Lavoro e professione

Responsabilità chiare tra professioni nella partita delle competenze

di Massimo Cozza (segretario nazionale Fp Cgil Medici)

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24 Esclusivo per Sanità24

La anità italiana ha bisogno di rivalorizzare le risorse umane da troppi anni mortificate da diversi fattori. Certamente in primo luogo c’è l’assenza del contratto da oltre sei anni che rappresenta lo strumento principe attraverso il quale poter migliorare e innovare, con la condivisione di chi rappresenta i medici e tutti gli altri operatori della sanità, l’organizzazione del lavoro negli ospedali e nei servizi territioriali, superando l’ingessamento normativo imposto dalla cosidetta legge Brunetta, fino a ora non toccata dal Governo Renzi.
In secondo luogo c’è urgente bisogno di mettere la parola fine al precariato in sanità con un nuovo provvedimento legislativo che parta dalla realtà delle diverse forme di rapporto di lavoro, atipico e non, oggi esistenti.
In terzo luogo va invertito il processo di marginalizzazione delle professionalità sanitarie da parte di una deriva aziendalistica dove la mission nei fatti è sempre di più legata al bilancio piuttosto che alle prestazioni sanitarie.
In questo ambito appare preoccupante la recente contaminazione della logica dei piani di rientro regionali anche nelle aziende ospedaliere e prossimamente in quelle sanitarie. Così come la rimozione automatica dei direttori generali che avranno uno scostamento significativo rispetto ai piani di rientro aziendali. Il tutto in un processo perseverante di tagli alla sanità, ribaditi nelle prospettive definite nel recente Def con una diminuzione della percentuale per la sanità rispetto al Pil fino alla soglia del 6,5% nel 2019, limite sotto il quale la povertà delle risorse intacca l’aspettativa di vita, come affermato dagli stessi esperti dell’Oms.

In questo quadro va subito affrontata, una volta per tutte, la questione delle competenze, riconoscendo la professionalità dei diversi operatori sanitari, prendendo atto della evoluzione delle figure professionali, con chiarezza di ruoli e responsabilità. Una guerra tra medici e infermieri per contendersi le competenze è una strada sbagliata che rischia di indebolire ulteriormente il servizio sanitario e danneggiare tutti, a partire dai cittadini. L’evoluzione della sanità assegna al medico e alle altre professioni sanitarie ruoli, funzioni e competenze sempre più specialistiche e complesse, ma mantenendo l’asse diretto del rapporto con il paziente, non più oggetto di cura ma soggetto con il quale condividere le scelte.

Il cambiamento, già in fase avanzata nei Paesi anglosassoni, riconosce alle diverse professionalità sempre maggiori competenze - intese come conoscenze, abilità e comportamenti - sulla base di percorsi formativi e abilitativi, in una organizzazione più funzionale ai bisogni del paziente.
È ora per il ministero della Salute e per le Regioni di assumersi le responsabilità di scelte non più rinviabili, di smettere di giocare sulle contrapposizioni di alcuni vertici sindacali e ordinistici. L’introduzione nella legge di stabilità 2015 del comma 566 che tentava di ridefinire, in modo confuso, le competenze in sanità, senza sentire tutti gli attori coinvolti, ha rappresentato un errore che, come già previsto, sta dividendo il mondo professionale sanitario, a danno di tutti.

Ma un errore è anche il blocco delle bozze di accordo sulle professioni infermieristiche e sulla professione del tecnico di radiologia, che, nell’ultima stesura, non prevedono più una elencazione di specifiche competenze ma giustamente stabiliscono i percorsi per lo sviluppo lavorativo e formativo nei quali sono sempre previsti momenti di condivisione (nazionali, regionali e territoriali) con organizzazioni sindacali e rappresentanze professionali. Questo blocco ha fermato sul nascere la discussione, già calendarizzata, anche per tutte le altre professioni ostetriche, riabilitative, tecnico sanitarie e tecniche della prevenzione.
L’affidamento condiviso a diverse figure professionali sanitarie di specifici atti nell’ambito della diagnosi e della cura, con protocolli operativi concordati, non può che migliorare l’appropriatezza e rappresenta un’opportunità, purché l’utilizzo alternativo di alcune professionalità non abbia il solo fine del risparmio a danno della qualità dell’assistenza ai cittadini. Si devono implementare le competenze e valorizzare le diverse professionalità nella chiarezza delle responsabilità, sia delle funzioni assistenziali, tecniche e riabilitative (infermieri, ostetriche, tecnici sanitari, professioni della riabilitazione della prevenzione) sia dei singoli atti diagnostici e terapeutici (le diverse professionalità sanitarie), nell’ambito dell’unitarietà del percorso clinico diagnostico-terapeutico (medico), avendo come stella polare la salute dei cittadini, non il risparmio.
Per quanto ci riguarda, con coerenza, torniamo a ribadire che le diverse figure professionali, a partire dal medico, devono concorrere alla tutela della salute avendo come stella polare i bisogni del paziente in un quadro sempre più innovativo nei processi di assistenza. Su queste linee chiediamo che il Governo e le Regioni pongano fine al confuso balletto delle responsabilità e riaprano subito la stagione contrattuale.


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