnl del 3 novembre 2005) ed è organizzato utilizzando dirigenti appartenenti alla medesima disciplina. La pronta disponibilità non dovrebbe sostituire un servizio di guardia attiva ove necessario e non viene annoverata nell'orario di lavoro.
Proprio questo istituto spesso utilizzato in modo inappropriato per la sciagurata falcidia delle dotazioni organiche perpetrata dalle aziende sanitarie in questi anni di riduzione del finanziamento del Ssn, rischia di creare i maggiori problemi per la applicazione della “norma sulle 11 ore” di riposo continuativo. Il contratto in questo caso non ci viene particolarmente in aiuto. Una deroga all'art. 7 del D.lgs. 66/2003 è stata introdotta con la legge 6 agosto 2008, n. 133, per cui i regimi di reperibilità possono interrompere la continuità del riposo. In base alla deroga, la cui legittimità andrebbe verificata presso le istituzioni europee, la chiamata in pronta disponibilità può “sospendere” senza annullare il periodo di 11 ore di riposo. Pertanto, in caso di reperibilità iniziata alle ore 20 dopo uno “smonto” turno, in caso di chiamata notturna, per esempio di tre ore, il nostro riposo si dovrà protrarre per tre ore in più, quindi anziché alle 8 del mattino, se previsto dal piano di lavoro, si dovrà riprendere l'attività tre ore dopo.
A nostro avviso, vi sono molti dubbi nel considerare l'orario di reperibilità come completo “non lavoro”: questo limbo va sanato. Se la reperibilità è fondamentale per lo svolgimento della attività della unità operativa, deve essere se non equiparato assimilato all'orario di lavoro con gli opportuni correttivi e con una adeguata retribuzione oraria, ben al di sopra degli attuali vergognosi livelli. Stante l'attuale normativa, una interruzione del periodo di riposo ne dovrebbe determinare il completo azzeramento e non la semplice sospensione.

Gli altri dubbi che circolano e le risposte
Altro amletico dubbio che circola in questi giorni: dal 25 novembre in poi saremo costretti a lavorare tutti i fine settimana per rispettare le 11 ore di riposo? Anche in questo caso, con le dovute cautele derivanti dal vivere in Italia, dobbiamo tenere presente che la norma si inserisce in modo additivo al Ccnl e non abrogativo. Dobbiamo essere al momento ferrei nel fare rispettare il contratto di lavoro senza deroghe. Se consideriamo le ore massime di lavoro consentito, la norma sui turni festivi e sui recuperi e in più le 11 ore di riposo, il fine settimana dovrà essere preservato. Se le aziende avranno difficoltà nell'organizzazione dei piani di lavoro significherà solo che le dotazioni organiche sono ampiamente insufficienti! Va da sé che con il prossimo contratto di lavoro bisognerà essere ancora più precisi ed inflessibili, evitando di cadere nei tranelli che da sempre la controparte pone in essere in trattativa.
Il nostro lavoro nasce da una passione e soprattutto da uno spirito di sacrificio per la professione che in questi anni ci ha permesso di portare sulle spalle il carico di tutto il Ssn. Ma lo spirito di sacrificio e l'abnegazione in molti casi ha portato diversi colleghi a trasformarsi da medici in pazienti e spesso direttamente sul lettino o addirittura su una barella di pronto soccorso nello stesso ospedale dove si lavora. Pagare con la propria salute le carenze e le ruberie altrui non è giusto né sarà più tollerato da noi medici. Senza dimenticare le conseguenze in carico all'altra vittima di questo sistema: il cittadino che si rivolge alle strutture sanitarie e che viene curato da personale stanco e stressato.
Auspichiamo che dal 25 novembre il dovuto riposo giornaliero, settimanale ed annuale, porti ad una riduzione dei carichi di lavoro dando un po' di serenità e possibilità di recupero psico-fisico a chi esercita questa professione più per missione che per lavoro.

Aspetti sanzionatori amministrativi per violazione dell'orario di lavoro
L'articolo 18-bis del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, contenente le sanzioni previste in caso di violazione della disciplina sull'orario di lavoro, ha subito numerose modifiche legislative (legge 6 agosto 2008, n. 133, legge 21 febbraio 2014, n. 9, dlgs. 15 giugno 2015, n. 80). L'attuale formulazione del testo prevede in particolare le sanzioni legate al mancato rispetto del riposo giornaliero (art. 7 del dlgs. 66/2003) prevedono un importo da 100 a 300 euro se la violazione coinvolge fino a 5 lavoratori o due periodi di riferimento.
Tali importi passano da 600 a 2.000 euro, se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si verifica in almeno tre periodi di 24 ore, se invece riguarda più di dieci lavoratori o almeno 5 periodi, l'importo va da 1.800 a 3.000 euro.
Nelle violazione della durata massima del lavoro settimanale (art. 4, co.2 del dlgs 66/2003) la sanzione è compresa tra 200 e 1.500 euro, se però la violazione riguarda più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno 3 periodi di riferimento, l'importo sale da 800 a 3.000 euro, se sono coinvolti più di 10 lavoratori o se questa si è protratta per più di 5 periodi, la sanzione sale in questo caso da 2.000 a 10.000 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta. Le medesime sanzioni, in modo distinto, si applicano anche per le violazioni del riposo settimanale (art. 9, co. 1 del d.lgs 66/2003).
Infine le sanzioni per il superamento del tetto massimo annuale di 250 ore di straordinario e per il computo e compenso dello stesso (art. 5, co. 3 e 5 del d.lgs 66/2003), prevedono una sanzione amministrativa da 25 a 154 euro; se ciò interessa più di 5 lavoratori o si è verificata in un anno solare per più di 50 giornate lavorative, la sanzione aumenta da 154 a 1.032 euro.
Chi conosce la realtà operativa di molti ospedali italiani sa che a essere applicate saranno le sanzioni massime.


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