Lavoro e professione

Stallo Ccnl comparto: si aspetta il via libera di Padoan

di Lucilla Vazza

Giornate interlocutorie all’Aran, dove oggi si sono incontrati i sindacati del comparto delle professioni sanitarie, in fibrillazione per la chiusura del rinnovo contrattuale. Da concludere preferibilmente prima delle elezioni.

Per infermieri&Co. la partita verosimilmente si deciderà per metà febbraio, prima della maratona elettorale e, dunque, prima dell’insediamento del nuovo Governo. Il nodo da sciogliere è la sostenibilità finanziaria delle percentuali di aumento stipendiale previste nelle bozze. Per questo si sta aspettando la risposta del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Tutto è in mano a via XX settembre .

Per oltre mezzo milione di lavoratori del comparto, il rinnovo rappresenta una prima ripartenza dopo anni di stallo e di contrazione degli stipendi. anni pesanti di deroghe su orari di lavoro e poca chiarezza sul tema delle mansioni e, in generale, dell’organizzazione del lavoro.

Come aveva scritto sulla nostra testata la leader degli infermieriIpasvi, Barbara Mangiacavalli , sul versante economico le risorse messe a disposizione nelle varie leggi di bilancio non coprono in realtà in media nemmeno la perdita subita dall'ultimo contratto a oggi: «Un infermiere guadagnava in media 32.301 euro nel 2009, anno dell'ultimo contratto, che a regime nel 2011 ha portato questa cifra a 37.632 euro annui. Ma dal 2011 al 2015, che rappresenta la base per i calcoli del nuovo contratto, si sono “persi” 114 euro l'anno, facendo scendere la retribuzione media a 32.518 euro, più del 2009, ma meno del 2011» ha spiegato Mangiacavalli.

Gli aumenti attuali, previsti nelle bozze, dunque coprirebbero a malapena la differenza persa: un aumento “non aumento” , anche considerando gli 85 euro al mese medi lordi previsti dall'accordo coi sindacati di novembre 2016 e somme di arretrati che sicuramente non sono in grado di riequilibrare i quasi 700 euro persi negli anni con la svalutazione matematica delle retribuzioni. E il discorso diventa pesante se si pensa alla perdita di potere di acquisto che vale il 20-25% della busta paga.


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