Lavoro e professione

Farmacisti collaboratori: accordo raggiunto tra sindacati e Federfarma

di Roberto Faben

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24 Esclusivo per Sanità24

L’espletamento delle ultime formalità sta per essere completato ma, dopo il confronto tra Federfarma e le tre sigle sindacali, Cgil-Filcams, Cisl-Fisascat e Uil-Ucs, l’intesa sul nuovo contratto nazionale dei farmacisti collaboratori è da considerarsi raggiunta. A partire da novembre 2021, i collaboratori delle circa 18mila farmacie private attive in Italia, beneficeranno degli adeguamenti previsti nel documento contrattuale, che sostituirà quello scaduto il 31 gennaio 2013.

«Sul fronte salariale – spiega Federico Antonelli, di Filcams-Cgil nazionale, che ha seguito la contrattazione – è previsto un aumento dello stipendio di 80 euro lordi mensili, cui si affianca un’indennità per la sanità integrativa di 13 euro lordi mensili. L’adeguamento degli 80 euro sarà erogato in una sola trance, nel mese di novembre, per una massa salariale complessiva nel triennio di vigenza del contratto di 3.400 euro, che mitiga la mancata disponibilità di Federfarma a erogare l’una tantum».

Sul versante dell’inquadramento professionale, aggiunge Antonelli, «è prevista l’istituzione di una figura che va oltre quella del farmacista collaboratore semplice e si colloca su un livello definito “Q2”». Tale livello assesterà «l’inquadramento di quei farmacisti che svolgono anche funzioni suppletive, come la gestione di servizi nella farmacia, ad esempio quelli di diagnosi, la quale, laddove riconosciuta, darà diritto a 70 euro mensili lordi aggiuntivi».

Per quel che riguarda la vaccinazione, nel nuovo contratto si prevede che il farmacista collaboratore abbia diritto «a 2 euro lordi per ogni iniezione somministrata oppure, qualora il lavoratore lo preferisca, a un bonus annuale di 200 euro lordi». Sono inoltre previsti la costituzione di una commissione, composta da parti sindacali e Federfarma, con il compito di valutare l’evoluzione della professionalità in funzione della prospettiva di promozione al livello “Q2” e l’istituzione di osservatori con la funzione di verificare il rispetto dei protocolli di tutela dei lavoratori nei confronti del Covid nell’esercizio della propria professione.

Antonelli ricorda inoltre che nel corso del negoziato, «Federfarma ha tentato di inserire modifiche peggiorative alle normative sui permessi e sulla flessibilità di orario e che grazie alla ferma indisponibilità della delegazione trattante queste modifiche sono state ridotte al solo meccanismo di maturazione progressiva dei permessi per i neo-assunti».

Di fronte a questo rinnovo del contratto nazionale il Movimento italiano farmacisti collaboratori (Mifc), che raggruppa circa 6mila iscritti, attraverso il suo presidente, Michele Scopelliti, si dichiara «indignato» e giudica le condizioni pattuite con Federfarma «scandalose». «Abbiamo inviato alle tre sigle sindacali, mediante Pec, le nostre proposte, cercando di avviare un dialogo – sottolinea Scopelliti – ma non abbiamo mai avuto risposta». E quanto alle integrazioni salariali stipulate? «Gli 80 euro lordi sono ampiamente insufficienti, quasi un insulto alla professione. Per non parlare dei 2 euro lordi a vaccino, elemosina. Avevamo chiesto inoltre – continua il presidente del Mifc – anche di tener conto della vacanza contrattuale di quasi 9 anni, con richiesta di 9mila euro di arretrati, completamente ignorata. E che ne è della nostra richiesta di passaggio ufficiale di inquadramento da meri operatori commerciali, perché tali rimaniamo, a figure sanitarie, che ci spetterebbe di diritto, essendo le farmacie, come ancor più è emerso nel corso della pandemia, presidi che svolgono un’importante operazione di affiancamento del Servizio sanitario nazionale? Ancora tutto come prima».

Scopelliti ricorda inoltre che, accanto al ruolo di vaccinatori, i farmacisti collaboratori eseguono quotidianamente «un numero considerevole di tamponi. E non di rado molti cittadini risultano positivi. Questo aspetto è stato completamente ignorato. Niente indennità aggiuntive, né di rischio».Di fronte alla presa d’atto del nuovo contratto, il Mifc prosegue la sua pressione sulle istituzioni, attraverso il coinvolgimento di vari parlamentari e anche con un recente incontro presso la Regione Lombardia, alla quale è stato chiesto un coinvolgimento per un primo tentativo di miglioramento. Quali sono le richieste? «Innanzitutto – ribadisce il presidente – il passaggio a un sistema di retribuzione misto tra farmacia e Ssn, con intervento integrativo nella misura del 30 per cento sostenuto dalle Regioni. Ciò ha un importante precedente, ossia il rinnovo del contratto dei lavoratori della sanità privata, che ha beneficiato di un incremento mensile di 154 euro, con il 50% di intervento pubblico. Per avvalerci di questa possibilità è fondamentale che il nostro attuale inquadramento passi da commerciale a sanitario, vista la pluralità di servizi diagnostici e di raccordo con la medicina territoriale che garantiamo». Un’altra richiesta riguarda la facoltatività della contribuzione Enpaf per i farmacisti dipendenti e per i disoccupati iscritti all’Albo.

Il Mifc ha già inviato una petizione al Senato, la cui discussione è stata assegnata alle 12ª Commissione Igiene e Sanità, e una alla Camera, con cui si confronterà la Commissione affari sociali. Un esposto è stato consegnato anche al sottosegretario del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Rossella Accoto, che ha definito le proposte del Mifc «legittime e accettabili».


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