Lavoro e professione

Tra gli infermieri boom di contagiati: 5mila in 3 giorni. La denuncia del Nursing Up

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«Nelle ultime 72 ore, attraverso i dati inconfutabili dell’Istituto superiore di sanità, registriamo un aumento di oltre 6mila operatori sanitari infettati, ovvero oltre 5mila infermieri in soli tre giorni. Abbiamo il dovere, come sindacato rappresentativo che opera nell'ambito delle professioni sanitarie, di scavare a fondo per comprendere le ragioni di questa “tempesta perfetta” che sta travolgendo, con la sua onda anomala, i nostri infermieri.
Abbiamo dato corso a nuove indagini interne, Regione per Regione, per comprendere cosa accade all’interno dei nostri ospedali. I primi responsi, attraverso le testimonianze dirette dei nostri colleghi, dei soldati in prima linea impegnati nella nuova battaglia contro la quarta ondata, è a dir poco preoccupante». Così il presidente del sindacato degli infermieri
Nursing Up, Antonio De Palma, secondo cui i tamponi molecolari sarebbero effettuati addirittura con una cadenza mensile nella maggior parte delle strutture e spesso solo nel caso di sintomi conclamati o di precedenti tamponi antigenici positivi. «La triste routine - spiega De Palma - sarebbe infatti quella dei tamponi rapidi, a una distanza, nella migliore delle ipotesi, di 8-10 giorni gli uni dagli altri. Una forbice di tempo lunghissima se si immagina che, nel caso in cui l’infermiere risultasse positivo a uno di questi test, effettuerebbe subito un molecolare, ma in molte strutture continuerebbe a lavorare per almeno altre 48 ore in attesa del risultato di quest’ultimo, rischiando di infettare colleghi, pazienti e familiari. Registriamo preoccupanti situazioni come quelle del Piemonte e del Trentino, dove i tamponi vengono effettuati senza una precisa cadenza di tempo, talvolta solo se sono gli infermieri a chiederli, oppure se esistono sintomi che richiamano ad una possibile infezione. Senza dimenticare che il tampone rapido, è scientificamente dimostrato, rispetto ad Omicron ha alte possibilità di fornire risultati erronei. E cosa accade, allora, se un infermiere sottoposto a tre somministrazioni dovesse risultare inconsapevolmente contagiato ma asintomatico, negativo, per errore, al tampone rapido (e quindi non sottoposto a quello di conferma molecolare), continuasse a lavorare per giorni e giorni? Non dimentichiamo le condizioni in cui in questo momento versano i nostri operatori sanitari. Non dimentichiamo che ci sono colleghi costretti ad alternarsi tra due reparti diversi, alle prese con lo stress fisico e psicologico di ore e ore di lavoro. Peraltro non bisogna che passi in sordina l'evidenza di quei tanti infermieri, uomini e donne, che potrebbero già essere alle prese con patologie pregresse che di partenza ne minano le difese rispetto a un nemico violento e implacabile».


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