Lavoro e professione

Relazione Ivass: ancora poca concorrenza e sul personale la franchigia è stratosferica

di Ernesto Macrì (docente Cineas del Master in Hospital risk managemente componente del Tavolo Cineas: Assicurazione e sanità)

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24 Esclusivo per Sanità24

L’ultima relazione annuale, del giugno 2016, dell’Ivass (Autorità nazionale di vigilanza sulle assicurazioni ), ci consegna un quadro sullo stato di assicurabilità del rischio per medical malpractice, quanto mai problematico, confermando in tal modo una difficoltà che era già emersa nel resoconto dell’attività svolta nel 2015 dall’Organismo di vigilanza, e che ha indotto quest’ultima ad approfondire ulteriormente la problematica, con una nuova e più ampia rilevazione.

Lo studio ha riguardato tutte le imprese, sia italiane che estere, operanti in Italia, alla fine del 2015, nel ramo Rc generale - in tutto 103 -, concentrandosi, specificatamente, sul rischio della Rc medica nell’arco temporale 2010-2015. In estrema sintesi, due aspetti sugli altri emergono dall’indagine: da un lato, la fuga delle compagnie assicurative, in particolare italiane, dal comparto della sanità; dall’altro lato, il ricorso sempre più massiccio da parte delle strutture sanitarie, soprattutto di quelle pubbliche, alla c.d. autoassicurazione, cioè a quel fenomeno che comporta la gestione diretta del rischio sanitario da parte sia delle Regioni sia delle aziende ospedaliere, di fatto, sostituendosi alle assicurazioni.

Un primo aspetto su cui si focalizza lo studio, è connesso alla totale assenza di Compagnie italiane, dal 2014, nella sottoscrizione dei rischi sanitari delle aziende ospedaliere pubbliche, ancora assicurate soltanto da due imprese estere operanti in Italia in c.d. regime di libera prestazione di servizi. Va da sé che la registrata scarsità di player nel mercato assicurativo ha comportato, inevitabilmente, una sensibile riduzione della concorrenza, che potrebbe, forse, condurre a un intervento dell’Autorità di Garanzia della concorrenza e del mercato (Antitrust).

Un altro profilo su cui l’Ivass punta è la predisposizione di soluzioni assicurative, da parte delle poche imprese che continuano ad assumere questo genere di rischi, con franchigie molto elevate, ovvero con una forbice molto ampia tra minimo e massimo per quanto riguarda i massimali. A tale riguardo un conservato molto elevato incide fortemente sui bilanci delle strutture sanitarie.

Ma il dato eclatante è quello relativo al personale sanitario, che registra un valore medio del massimo di franchigia di 64.910 euro: si tratta, dunque, di importi molto pesanti per il singolo operatore, che paga comunque premi molto costosi e in certi casi non riesce addirittura a trovare una copertura adeguata.

Altro elemento su cui si concentra l’attenzione dell’Ivass, è il tempo medio di chiusura dei sinistri: solo il 26,6% delle denunce pervenute nel 2010 risultano definitivamente liquidate a fine 2015. In modo del tutto speculare aumenta il numero dei sinistri posti a riserva, pari al 72,8% di quelli denunciati nel 2015 (contro il 34,9% di quelli denunciati nel 2010). Invece, si mantiene costante fino al 2013, attorno al 40%, la quota di sinistri senza seguito.

L’Organismo di vigilanza, infine, evidenzia come nel presente contesto le molte difficoltà e i sensibili costi delle polizze per la copertura del rischio sanitario, ha, per l’appunto, indotto molte Regioni, e sempre più numerose aziende sanitarie pubbliche e private, ad avviare procedure di gestione autonoma dei sinistri. L’analisi, difatti, ci consegna un dato inequivocabile: a partire dal 2014, tutte le Regioni italiane, fatta eccezione per la Provincia autonoma di Bolzano e della Valle d’Aosta, hanno optato, o per scelta programmata o per necessità, per forme di accantonamento a copertura dei rischi in “regime di autoassicurazione”. Verosimilmente, la decisione di orientarsi per una “gestione in proprio” delle conseguenze della responsabilità sanitaria, spesso non è stata il risultato di un’analisi tecnico- inanziaria di medio-lungo periodo, bensì il mero calcolo di esigenze di bilancio contingenti di breve periodo, in quanto, essendo il premio assicurativo dovuto in via anticipata alle compagnie, la gestione diretta assicurativa permette alla pubblica amministrazione di ottenere nell’immediato un risparmio di cassa.

In un panorama nazionale che vede un crescente aumento del numero delle Regioni che hanno imboccato la via della gestione diretta dei sinistri, l’Ivass registra «(...) notevoli investimenti in questa direzione. Ne è derivata una acquisizione di nuove competenze, nonché un miglioramento della soddisfazione degli utenti dei servizi sanitari» (cfr. Relazione sull’attività svolta dall’Istituto nell’anno 2015, pag. 152). Ciò testimonia la maggiore consapevolezza, che sta crescendo all’interno delle Regioni, verso il governo delle denunce dei sinistri e ancor più verso i modelli di gestione del rischio legato alla responsabilità civile verso terzi. In chiusura, considerati i significativi risvolti sociali della natura del rischio sanitario, è auspicabile che la sensibilità per il contenimento dei costi non faccia perdere di vista ai vertici delle strutture sanitarie, cui è rimessa la competenza ad effettuare le scelte più appropriate, un doveroso giudizio sull’opportunità di simili opzioni. È il caso, infatti, che tali scelte siano incentrate, anzitutto, su un approccio rigoroso o comunque prudenziale nella determinazione degli impegni economici derivanti dal rischio, poiché potrebbero avere impatti sulla solidità patrimoniale delle strutture ospedaliere e, quindi, implicare anche la possibilità di non dare seguito al risarcimento dei danni causati a terzi.

Ernesto Macrì docente Cineas del Master in Hospital risk management
e componente del Tavolo Cineas: Assicurazione e sanità

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