Lavoro e professione

Innovazione: un’indagine sui professionisti sanitari

di Antonio Addis (Dipartimento di Epidemiologia, ASL Roma 1, Regione Lazio, Roma)

Per avere un'idea di come sia percepita l'innovazione in rapporto alla sanità e quali siano le principali resistenze al cambiamento è stata realizzata una survey che ha coinvolto oltre 1500 professionisti che lavorano nella sanità italiana. L'indagine è in linea con gli obiettivi del progetto Forward (http://forward.recentiprogressi.it/ ), che è in primo luogo finalizzato all'ascolto degli operatori del servizio sanitario nazionale.
Il questionario è stato somministrato in occasione di cinque congressi svolti in Italia tra l'autunno 2016 e l'inverno 2017, incluso il primo convegno organizzato da Forward a Roma il 26 gennaio 2017. Inoltre, la survey è stata resa disponibile online per un periodo limitato di tempo e sono stati invitati a compilarla i destinatari di tre e-alert inviati nel mese di marzo 2017. Per l'analisi preliminare dei dati, sono state considerate le quattro categorie di professionisti più rappresentate: psichiatri, cardiologi, oncologi e operatori di sanità pubblica. Le prime due sono le aree di appartenenza più rappresentate nel campione (rispettivamente il 35% e il 34% dei rispondenti); gli operatori di sanità pubblica rappresentano invece il 24% del totale e gli oncologi medici il 7%.
La maggior parte dei professionisti sanitari ritiene che l'innovazione sia la dimensione applicativa di un'invenzione o di una scoperta: il 68% si definisce abbastanza d'accordo e il 15% completamente d'accordo. Il 17% non si trova invece d'accordo. I più convinti della relazione tra estro e innovazione sono i cardiologi, i più scettici gli operatori di sanità pubblica.
Più della metà dei rispondenti si trova d'accordo con l'affermazione di Scott Berkun che qualsiasi innovazione può essere considerata un salto nel buio: il 37% si dichiara abbastanza d'accordo, il 26% completamente d'accordo. Il 37% non si trova invece d'accordo con questa visione ritenendola eccessivamente pessimista. Il 95% condivide l'idea di Albert Einstein che innovazione e cambiamento siano strettamente correlati alla probabilità di commettere errori.
La quasi totalità dei rispondenti (96%) considera che ottenere un esito migliore per il benessere o la salute del paziente sia la motivazione che − a fronte d'irrisolte problematiche di tipo clinico o organizzativo − dovrebbe favorire la ricerca di un cambiamento. Mentre per il 3% il principale stimolo sarebbe il fattore tempo e solo per l'1% il risparmio di denaro.
Riguardo gli obiettivi dell'autorità regolatoria rispetto un'innovazione, il 29% indica come principale finalità il governo complessivo ed equilibrato delle problematiche farmaceutiche, il 27% la vigilanza sulla sicurezza dei nuovi prodotti, il 21% lo snellimento del processo di sperimentazione clinica. Il 16% ritiene invece che l'obiettivo dovrebbe essere quello di stabilire uguaglianza nell'accesso nei diversi sistemi regionali. Solamente il 7% crede che un'accelerazione dell'accesso ai farmaci possa favorire processi d'innovazione.
Non è sempre detto che il cambiamento sia positivo di per sé. Inoltre, cambiare il modo di lavorare delle persone può essere un'impresa faticosa perché modifica abitudini consolidate e rafforzate col tempo su cui, oltretutto, si è costruita una parte rilevante delle competenze. Nel sondaggio due domande riguardavano nello specifico questi aspetti sociali della percezione dell'innovazione: Quale frase le è capitato più spesso di sentire a proposito di una proposta di cambiamento? Più una persona è esperta in un campo, più resiste al cambiamento. È d'accordo? I dettagli delle risposte anche a queste domande della survey sono disponibili sul sito del progetto http://forward.recentiprogressi.it/ e pubblicati insieme a molti altri contenuti sempre dedicati al tema dell'innovazione, sul nuovo supplemento della rivista Recenti Progressi in Medicina.


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