Lavoro e professione

Cartelle cliniche elettroniche: ripartire dall'uomo con la scienza

di Antonio Vittorino Gaddi (direttore Centro studi Sit - Società Italiana Telemedicina e sanità elettronica)

Il cammino della scienza si fonda sulla capacità di dimostrare che un modello ritenuto valido e quindi universalmente adottato, possa essere demolito in breve tempo e sostituito da altri migliori, basati su paradigmi diversi e innovativi (Thomas Khun). Questo processo è stato introdotto in sanità dall'emergere della eHealth e della Telemedicina, su cui tutti contano per una gran quantità di finalità: migliorare l'assistenza sanitaria, ridurre sprechi, automatizzare procedure, dematerializzare documenti, controllare le prescrizioni di farmaci.

C'è chi ritiene adeguato parlare di “rivoluzione della eHealth”, che nasce da una istanza etica e logica, prima ancora che tecnologica. A sviluppare questi concetti, e a cercare di calarli nella realtà dei sistemi sanitari, con particolare riferimento alle difficoltà del nostro Paese e alle problematiche della medicina transfrontaliera, ci hanno pensato numerosi esperti italiani ed europei, provenienti da 12 nazioni, intervenuti a Pesaro a un workshop internazionale dedicato a questi temi e organizzato nell'ambito del progetto Adriatic Mobile Health (www.adrihealthmob.eu), finanziato dalla Comunità europea, in collaborazione con la Società italiana di telemedicina e sanità elettronica (Sit).

La regia dell'evento, organizzato dall'Ao “Ospedali riuniti Marche nord” è stata affidata al fisico italiano Giovanni Rinaldi, componente il Comitato di consulenza tecnica della Sit, il quale ha coinvolto gli illustri esperti in una discussione approfondita, priva di esposizioni autoreferenziali su temi tecnici o amministrativi e capace di evidenziare senza timori le criticità, i fatti negativi come quelli positivi, per cercare poi di definire i principi generali su cui i nuovi paradigmi della eHealth si possano appoggiare con sicurezza; il Ministero della Salute italiano, era rappresentato dal Direttore dell'Nsis, Lidia Di Minco.

Un'operazione culturale ambiziosa che tuttavia ha permesso di arrivare alla condivisione di alcuni punti rilevanti. Ad esempio quello, esposto da Mike Martin (Newcastle University), profondo conoscitore del Nhs inglese, che ha ben spiegato “Cosa è necessario fare prima di intraprendere qualsiasi lavoro tecnico” e che, viceversa, non è mai stato fatto. L'idea fondante che emerge dal meeting di Pesaro è di tornare a porre l'essere umano, quando malato, e il suo medico curante al centro del processo di cura. In realtà si tratta di ritornare alla definizione di eHealth già data nel lontano 2003 dai Ministri della Salute dell'Unione europea, e poi dimenticata: «La eHealth riguarda l'uso di moderne tecnologie di informazione e comunicazione in modo da andare incontro alle necessità dei pazienti, del personale sanitario, dei cittadini e de governi». Si tratta di una definizione finalistica, nella quale ogni nuovo paradigma ha senso se origina dalla centralità dei bisogni percepiti e reali dell'uomo e del rapporto medico-paziente.

Questo principio, che viene di solito dato per scontato in quasi tutti i meeting dai tecno-entusiasti e poi nei fatti sistematicamente ignorato, dovrebbe invece tornare ad essere pilastro fondamentale nel progresso della scienza biomedica. Dunque, la vera rivoluzione è partire dall'Uomo e non dalla Tecnologia.

Durante il workshop di Pesaro a questa “affermazione di principio” sono conseguiti però anche fatti e proposte concrete, altamente innovative e in grado potenzialmente di far ripartire la sanità, per mezzo delle innovazioni della eHealth.

Come vanno cambiate le cartelle cliniche
Una di queste proposte è stata quella di cambiare il modo di realizzare le cartelle cliniche elettroniche e, in senso lato, altri strumenti per il cittadino e per il personale sanitario.
È apparso evidente nella discussione l'opinione critica di molti esperti sull'attivazione e l'utilizzo dei sistemi di raccolta delle informazioni sanitarie costruiti senza un'architettura comune ben pensata. Un esempio sotto gli occhi di tutti consiste nel Fascicolo sanitario elettronico italiano, pensato una dozzina d'anni fa ma realizzato oggigiorno e subito messo in discussione dagli stessi che pur se ne fecero promotori a suo tempo. Opinioni simili sono state indirizzate da numerosi esperti anche ad altre iniziative giudicate poco utili come il Minimum Data Set europeo.

Fabrizio Ricci, ricercatore del Cnr di Roma, e Francesco Gabbrielli, vicepresidente Sit, hanno fornito una precisa traccia metodologica su come si possano ridisegnare strutture di eHealth e servizi sanitari digitalizzati su basi scientifiche. Partire dai principi condivisi, adottare il metodo scientifico, studiare la letteratura e i migliori esempi che ci vengono dal mondo, e “solo dopo” proporre modelli di cartelle cliniche elettroniche da applicare alla popolazione. Misurarne comunque gli effetti su piccoli campioni e non sulla popolazione generale. Attualmente invece sembra quasi che applicare sistemi innovativi sia diventato un modo per fare esperimenti sulla gente in libertà, come in certa medicina del passato .

Ma partire davvero dall'Uomo ha altre conseguenze. Ad esempio la raccolta delle informazioni cliniche deve anch'essa essere organizzata a partire dalle esigenze umane prima che dalla tecnologia. Su questo ancora Mike Martin ha proposto un nuovo concetto Socio-Tecnico di Informazione, che preveda una fase negoziale iniziale che precede tutte le altre attività progettuali tecniche.

Dalla Medical Division dell'European Organization for Nuclear Research di Ginevra è giunto forte e chiaro il messaggio di ricorrere ai migliori mezzi informatici oggi disponibili nel campo delle informazioni sulla salute dell'uomo. In particolare Alberto Di Meglio, capo dell'Open Lab del Dipartimento Ict del Cern, ha richiamato l'attenzione su nuovi modelli matematici nella realizzazione dei grandi clinical trials e sulla messa a punto di sistemi di analisi delle immagini cliniche utilizzando la tecnologia machine-learning, nell'analisi dei dati molecolari e l'integrazione di essi con i dati clinici e numerosi altri.

Marco Manca (Maastricht University), ricercatore medico del Cern di Ginevra e corrispondente estero per l'Europa della Sit, ha ridisegnato il rapporto variabile e non sempre univoco, tra dati e informazione vera, alla luce del significato e del valore che essa deve avere per l'uomo.

Secondo Terje Peetso, responsabile dello sviluppo della eHealth Action Plan 2010-2020 della Eu, l'Europa dovrà orientarsi maggiormente verso la qualità e la ricerca. Gli esperti norvegesi hanno illustrato sistemi innovativi di coinvolgimento e di responsabilizzazione nella gestione delle cure di pazienti con malattie oncologiche o croniche, altri esperti di più nazioni intervenute, dall'Albania all'Inghilterra hanno portato esperienze rilevanti di interventi di telemedicina potenzialmente utili per i malati e per i cittadini.

Dall'Inghilterra sono giunte osservazioni e critiche sulle resistenze dei medici rispetto alla eHealth e sull'ipotesi di utilizzare applicazioni avanzate anche in settori ancora poco esplorati dalla stessa scienza, in particolare nel settore della genomica. In altri paesi, Stati Uniti, Germania e Italia in particolare, come ben si legge nella letteratura, i medici sono disponibili a usare tecnologie innovative, ove convalidate e realmente utili, ma pronti anche a difendere il rapporto medico-paziente e a tutelare l'uomo. Senza prestarsi ad appoggiare innovazioni meramente tecnologiche che sottraggano ”tempo clinico” alla cure dei loro pazienti, come ha concluso Giancarmine Russo, segretario generale e fondatore della Sit.
In conclusione, la scienza è pronta. Ora è essenziale coinvolgere al massimo i veri esperti, i medici e i cittadini, evitando accuratamente gli errori e i rischi della telemedicina improvvisata o burocratizzata.


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