Lavoro e professione

Salute mentale, trend in discesa per i trattamenti sanitari obbligatori. Italia a macchia di leopardo sui servizi

di Fabrizio Starace (presidente Società italiana di Epidemiologia psichiatrica, direttore Dsm-Dp Ausl Modena)

Il numero di Trattamenti sanitari obbligatori (Tso) è l’indicatore più frequentemente utilizzato per segnalare se le politiche per la Salute mentale attuate su un territorio sono coerenti con i principi della Legge di Riforma.

Come è noto, gli articoli 33, 34 e 35 della legge 833/78, riprendendo la legge 180/1978, hanno introdotto la possibilità che un cittadino sia sottoposto ad interventi sanitari in condizioni di ricovero ospedaliero contro la sua volontà «solo se esistano alterazioni psichiatriche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengono accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra-ospedaliere», prevedendo precisi istituti di garanzia per evitare abusi.

Come indicato dallo stesso ministero della Salute, «essendo il Tso una modalità di intervento straordinaria, questo indicatore può essere considerato una misura indiretta di efficacia dei programmi riabilitativi messi a punto dai Dsm». In altre parole il fenomeno Tso va considerato un tassello del complesso mosaico dell’assistenza psichiatrica territoriale; tassello che assume rilevanza tanto maggiore quanto minore è la rappresentazione delle altre componenti del mosaico.

Infatti, una marcata tendenza all’ospedalizzazione per Tso, in assenza di un sufficiente “coverage” territoriale, segnalerà il permanere di modalità assistenziali centrate sulla gestione ospedaliera e coercitiva della crisi, laddove il rilievo di livelli bassi di Tso, in presenza di una soddisfacente offerta territoriale segnalerà l’adozione di prassi in linea con i principi della Riforma,. Particolare attenzione dovrà essere posta, tuttavia, a quelle situazioni in cui i bassi livelli di Tso siano associati a una carenza della rete assistenziale o, all’estremo opposto, alti livelli di Tso si rilevino in contesti dotati di una rete articolata di servizi territoriali. Nel primo caso, l’apparente efficacia sarà piuttosto conseguenza di una forte riduzione dell’accessibilità dei Servizi pubblici. Nel secondo caso, la minore efficacia si accompagna all’inefficienza del sistema di cura, che presenta un’offerta ridondante, forse poco appropriata, certamente non orientata al perseguimento di obiettivi sanitari di “valore”.

Metodo. In questa sede vengono presentati i dati sui Tso registrati nel 2010 e nel 2015 (espressi in tassi x 100.000 abitanti maggiorenni residenti), in modo da monitorare l’andamento del fenomeno, a livello nazionale e delle singole Regioni. È stata inoltre sottoposta a verifica l’ipotesi di una associazione tra il fenomeno del Tso e la dotazione complessiva del personale assegnato ai Dsm con funzioni assistenziali (v. Il Sole 24-Ore Sanità del 28 febbraio 2017). I dati di riferimento sono quelli pubblicati dal Ministero della Salute - Banche dati Sdo 2010 e 2015 (ad eccezione del valore 2015 della Regione Marche, rettificato a seguito della verifica di un errore di trans-codifica). La popolazione residente è quella registrata dall’Istat al 1° gennaio di ciascun anno considerato. Non essendo disponibile il dato sui ricoveri per Regione di residenza, occorre considerare minime fluttuazioni nei valori calcolati, potenzialmente associate alla mobilità sanitaria attiva e passiva di ciascuna Regione. Ciò potrebbe determinare una sottostima del fenomeno nelle Regioni con minore offerta di posti letto in Spdc.

Risultati. Nel 2010 viene rilevata una media nazionale pari a 22,0 ricoveri in Tso x 100.000 abitanti; nel 2015 il valore nazionale si riduce a 17,3 ricoveri in Tso x 100.000.

Nel 2010 sono risultate “virtuose” (tutte al di sotto della soglia di 10 ricoveri in Tso x 100.000 abitanti) la Pa di Bolzano e le Regioni Friuli, Toscana e Basilicata. La “maglia nera” andava a Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Sicilia e Sardegna (che presentavano tutte valori superiori a 25, con punte, in Sicilia, pari a 41,9 ricoveri in Tso x 100.000).

Nel 2015 le Regioni con meno di 10 ricoveri in Tso x 100.000 sono state la Lombardia, le Pa di Bolzano e Trento, seguite da Veneto, Friuli e Basilicata; tutte mostravano una tendenza alla riduzione. La Toscana presenta invece un trend inverso (da 9,1 a 11,6), pur rimanendo al di sotto del valore medio nazionale. I valori più elevati (tutti superiori a 25 ricoveri in Tso x 100.000 abitanti) si riscontrano ancora in Valle d’Aosta (che si mantiene stabilmente su valori elevati), Emilia-Romagna (che tuttavia presenta un trend in riduzione rispetto al 2010) e Sicilia (che mostra una significativa riduzione ma mantiene livelli sensibilmente elevati rispetto al valore medio nazionale).

L’analisi statistica condotta sui dati 2015 ha mostrato infine l’esistenza di una relazione statisticamente significativa tra il carico assistenziale dei Dsm (ottenuto dividendo la prevalenza trattata per il numero complessivo di operatori con funzioni assistenziali) e il numero di Tso per popolazione residente (coeff. di correlazione = 0,50052, p 0.05) confermando l’ipotesi che al di là dei modelli organizzativi adottati, il vero antidoto all’uso di pratiche coercitive sembra essere la presenza di personale adeguato che disponga del tempo necessario per stabilire una relazione fiduciaria e per promuovere la volontarietà del trattamento.

Conclusioni. Va sottolineato con soddisfazione il trend nazionale verso la riduzione dei ricoveri per Tso, che in valore assoluto scendono da 10.812 nel 2010 a 8.777 nel 2015. In alcuni casi, tuttavia, tale riduzione appare associata alla carente accessibilità dei sistemi di cura. Ancor più interessante, per le implicazioni di politica sanitaria che ciò comporta, è la conferma empirica dell’utilità - in Salute mentale - di investire in “tecnologia umana”, l’unica in grado di fare la differenza tra accoglienza e coercizione. Riteniamo che il monitoraggio costante di questi dati debba costituire una priorità dei sistemi di cura per la salute mentale, specie nelle Regioni ove, rispetto ai valori nazionali, sono perseguibili ampi margini di miglioramento.


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