Lavoro e professione

Tutte le promesse mancate del 118. Il libro bianco dello Smi

Regia unica sul 118, come peraltro richiesto dal Dpr 27 marzo 1992 e non ancora realizzato. Omogeneità dei criteri di implementazione del sistema. Altolà al precariato e definitivo passaggio alla dipendenza dei colleghi che sono ancora in regime di convenzionamento. Controllo serrato sulle esternalizzazioni, sia dal punto di vista della qualità che della trasparenza e check per scongiurare in esse il coinvolgimento di medici.

A distanza di 12 anni, lo Smi-Sindacato dei medici italiani, torna ad analizzare il sistema del 118, elencando nodi irrisolti e priorità. L’occasione per presentare il nuovo “Libro bianco” (che sarà reso pubblico la prossima settimana) è il convegno nazionale “Salvando vite, un viaggio nella rete dell’emergenza-urgenza, sotto l’attacco del regionalismo e delle privatizzazioni”. E «a distanza di 12 anni - è la denuncia della vice segretario generale Marcella Triozzi - la situazione non è cambiata: dal Dpr 27-3-1992 e successive Linee guida del 1996 - spiega - la legislazione nazionale è intervenuta su più aspetti, numero unico 112, riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale, formazione, flussi informativi, elisoccorso, standard, prevalentemente con Intese Stato-Regioni e nella forma delle linee guida. Il tutto in un contesto di grande riorganizzazione dei sistemi sanitari regionali, di riduzione dei finanziamenti, con dieci Regioni sottoposte a piani di rientro (Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia) di cui 5 commissariate (Lazio, Abruzzo, Campania, Molise e Calabria). Queste Regioni sono state costrette a sottoscrivere un piano triennale finalizzato al pareggio di bilancio attraverso una riorganizzazione dei Ssr. I Piani di rientro miravano alla “ottimizzazione ed efficientamento” del Ssr ma – a lungo andare – hanno finito per impoverire la qualità e la quantità dei servizi erogati. Ebbene, il sistema 118 - conclude Triozzi - sia nelle regioni in piano di rientro che nelle altre, è stato oggetto di numerosi provvedimenti regionali che nelle intenzioni dovevano mettere a regime il sistema implementando e/o ottimizzando le varie componenti, ma di fatto è stato oggetto solo di interventi volti a ridurne i costi». In questo quadro, denunciano ancora dal Sindacato, l’ipotesi di smantellamento della guardiua medica notturna sarebbe il colpo di grazia.

Ecco le principali criticità rilevate dallo Smi:
- Due differenti modelli organizzativi: il modello che affida il governo del sistema a singole aziende di servizi sanitari (in tale modello i servizi di emergenza preospedaliera fanno, di norma, parte dei dipartimenti di emergenza; il modello che affida il governo del sistema ad Aziende specializzate per l'emergenza preospedaliera costituite ad hoc. Due Regioni, Lazio e Lombardia, applicano questo modello, declinandolo in modo diverso
- Accorpamenti delle Centrali operative
- Presenza o meno del medico di centrale. In Emilia Romagna non è prevista tale figura
- Riduzione delle postazioni di soccorso avanzate medicalizzate
- Incremento delle postazioni di soccorso intermedie ovvero con solo infermiere e delle postazioni di soccorso di base (in controtendenza la Lombardia che riduce i MSB da 211 a 158)
- Riduzione delle fasce orarie di attività
- Mancato rispetto dei tempi di arrivo dei soccorsi ovvero non previsione dei tempi medesimi rispetto alla geolocalizzazione delle postazioni di soccorso
- Esternalizzazione dei servizi non sanitari (mezzo di soccorso + autista), talora anche dei servizi sanitari (infermiere e/o medico)
- Marcata diversificazione dei costi sostenuti dalle Asl per la stessa tipologia di servizio esternalizzato
- Discrepanze tra quanto previsto dalla normativa regionale e quanto di fatto realizzato dalle Asl alle quali è demandate la fase organizzativa, ovviamente in diminuzione
- Utilizzo intensivo del personale medico del 118 costretto a prestare la propria attività sui mezzi di soccorso e, ove non impegnati negli interventi territoriali nei Pronto soccorso e nei Punti di Primo Intervento, questi ultimi in costante aumento a seguito della riconversione dei piccoli ospedali
- Mancato adeguamento degli organici con ricorso al lavoro straordinario e al sistema premiante
- Obsolescenza dei mezzi di soccorso, ben oltre i limiti di utilizzo imposto dalla normativa
- Mancata attivazione del numero unico 112
- persistenza di personale medico a regime convenzionato e altro dipendente. Nonostante si parli da anni di passaggio a dipendenza

«Occorre tuttavia segnalare - continua la dirigente nazionale Smi - come in alcune Regioni si registri un trend inverso per alcuni aspetti: aumento delle postazioni Msa, migliore geolocalizzazione delle stesse, implementazione dei flussi informativi, adozione delle reti tempo-dipendenti (stroke, trauma, Ima, ecc.). Tutti interventi, però, volti a sanare una situazione di base assolutamente disomogenea e deficitaria. In ogni caso si tratta quasi sempre di Decreti Commissariali o Delibere di Giunta, intervenuti tra il 2014 e il 2016, spesso lungi dall'essere attuati».
«Difficile essere ottimisti sulla messa a regime di eventuali provvedimenti migliorativi - conclude Triozzi- se non si prevede un quadro nazionale, omogeneo e complessivo di riforma, che metta argine alle fughe in avanti delle Regioni (e considerato il lungo elenco di interventi antecedenti disattesi), sotto l'attacco di tagli ed esternalizzazioni. In questo contesto si inserisce anche l'ipotizzata rimodulazione dell'offerta h16, cioè la chiusura della guardia medica notturna da mezzanotte alle 8 del mattino, con conseguente cattivo utilizzo del 118. Sarebbe il colpo di grazia per il Ssn».


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