Lavoro e professione

A proposito di dati patrimoniali dei medici

di Stefano Simonetti

La querelle sorta riguardo all'obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali sta con il tempo assumendo contorni paradossali. Chi scrive aveva affrontato la materia sul n. 3 del 2017 del settimanale Il Sole24Ore-Sanità. Il dirigente Anaao Gianfranco Rivellini su Sanità24 ha pubblicato il 24 febbraio un intervento che merita una replica. Innanzitutto, dal punto di vista formale, si ricorda che i Direttori generali in questa vicenda non c’entrano nulla dato che tutta la responsabilità (compresa l'irrogazione delle pesanti sanzioni) è in capo ai Responsabili della trasparenza. Inoltre, tacciare l'operato di Raffaele Cantone come “improvvida interpretazione” appare offensivo per la figura del Presidente dell'Anac, oltre che ingenuo per le motivazioni addotte a supporto.

In buona sostanza il sindacato ritiene che gli obblighi di trasparenza riguardanti il personale del Ssn siano contenuti in modo esaustivo nell'art. 41 del d.lgs. 33/2013 e, per esplicito rinvio, all'art. 15 e che nessun riferimento vada invece fatto all'art. 14 del medesimo decreto che interesserebbe la sola dirigenza amministrativa. La tesi sarebbe pure sostenibile qualora avanzata sulla scorta della interpretazione letterale e formalistica della norma: è indiscutibile in tal senso il contenuto dell'art. 41 nella sua forma attualmente vigente. Ma l'Anac ha semplicemente rilevato un errore (tra i tanti, detto per inciso) nel decreto in questione: «si ritiene che tale rinvio sia un probabile refuso dovuto a un difetto evidente di coordinamento delle disposizioni». E indica di agire «secondo una lettura coerente e costituzionalmente orientata delle norme citate» estendendo indistintamente a tutti l'obbligo ex art. 14. Sennonché Rivellini ritiene che la non applicabilità dell'art. 14 abbia motivazioni ontologiche e si lancia in una dimostrazione di specialità della dirigenza sanitaria articolata sul sostanziale assunto che “si tratta di dirigenti sanitari che non hanno autonomia né di spesa né di amministrazione e che non adottano delibere di assunzione di personale». Orbene, le argomentazioni di cui sopra contengono alcuni presupposti errati. I medici sono i maggiori ordinatori di spesa del servizio sanitario, altro che “non hanno autonomia di spesa”! Il dato nominalistico che “non adottano delibere” è del tutto semplicistico. Riguardo poi al “governo clinico”, vorrei ricordare che non è una competenza dei singoli dirigenti ma una funzione strategica dell'intera organizzazione presidiata dal Collegio di Direzione. Le competenze gestionali sono connaturate ai direttori di struttura complessa e ai responsabili di struttura semplice; ne sono estranei solo i professional che, infatti, sono denominati dirigenti per un equivoco che dura da più di venti anni.
Vediamo però di supportare con argomenti oggettivi la natura gestionale dei dirigenti medici, naturalmente si intende quelli strutturati.

Nel 2012 il legislatore per la prima volta riconosce in modo formale gli aspetti da dirigenti “veri” quando la legge Balduzzi prescrive che uno dei tre items di verifica del direttore di struttura complessa è la “valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi tramite l'uso appropriato delle risorse”. Inoltre non possono essere sottovalutati aspetti quali la gestione del personale assegnato, l'appropriatezza prescrittiva, i rapporti con le case farmaceutiche, la partecipazione come esperti alle commissioni di gara con potere di scelta assoluto, la libera professione intramuraria, il governo delle liste di attesa. In tutte queste materie il potere decisionale è saldamente nelle mani dei medici e costituisce una variabile del tutto indipendente rispetto al “budget insindacabilmente predefinito e controllato periodicamente”. Per non parlare delle decine e decine di dirigenti sanitari che non dirigono strutture afferenti ad una disciplina sanitaria ma collocate in staff. Commovente l'accenno ai “rischi individuali e famigliari”, come se tutto il resto della dirigenza italiana fosse costituito da orfani e single.
Rivellini veste, infine, i panni del legislatore e auspica che la modifica legislativa riconduca la direzione aziendale nell'alveo dell'art. 14 lasciando la dirigenza sanitaria nell'ambito di azione dell'art. 15 il quale fornisce “una sufficiente, ampia e penetrante garanzia di informazione a vantaggio dei cittadini”.

La tesi è, dunque, che solo i medici sono “diversi” da tutti gli altri. Per molti versi questa affermazione è veritiera ma vale esclusivamente per gli aspetti professionali che caratterizzano la loro peculiarità e che, infatti, sono retribuiti con cospicue indennità che solo loro percepiscono. Per il resto – cioè per gli aspetti gestionali – sono dirigenti come tutti gli altri, anche se fa molto comodo la tesi divisiva dei biechi burocrati da una parte e degli eroi dall'altra. Tra l'altro le divisioni all'interno di una azienda non giovano certamente al raggiungimento della missione dell'azienda stessa.
Rispetto alla questione della pubblicazione dei dati patrimoniali esistono due sole soluzioni ed entrambe devono partire dalla inscindibilità della dirigenza del S.s.n. e dal banale assunto che non esistono i buoni e i cattivi. La prima è che l'art. 41 costituisce una norma speciale per l'intera sanità dato che nulla fa escludere che nella locuzione “incarichi di responsabile di dipartimento e di strutture semplici e complesse“ non rientrino anche i dirigenti amministrativi, professionali e tecnici (questi ultime due categorie dimenticate da tutti). La seconda è quella che la specialità dell'art. 41 si rivolge ai peculiari aspetti indicati nello stesso art. 41 che si aggiungono a quelli comuni a tutta la pubblica amministrazione mentre per l'obbligo di pubblicazione dei dati patrimoniali la norma di riferimento è – come per tutti - l'art. 14. Che è esattamente ciò che ha chiesto il Presidente dell'ANAC.


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