Lavoro e professione

Fnom, Fofi, Facoltà di medicina e farmacia: come ricordare Francesca, Elisa e Serena

di Roberto Turno

Francesca, Elisa, Serena, Elena, Valentina, Elisa, Lucrezia. Sette vite spezzate, sette figlie perdute. Sette dottoresse mancate. In certi casi le parole sono sempre troppe e invasive, dunque fastidiose. Ma qualcosa, una mossa, un gesto, le istituzioni hanno il dovere di farla. Le Università e gli Ordini, per primi.

La tragedia spagnola deve farci riflettere anche in una prospettiva diversa da quella del dolore e della disperazione di sette famiglie. Deve interrogarci – e va detto con umiltà – sulle speranze spezzate per sempre di sette vite, di sette ragazze, come per migliaia e migliaia di loro coetanei sul destino e sulle prospettive dei nostri giovani, dei nostri figli. Ragazze e ragazzi che vanno all'estero a fare un'esperienza in più, a formarsi per quello che sentono e sperano essere il loro futuro. Un futuro sempre più nebuloso e pieno di incognite. Giovani che si mettono in gioco e che iniziano a toccare con mano come, quando e quanto all'estero potrebbero trovare. Quasi una prima fuga di cervelli che così tanto e a caro prezzo continuiamo a pagare.

Sia chiaro: il dramma delle ragazze di Erasmus ha altre cause specifiche. E niente ha che fare né deve toccare quell'esperienza meravigliosa che è l'Erasmus. Ma se è vero che tutti ci riempiamo la bocca sul “futuro negato” ai nostri figli, ogni categoria ha il dovere di dedicare loro un gesto particolare. Troppo facile sbracciarsi per gli specializzandi o che, troppo facile parlare di giovani dottori con poco o scarso futuro.

Un gesto, solo un gesto. Ma forte. Perché le Università – qui parliamo delle facoltà di Medicina e di Farmacia, ma non solo – non dedicano loro una laurea ad honorem? Perché gli Ordini – qui parliamo di Fnom e Fofi, ma non solo - non le accolgono a memoria nelle loro fila, in qualche modo? Due medici e una farmacista alla memoria. Per ricordare per sempre Serena, Elisa e Francesca. Dottoresse comunque.


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