Lavoro e professione

La legge sulla concorrenza e la nuova destinazione del Tfr nei fondi integrativi

di Claudio Testuzza

Nel corso delle trattative contrattuali, riteniamo, si dovrà porre l'attenzione a quanto recentemente stabilito dalla legge sulla concorrenza, legge n. 124 / 2017, in vigore dal 29 agosto, con cui è stato modificato quanto stabilito, circa dieci anni addietro, nel merito della destinazione del trattamento di fine rapporto nei fondi previdenziali integrativi.
La previdenza complementare è nata come forma di protezione aggiuntiva a quella del regime pubblico obbligatorio rivolgendosi a tutti i lavoratori, sia dipendenti sia autonomi, sia del settore privato sia del pubblico.
Dal gennaio 2007, la riforma del settore ha introdotto una sorta di “ quasi-obbligatorietà ” della destinazione del Tfr, e di tutto il Tfr annuale, alla previdenza integrativa.
Da allora, chi viene assunto ha l'obbligo di manifestare la sorte che intende dare al suo Tfr potendo scegliere tra due opzioni: ma0ntenerlo come forma di retribuzione differita, cioè da ricevere a fine carriera lavorativa oppure destinarlo a un fondo pensione. Se non viene fatta alcuna scelta, il Tfr finisce investito nella previdenza integrativa : nel fondo pensione dell'azienda o del settore in cui opera l'azienda oppure, se questi fondi non esistono, a FondInps, che è un fondo pensione operativo all'Inps.
Questa regola è stata definita la regola del silenzio-assenso. In pratica il lavoratore che non dovesse pronunciarsi nel merito, di fatto, acconsente al trasferimento del suo Tfr nei fondi pensione. La scelta è, peraltro, definitiva cioè non più ritrattabile. Tali condizioni hanno sostanzialmente ridotto la volontà di molti ad adire alla previdenza complementare.

A distanza di dieci anni dalla riforma che impose la destinazione integrale del trattamento di fine rapporto (Tfr) ai lavoratori che avessero deciso d'iscriversi ad un fondo pensione, arriva un sostanziale cambiamento: chi sceglie di farsi una pensione di scorta non è più costretto a rinunciare a tutto il Tfr. Al fondo pensione, infatti, può destinarvi anche una percentuale o addirittura niente. La legge sulla Concorrenza, infatti, modificando l'art. 8 del dlgs n. 252/2005, stabilisce che gli accordi, anche aziendali, «possono stabilire la percentuale minima di Tfr maturando da destinare a previdenza complementare». E aggiunge che « in assenza di tale indicazione il conferimento è totale». La norma, pertanto, dà facoltà agli accordi tra lavoratori e datori di lavoro di prevedere la possibilità di investire solo una quota del Tfr, così da preservare sia la buonuscita e sia la costruzione di una rendita aggiuntiva alla pensione pubblica.
La nuova disciplina dà ai lavoratori un tempo di sei mesi per decidere sulle sorti del proprio Tfr. Due le modalità per manifestare la decisione: modalità esplicita oppure modalità tacita.
La prima modalità si realizza quando il lavoratore manifesta per iscritto la decisione raggiunta circa il destino del suo Tfr. La manifestazione va resa al proprio datore di lavoro, utilizzando la modulistica ad hoc. La modalità tacita è la pratica realizzazione della regola del silenzio-assenso. Se il lavoratore resta zitto, cioè non manifesta per iscritto alcuna decisione, il destino del suo Tfr è segnato: finisce nella previdenza integrativa. Per questa modalità, ovviamente, non si utilizza alcuna modulistica.

Le novità, in realtà, sono più di una. L'art. 1, comma 38, della legge n. 124/2017 è intervenuto infatti anche su altri profili oltre la possibile destinazione non integrale del Tfr alle forme pensionistiche complementari, quali: l'ampliamento delle condizioni per fruire dell'anticipo della prestazione pensionistica e la modifica della disciplina dei riscatti per cause diverse.

Secondo la Covip, la nuova norma consentirà alle fonti istitutive di graduare, nel modo più consono alle esigenze degli interessati, la destinazione del Tfr maturando alla previdenza complementare, tenendo conto del quadro d'insieme della contribuzione prevista e dell'esigenza di assicurare ai lavoratori un'adeguata prestazione pensionistica che vada concretamente a integrare la pensione obbligatoria.
La Covip ritiene, inoltre, che la scelta del lavoratore di conferire, comunque, l'intera quota del Tfr maturando, anche in presenza delle previsioni delle fonti istitutive che fissino la percentuale minima di Tfr da destinare ai fondi pensione, possa essere successivamente modificata in favore della devoluzione parziale. In altre parole, destinazione del Tfr al fondo pensione non è più una volta per sempre, cioè vincolante per tutta la durata dell'adesione al fondo pensione, ma diventa flessibile. Di tanto in tanto, il lavoratore potrà rivedere la precedente decisione riguardo alla quantità percentuale di Tfr da investire nella pensione di scorta. La Covip reputa, poi, che i lavoratori che già conferiscono il Tfr in misura integrale possano rivedere la loro scelta e optare per la devoluzione, ovviamente soltanto per i flussi futuri, di una percentuale diversa dal 100%. Ciò sarà possibile, evidentemente, solo in presenza di determinazioni delle fonti istitutive che stabiliscano il versamento di una quota del Tfr in misura diversa dal 100%.
La novità, ricordiamo, non riguarda gli aderenti su base individuale, i quali comunque rimangono titolari delle facoltà di versare alle forme pensionistiche complementari il Tfr in misura del 100 % ovvero di non versare alcuna quota del medesimo trattamento.


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