Lavoro e professione

Fuga dai Pronto soccorso, la ricetta dei direttori Simeu punta su teaching hospital, incentivi e Dm 70 per tamponare il gap di 2mila specialisti

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Assumere nei Pronto soccorso medici non specialisti da iscrivere in sovrannumero alle scuole di specializzazione per tamponare il "buco" stimato di 2mila dottori avviando d'intesa con l'Università gli "ospedali d'insegnamento"; dotare tutte le strutture di Pronto soccorso, osservazione breve intensiva (Obi) e terapia sub intensiva attuando finalmente il Dm 70 del 2015; tutelare l'equilibrio psico-fisico degli operatori «attraverso una reale lotta alle aggressioni» e il riconoscimento anche economico del disagio lavorativo, consentendo in più l'accesso alla libera professione che per questa categoria non è previsto. Ecco la ricetta messa a punto in un documento inviato alle istituzioni da 200 direttori di Pronto soccorso italiani della Simeu, Società di Medicina di emergenza-urgenza. «Oggi - avvisa il presidente Simeu Francesco Rocco Pugliese - lavoriamo ancora secondo il modello di uno o due secoli fa. Inaccettabile, per noi ma soprattutto per i cittadini. Servono medici d'urgenza e certo anche infermieri d'urgenza, altrimenti il sistema scoppia». Giovani medici non specialisti che «sarebbero destinati nell'immediato - chiarisce Pugliese citando il documento - alla gestione di pazienti con codice a minore priorità ed eseguirebbero la formazione pratica sul campo sotto la supervisione dei direttori. Non si tratta di dequalificare i medici d'urgenza, ma è necessario tamponare l'emergenza che si prevede per i prossimi 5 anni. La nostra è una proposta urgentissima, una misura-tampone temporanea ed eccezionale».

«Non siamo in grado in grado in molte strutture di programmare i turni della festività di Natale - afferma il responsabile Formazione Simeu, Fabio De Iaco -. Tantissimi direttori di struttura tutti i giorni si mettono in gioco per poter mandare avanti i Pronto soccorso, ma siamo al limite della chiusura». Sugli incentivi si è già mosso il nuovo contratto della dirigenza, un segnale importante dal punto di vista della consapevolezza, che però ha portato a casa solo 20 euro lordi a turno notturno. Briciole. «Quello che invece sta costando un occhio della testa - spiega ancora De Iaco - è l'impiego delle agenzie e delle cooperative cui devono ricorrere per racimolare personale le aziende di alcune Regioni. In ogni caso va detto che il problema non è solo economico ma ben più ampio, di progressione di carriera e di tranquillità sul posto di lavoro. Per questo vogliamo un'applicazione totale e diffusa del Dm 70: finché ciò non avverrà non ci sarà possibilità per un 60enne che non riesce più a fare le notti in Pronto soccorso di spendere la propria professionalità all'interno delle strutture d'emergenza. La progressione di carriera c'è, gli incentivi anche se molto piccoli per la prima volta ci sono ma la nostra categoria continua a non avere altri sbocchi professionali, inclusa la mancata possibilità di fare libera professione».

La priorità dei direttori per far fronte almeno nel prossimo quinquennio alla carenza di specialisti è - in linea con quanto richiesto anche dalle Regioni nel documento in 16 punti contro la carenza di specialisti - attivare gli ospedali d'insegnamento o "teaching hospital": i giovani non specializzati sarebbero iscritti in sovrannumero alle scuole di specializzazione e intanto assunti con contratto di formazione-lavoro, che consentirebbe loro di far pratica affiancati da tutor. Una linea sposata dall'Università: «Possiamo mettere sul piatto della bilancia un percorso di formazione, che sia scuola di specializzazione o master, per quelli che non sono specialisti in niente e che vengono a lavorare in Ps con un contratto con il Ssn per coprire queste carenze. Per un periodo breve, limitato e finché i numeri della specializzazione non bastano a coprire queste mancanze, siamo disposti a tamponare così l'emergenza», afferma Giuliano Bertazzoni, direttore della Scuola di specializzazione in medicina di Emergenza-Urgenza dell'Università La Sapienza di Roma e Coordinatore nazionale delle Scuole di specializzazione in Medicina d'emergenza-urgenza. Il Miur da quest'anno ha dato 470 posti da 162 posti dell'anno scorso: un exploit che consentirà solo tra cinque anni di recuperare il gap dei 2mila medici che mancano a cui si aggiungono gli "anziani" in uscita. Bertazzoni però non ci sta all'ipotesi di accorciare la sperimentazione a meno di cinque anni: «Questa è un'area multi-disciplinare, vanno acquisite competenze vastissime, accorciarlo non si può. Al limite si può pensare di farli lavorare il IV e V anno come previsto nel decreto Calabria, ma bisogna tenere conto delle opposizioni degli specializzandi».

Non ultima priorità è quella di mettere uno stop alle aggressioni contro i medici da parte di pazienti sfiniti da lunghe attese e gestione a singhiozzo dovuta a personale e spazi ridotti. La Pdl di iniziativa governativa ora all'esame della Camera (in fase di audizioni) dopo il primo vaglio del Senato rischia il ralenti anche per l'ingresso in Parlamento della legge di Bilancio. «Ben venga quella legge - dicono dalla Simeu - ciò che conta però è agire sulle cause organizzative che portano al fenomeno delle aggressioni , risultato di una temperatura troppo elevata del sistema frutto delle carenze attuali. Se riusciremo a superare queste criticità drammatiche, anche le aggressioni gradualmente cesseranno».


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