Lavoro e professione

Piano nazionale cronicità, dagli infermieri cinque proposte per migliorare assistenza e presa in carico

di Ipasvi

Il Piano nazionale cronicità è un tassello importante sia per l’applicazione del Patto per la salute sia, soprattutto, per il cambio di rotta nel modello di assistenza del Servizio sanitario nazionale, che deve essere sempre più orientato necessariamente ai mutamenti epidemiologici e dei bisogni di salute, tra i quali non autosufficienza e cronicità rappresentano gli aspetti principali. La presidente della Federazione nazionale Collegi Ipasvi, Barbara Mangiacavalli, sottolinea che «il Piano consente finalmente non solo di curare, ma anche di prendersi cura delle persone con patologie croniche, perché siano assistite in modo complessivo, olistico, e non solo per quanto riguarda i sintomi specifici».
La responsabile della Federazione degli infermieri mette sul tavolo una serie di proposte per l'evoluzione di questo nuovo modello di assistenza, in considerazione del fatto che in ospedale e sul territorio a vegliare sui malati cronici secondo il Piano ci sono due figure prioritarie: il medico di medicina generale e l'infermiere. Il primo come tutor nella diagnosi e nella scelta della terapia, il secondo 24 ore su 24 seguirà, in un team di cui è anche care manager, il paziente in tutto il percorso necessario alla sua assistenza.

La prima proposta riguarda la possibile previsione dello sviluppo di un approccio sistemico ed “evidence-based” alle patologie croniche che coinvolge tutti i produttori di assistenza. Un modello contenuto nel Chronic Care Model (Ccm) descritto dall'Oms che prevede un approccio ‘patient oriented' utilizzato dai sistemi erogativi di cura e assistenza, per identificare precocemente (disease finding) e prendere in carico (disease, care e case management) tutte le persone portatrici di malattia/condizione di cronicità insieme alle loro famiglie/care giver; soggetti più a rischio di complicanze /aggravamento delle condizioni di base e/o di perdita delle funzioni fisico-cognitive residue, per i quali siano riconosciuti efficaci programmi di cura e assistenza della cronicità. “In questo ambito e nel lavoro multi professionale e multidisciplinare – spiega - la funzione infermieristica contribuisce a orientare l'assistenza erogata ai malati cronici basandosi su approcci di assistenza proattivi, richiamati anche nel modello dalla medicina di iniziativa”.

La seconda è la presa in carico infermieristica anticipata e finalizzata all'inserimento della persona assistita in programmi di disease e care management e l'individuazione di ulteriori indicatori di efficacia e appropriatezza, validi anche rispetto alla qualità di vita e di assistenza della persona.
La terza è una maggiore considerazione del domicilio dei malati cronici come ambiente più ampio. Le condizioni di vita della popolazione anziana e/o con disabilita o fragilità funzionale e/o sociale stanno cambiando: il domicilio tradizionalmente inteso (o qualunque luogo in cui la persona fragile si trova a vivere) è il luogo in cui la persona trascorre la prevalenza del proprio tempo di vita e la sua funzione è quella di ridare significato al vivere quotidiano nella condizione di cronicità. Di conseguenza gli operatori (infermieri) che svolgono il proprio ruolo professionale vicino alla persona in ogni contesto nel quale questa vive, sia in salute che in malattia, devono ripensare anche alla dimensione ambientale: le cure extra¬ ospedaliere, diventando sempre più sistemi in cui si sviluppa la long-term care, non potranno essere previste solo come cure domiciliari ma anche come cure ‘multi¬ ambientali' ovvero multi-setting”.
La quarta è una strategia in cui l'infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi (acuti/cronici) di salute e benessere per le persone fragili e per le loro famiglie/care giver, creando con il medico di medicina generale (Mmg) un' alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia, favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici e consente a questo di focalizzarsi sui problemi di salute più complessi dal punto di vista clinico-terapeutico, potendo affidare i casi più emblematici dal punto di vista della cronicità (stabilità clinica e aderenza terapeutica, comportamenti e stili di vita) all'infermiere sul territorio, nell'ottica della cooperazione professionale e condivisione della pianificazione delle cure alla persona.
Infine, quinta proposta di sviluppo futuro, quella che riguarda i ‘bisogno non clinici' legati alle cronicità: «L'infermiere – conclude Mangiacavalli - è il professionista che più di altri può affiancare la persona dentro il sistema dei servizi per la continuità delle cure. Accompagna la persona malata o in remissione di malattia in ogni percorso e quindi assume la responsabilità (non clinica) del caso tra un setting e l'altro e tra un professionista e l'altro, personalizzando gli interventi programmati e coordinandone il giusto percorso nel rispetto dei singoli percorsi diagnostico terapeutici assistenziali».


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