Lavoro e professione

Per le case di comunità... «Rinaldo in campo»

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

"Rinaldo in campo" è una commedia musicale, di Garinei e Giovannini, andata in scena per la prima volta al teatro Alfieri di Torino il 12 settembre 1961, che vedeva l’interprete, Modugno, paladino dei poveri programmare di poter realizzare tutta una serie di furti e ruberie pensando di avere alle spalle un vero esercito, ma accorgendosi, invece di essere … solamente in tre!
Il ricordo di questa brillantissima commedia ritorna in mente pensando al futuro delle strutture delle Case di Comunità previste, in grandissimo numero, 1350 , una ogni 50.000 abitanti, dal Pnrr con la modesta spesa di 2 miliardi di euro, per il futuro territoriale della sanità italiana. Il fabbisogno di personale sanitario per farle funzionare è stato stimato dall’Agenas, in 20-30 mila unità. Serviranno poi circa 10.000 unità di personale amministrativo e tecnico per far marciare la macchina e deburocratizzare il lavoro del personale sanitario. Sono questi gli standard che entreranno nella riforma dell’assistenza territoriale su cui sta lavorando Agenas e che il suo direttore generale Domenico Mantoan ha messo nero su bianco in alcune slide presentate recentemente al Forum Risk Management. Per quanto riguarda invece le Centrali operative territoriali (1 ogni 100mila abitanti) lo standard di personale sarà di 5-6 infermieri e 1-2 unità di personale di supporto. Lo standard per le Usca (ce ne dovrà essere una ogni 100 mila abitanti) è di un medico e un infermiere. Infine gli Ospedali di Comunità (ce ne dovrà essere 1 ogni 50.000 - 100.000 abitanti, dotato di 20 posti letto) serviranno 9 Infermieri, 1 Coordinatore Infermieristico, 6 Operatori Sociosanitari, almeno 1-2 unità di Personale di Supporto (sanitario e amministrativo) e un Medico per almeno 4,5 ore al giorno 7 giorni su 7.
Altro che il povero Rinaldo! Forse alla fine di tutta questa operazione non avrà al suo fianco nemmeno i due briganti e l’asino come mezzo di trasporto, per andare a combattere.
Dice, infatti la Fimmg, il sindacato dei medici di medicina generale che secondo il 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2021, il 94 % della popolazione ritiene indispensabile avere sul territorio strutture sanitarie di prossimità, con medici di medicina generale, specialisti e infermieri cui potersi rivolgere sempre. Non ritiene che le Case della Comunità previste dal Pnrr potranno rispondere a tale domanda, essendo il concetto di comunità e, pertanto, di prossimità, estremamente variabile, in relazione all’esperienza individuale del cittadino (condominio, quartiere, cittadina, paese…), necessitando quindi di un modello flessibile e diffuso che solo l’attuale rete degli studi dei medici di medicina generale, anche attraverso il proprio personale di studio, sanitario e non, può garantire. Ma non solo, la Fimmg sottolinea il continuo riferimento dei documenti preparatori del Pnrr a un modello di assistenza fondato sul debito orario dei medici, anche e non solo all’interno delle future Case della Comunità, nella completa ignoranza rispetto alle necessarie modalità di autonoma organizzazione su cui si fonda la medicina generale. Rinunciando a processi legati ai contenuti, ai risultati, al mantenimento di un rapporto fiduciario come modalità di lavoro, alimentando quindi il sospetto che non sia chiaro a nessuno quale ruolo dovranno avere i medici di medicina generale all’interno delle case della comunità e che il loro coinvolgimento nelle stesse abbia unicamente finalità di subordinazione. Tutto questo senza pensare ai numeri: dove si trovano in breve tempo 30 mila infermieri? Come si formano in tempi ristrettissimi almeno cinquemila medici di medicina generale? E gli specialisti per gli ospedali di comunità?
È da ritenersi che quello che si troverà subito e in grande offerta saranno le imprese di costruzione o di ristrutturazione degli ambienti da utilizzare ai fini proposti. Almeno questo darà lavoro anche se resteranno vuote o inattive per il futuro.


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