Lavoro e professione

Il rebus dei fondi per le risorse umane tra rinnovi e assunzioni

di Stefano Simonetti

Come da tradizione con l’arrivo dell’autunno i contenuti del Def vengono ribaltati nella manovra per l’anno successivo. Sempre come da tradizione, il Governo effettua un annuncio indistinto riguardo alle materie, ai limite dell’incomprensibile, prima ancora di redigere un Ddl con un articolato vero e proprio il quale, comunque, deve essere presentato al Parlamento entro il 15 ottobre.

Se le norme vengono illustrate per titoli, se non per slogan, è particolarmente difficile esprimere un giudizio sulla manovra. Esattamente così è avvenuto lo scorso anno quando sembrava inizialmente che fosse sbloccata l’assunzione di migliaia di medici e infermieri necessari per fronteggiare le esigenze derivanti dal ripristino della normativa europea su orari e riposi. Poi si è visto come nella legge “vera” di tali assunzioni non vi fosse traccia e le misure previste erano del tutto aleatorie e differite nel tempo ma, soprattutto, affidate a sedicenti concorsi “straordinari” rispetto ai quali era arduo comprendere la natura e le caratteristiche.

La novità di quest’anno è che la legge in questione cambia denominazione passando da “legge di stabilità” (la vecchia “finanziaria”) a “legge di bilancio” in applicazione della legge 163/2016. Al di là della conformità al nuovo articolo 81 della Costituzione, chissà se la nuova veste formale consentirà di superare la assurda tradizione del passato di avere una legge fatta di un solo articolo con 700 commi.

Venendo ai contenuti di dettaglio proviamo ad esaminare gli interventi che riguardano il personale della sanità. Sul fronte pensioni troviamo due interessanti aspetti. Il primo è quello della cosiddetta Ape sociale che interesserà il personale infermieristico. La dizione completa contenuta nell’allegato A è «professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni». Dal che consegue che non riguarderà i medici né i tecnici sanitari, benché turnisti. A livello formale forse all’improbabile aggettivo «ospedaliere» - che non esiste nella vigente normativa - era preferibile dire «operanti all’interno degli ospedali». A livello sostanziale andrà capito se per poter fruire dell’Ape sarà sufficiente essere turnisti ovvero che ai sensi del Dlgs 67/2011 i soggetti interessati devono effettuare almeno 78 notti l’anno e che ciò sia ricorrente negli ultimi sette anni ovvero per metà dell’intera vita lavorativa.

Un’altra norma di stampo previdenziale che interessa però tutti i lavoratori è quella che cancella definitivamente le penalizzazioni per chi va in pensione anticipata prima dei 62 anni.

Passando alle misure per la famiglia, si segnalano il premio alla nascita di 800 euro (articolo 50, comma 1), il congedo obbligatorio di due giorni per il padre lavoratore (articolo 50, comma 2) e il buono nido di 1.000 euro annui (articolo 51, comma 1). Le tre disposizioni hanno una platea molto diversificata, visto che il beneficio previsto dalla prima spetta a tutte le future madri al compimento del settimo mese di gravidanza (allora perché si chiama “premio alla nascita”?), la seconda interessa soltanto i lavoratori privati in quanto si fa riferimento alla legge 92/2012 (la cosiddetta legge Fornero) che non si applica ai lavoratori pubblici, la terza riguarderebbe la generalità dei lavoratori dipendenti ma essendo limitata a un tetto spendibile per il 2017 di 144 milioni di euro comporterà ovviamente molte esclusioni.

Il lunghissimo articolo 60 tratta della spesa del Ssn. Dopo disposizioni sugli acquisti e sulla sanità digitale si arriva ai commi 10 e 11 per parlare di finanziamento. Per il 2017 il finanziamento del fabbisogno resta fissato a 113 miliardi, dei quali 1.000 sono destinate a specifiche finalità, indicate nei commi 4, 5, 12 e 13 del successivo articolo 61: 325 ml per medicinali innovativi, 500 ml per medicinali oncologi innovativi, 100 ml per vaccini e, infine, 75 ml per «gli oneri derivanti dal processo di assunzione e stabilizzazione del personale del Ssn».

Siamo, quindi, arrivati al punto nodale della questione: come si potranno assumere i 4.000 infermieri e 3.000 medici annunciati in tutte le sedi? Di sicuro sarà assai arduo con questa norma che è certamente, meno vaga di quella della scorsa legge di Stabilità - ma ci voleva veramente poco - ma è facile calcolare quante assunzioni potranno essere realisticamente effettuate con 75 milioni di euro: mantenendo la proporzione, si tratta di 460 medici e poco più di 1.000 infermieri.

Inoltre la bozza di legge di Bilancio afferma esplicitamente che lo stanziamento avviene nel rispetto dei commi 541 e 543 della legge 208/2015 e, cioè, nell’ambito di quelle “procedure straordinarie” riservate a medici, infermieri e personale “tecnico-professionale”, dizione che non corrisponde ad alcun profilo specifico.

Poiché il finanziamento è destinato, come si diceva, al «processo di assunzione e stabilizzazione» e i fantomatici concorsi straordinari possono riservare fino al 50% dei posti a soggetti già in servizio, è agevole concludere che - al netto dei costi già a carico dei bilanci delle aziende per altre tipologie contrattuali - di risorse realmente “fresche” se ne trovano veramente poche, certamente insufficienti per il turn-over e per fronteggiare la questione orari e riposi.

L’ultimo argomento di grande impatto è quello dei rinnovi contrattuali. L’art. 54, ricalcando lo schema dell’ultima legge di Stabilità, provvede a stanziare oneri aggiuntivi che per le amministrazioni statali ammontano a 1.400 ml di euro che, sommati ai 3000 dello scorso anno, non danno in ogni caso l’importo annunciato.

Inoltre stavolta tra i destinatari ci sono anche i dipendenti in regime di diritto pubblico. Per sanità e autonomie locali sarà un Dpcm, come per il 2016, a fissare le risorse in modo analogo. A parte la rilevazione che per lo Stato le risorse erano quantificate in termini monetari assoluti (300 ml) e per la sanità in termini percentuali (0,4 % del monte salari), visto che il monte salari è di € 24,4 miliardi, si potrebbe azzardare che, in base a una banale proporzione aritmetica, le risorse per i rinnovi per la sanità siano per il 2017 di 454 mln che si aggiungono ai 97,5 dell’anno in corso. Ma forse questo ragionamento è fin troppo ottimistico perché nei confronti delle amministrazioni statali non tutti i 1.400 ml sono destinati ai rinnovi dato che la lettera b) della norma prevede “anche” assunzioni volte a fronteggiare indifferibili esigenze.

Sarà pertanto il Dpcm, di cui peraltro non viene indicato il termine per l’adozione, a ripartire l’importo tra rinnovi e assunzioni. Non vorrei allora che la cifra sopra ipotizzata per la sanità debba in tal senso essere depurata dei 75 ml finalizzati alle assunzioni/stabilizzazioni.


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