Lavoro e professione

Emergenza-urgenza, ricetta per salvare il 118

di Emanuele Cosentino *

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24 Esclusivo per Sanità24

Lo diciamo da anni, il sistema di emergenza e urgenza in Italia è sempre più precarizzato e il servizio, a seconda della regione, ha riposte sempre più diseguali e non omogenee, a danno dei cittadini. Soffre le conseguenze di tagli, esternalizzazioni, del proliferare di contratti a tempo e instabili, di una generale assenza di politiche nazionali di governance. Tutti problemi che il Sindacato medici italiani denuncia da tempo e che delineano il progressivo smantellamento di un settore strategico ed essenziale del Ssn.
Ormai 25 anni fa nasceva quel complesso sistema di intervento sul territorio (Dpr 27 marzo 1992) le cui prestazioni divenivano un livello essenziale di assistenza. Ma, da quel giorno, il processo di ottimizzazione dell’offerta dei servizi ha, invece, ceduto il passo a un progressivo deterioramento. Infatti, nonostante i successivi accordi Stato-Regioni e, in ultimo, il Dm 70/2015, nonostante il supporto delle società scientifiche e dei sindacati su standard organizzativi e di formazione, il sistema appare oggi diverso nelle singole regioni e senza alcuna effettiva integrazione, ancora oggi, tra il sistema di emergenza pre-ospedaliera e ospedaliera.
Lo abbiamo chiamato “a macchia di leopardo” sperando che il giallo alla fine prevalesse sul nero, ma in atto vediamo ormai solo il nero striato di giallo.
Assistiamo da anni a un costante smantellamento di uno dei settori strategici del nostro Ssn sotto i colpi di diversi fattori, solo per citarne alcuni: continui tagli dei posti letto ospedalieri, riduzione del personale nei Pronto soccorso, una irrazionale regionalizzazione e una giungla di accordi lavoro disomogenei che colpisce il Servizio Emergenza-Urgenza territoriale, spesso esternalizzato e gestito da enti privati, con personale sanitario assente o precario.
Sotto lo stesso tetto, nelle aziende sanitarie, convivono i medici di ex guardia medica e i convenzionati che hanno superato il corso di formazione per l’emergenza sanitaria, quelli transitati alla dirigenza (art. 8 c. 1 bis del Dlgs 229/ 1999), i dirigenti Medicina e Chirurgia d’Urgenza e Accettazione, gli anestesisti e poi, ancora, quelli con o senza specializzazioni. Con contratti che possono essere fissi, a rotazione, a gettone e integrati nei Dea.
La variabilità nei modelli organizzativi regionali, senza reale integrazione tra il personale nel territorio e quello impiegato sul versante ospedaliero, con un utilizzo difforme della continuità assistenziale nella gestione della risposta sanitaria alle chiamate di soccorso, un uso non omogeneo dei mezzi e delle figure professionali, per qualifica e quantità. E nonostante la presenza di un protocollo unico, persistono croniche disomogeneità in tutta la catena del soccorso.
Non solo. Fianco a fianco, in prima linea e con le stesse funzioni operano professionisti con diversi diritti e retribuzione. I convenzionati, rispetto ai dipendenti, hanno meno tutele.
Inoltre, in molte regioni come la Sicilia, moltissime unità di personale medico precario, seppur convenzionato, raggiungono quote del 25% del totale e senza la loro presenza sarebbe necessario chiudere numerose postazioni medicalizzate.
Non vi è riconoscimento del lavoro usurante e del rischio biologico, applicazione deficitaria delle coperture per l’infortunio sia “in itinere” sia durante il servizio, anche causati da terzi, ecc…
Inoltre c’è il nodo irrisolto del fabbisogno, della programmazione e della formazione. Infatti, nonostante dal 2006 sia attiva la Scuola in Medicina d'emergenza-urgenza, insufficienti sono le borse previste e solo in parte bastevoli per Ps, Dea ed Mcau.
Quindi un caos contrattuale e gestionale, come altresì evidenziato dal Libro Bianco pubblicato dallo Smi nel 2016 a cura di Mirella Triozzi (attuale vice segretaria nazionale Smi), che mortifica la professionalità dei medici, crea frustrazione e può mettere in seria discussione l’efficacia del servizio per i cittadini.
Un riordino del sistema non può prescindere da una gestione unica e centralizzata che lascia alle regioni spazio solo per gli adeguamenti territoriali e oro-geografici.
Fondamentale appare un coordinamento unico ai fini della formazione, dell’organizzazione e della contrattualizzazione del personale sanitario. Un ruolo unico del Medico dell’Emergenza, con competenze riconosciute e con contratto unico della Dirigenza medica per tutto il territorio nazionale.
Solo questo potrebbe garantire uniformità e omogeneità al Sistema, e pari diritti e garanzie per tutti i cittadini che possano avere la necessità di un soccorso in emergenza-urgenza.
Ci ritroviamo, invece, oggi a dover sentire e gestire fughe in avanti di regioni che organizzano sistemi a basso costo, e con garanzie minime per i cittadini.

Il Sindacato dei Medici Italiani ritiene di dover prendere posizione fermamente contraria a progetti di riorganizzazione fondati sulla cd. “de-medicalizzazione” dei mezzi del 118. Eliminare la presenza del medico sulle ambulanze in favore dell’infermiere, significa privare il cittadino della certezza del supporto di un medico dell’emergenza proprio nel momento di maggior bisogno: i fatidici 8 minuti dalla chiamata alla centrale operativa su di un codice rosso, quelli che spesso fanno la differenza tra la vita e la morte, al di là di qualunque logica di risparmio e di interesse economico.
Inoltre, l’arrivo del medico non può avvenire successivamente trattandosi, spesso, di patologie “tempo-dipendenti”, in cui l’appropriatezza della prestazione medica deve essere valutata in relazione alla sua tempestività nella stabilizzazione e nell’invio immediato del paziente, con trasporto protetto, verso l’ospedale avente le competenze specialistiche per la cura.
Appare, ancora, inaccettabile l’intenzione di utilizzare nel soccorso di base personale non infermieristico, seppur adeguatamente formato ed efficiente, facente capo ad associazioni di volontariato, alcune delle quali costituiscono oramai soggetti imprenditoriali partecipanti a gare d’appalto milionarie in regime concorrenziale, laddove il loro apporto al sistema dovrebbe essere solo secondario ed avvenire a mezzo convenzioni, non mancando realtà nelle quali la presenza del privato è addirittura maggiore di quella pubblica!
Il soccorso avanzato, fornito da un mezzo adeguatamente equipaggiato e costituito dalla presenza di medico, infermiere, un soccorritore e un autista, racchiude in sé una serie complessa di atti medici, delegabili all’infermiere solo singolarmente ed in casi specifici.
La de-medicalizzazione dunque, non solo costituisce l’antitesi del soccorso in emergenza-urgenza, ma è contraria alla deontologia medica e infermieristica, e non conforme alla normativa vigente, attribuendo di fatto competenze mediche ad altra professione sanitaria senza alcun recupero d’efficienza, con un aumento dei costi sociali connessi alla tardività dei soccorsi, oltre che un aumento di spesa per l’intervento di privati e per l’acquisto di auto mediche che da strumenti di supporto secondari finirebbero per assumere un ruolo centrale.
Purtroppo, appare evidente che una simile progetto venga portato avanti da troppo tempo in maniera ambigua e sottile, ed addirittura attuato in alcune Regioni con programmazioni discusse a livello tecnico senza alcun confronto con le società scientifiche e con le OO.SS. e tenendone all’oscuro gli stessi cittadini.
Anche la Regione Siciliana, che per diversi anni ha vantato un Sistema di Emergenza-Urgenza di grande efficienza, da tempo comincia ad accusare numerose falle nella gestione del sistema che determinano grande preoccupazione negli addetti al settore che vedono un appesantimento del sistema.
Negli ultimi anni la mancanza di un competente indirizzo politico, di una leadership tecnica con la conseguenza di una gestione personale e autoreferenziale delle singole C.O. 118, i tagli indiscriminati della formazione e della programmazione, la proroga di un Accordo regionale ormai datato e obsoleto, ingessato sui vecchi protocolli, la carenza comunicativa con le OO.SS. sono alla base di un lento e progressivo disfacimento del sistema.
Tutto ciò determina una sensazione di precarietà del sistema che, proprio per le problematiche che gestisce, dovrebbe avere alle spalle delle certezze su cui lavorare. La presenza di oltre un il 25 % del personale medico precario già da diversi anni, la carenza del personale infermieristico, solo parzialmente surrogato da altro personale a gettone con nessuna o scarsa formazione e esperienza del Sistema Emergenza-Urgenza e spesso impiegato nelle C.O. 118, cuore del sistema, la scarsa manutenzione dei mezzi di soccorso, l’invecchiamento del personale autista e soccorritore non supportato, la costante riduzione di forniture in presidi e farmaci, costituiscono ormai una spirale che sta avvolgendo il Sistema di Emergenza Urgenza in Sicilia come nel resto dell’Italia, aumentandone progressivamente i costi e riducendone le garanzie per cittadini e operatori.
Purtroppo pochi, e soprattutto la politica, hanno voglia di ascoltarci lasciando spazio a surrogati privati che più che al sistema sono interessati alla sua gestione economica e agli eventuali profitti che potrebbe determinare.

Pertanto Il Sindacato dei Medici Italiani dice:
• No alla precarizzazione del Sistema Emergenza-Urgenza e al soccorso avanzato affidato a personale diverso da quello medico dell’emergenza.
• Un coordinamento unico ai fini della formazione, dell’organizzazione e della contrattualizzazione del personale sanitario. Un ruolo unico del Medico dell’Emergenza, con competenze riconosciute e con contratto unico della Dirigenza medica per tutto il territorio nazionale.
• Garanzia di uniformità e omogeneità al Sistema, e pari diritti e garanzie per tutti i cittadini che possano avere la necessità di un soccorso in emergenza-urgenza.
• Prestazioni e interventi di soccorso appropriati con equipaggi completi di soccorso avanza con medico, infermiere, autista e soccorritore.
• No allo smantellamento del sistema di Emergenza-Urgenza pubblico.

* Responsabile regionale per l’Emergenza-Urgenza 118 - Smi Sicilia


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