Lavoro e professione

12 marzo prima Giornata nazionale contro la violenza sugli operatori sanitari/ Speranza, con l'Osservatorio nazionale più tutele contro le aggressioni. Infermieri i più colpiti. Premio Federsanità-Simeu

di Red. San.

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Gli episodi di violenza contro chi si prende cura degli altri sono inaccettabili. Per questo abbiamo istituito l'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie che si è riunito l'11 marzo per la prima volta. Avrà il compito di monitorare gli episodi di violenza e di proporre soluzioni per migliorare la sicurezza. Nessun lavoratore della sanità deve mai sentirsi solo quando lavora per la salute di tutti». Così il ministro della Salute Roberto Speranza su Facebook. L'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, previsto dalla legge 113 del 2020 e istituito con decreto del ministero della Salute del 13 gennaio 2022, è composto da rappresentanti dei ministeri Salute, Interno, Difesa e Giustizia, delle Regioni, degli ordini professionali, delle società scientifiche e dei sindacati. «L'osservatorio - ha ricordato Speranza - si è insediato alla vigilia della giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale sanitario e sociosanitario. Il cuore del Ssn è costituito dagli uomini e dalle donne che tutti i giorni ci lavorano perciò ogni forma di violenza è inaccettabile e va combattuta con tutte le energie».
Gli infermieri in assoluto più colpiti
L’89% è stato vittima di violenza sul lavoro e nel 58% dei casi si è trattato di violenza fisica: hanno subito violenza in generale sul posto di lavoro circa 180mila infermieri - ricordano dalla Fnopi - e per oltre 100mila si è trattato di un’aggressione fisica. La situazione poi si sta aggravando perché accanto alle usuali violenze, durante la pandemia si sono create situazioni come quelle in cui non è stato possibile far avvicinare persone ai ricoverati che ha generato fortissime tensioni e numerose aggressioni e ci sono poi i no-vax che sono autori di continue aggressioni e minacce, anche di morte. Di tutte le aggressioni al personale sanitario secondo l’Inail, il 46% sono a infermieri e il 6% a medici (gli infermieri sono i primi professionisti a intercettare le persone che si rivolgono ai servizi, sia nel triage ospedaliero che a domicilio). Quindi le aggressioni a infermieri sarebbero circa 5.000 in un anno (anche se spesso quelle verbali non sono neppure denunciate), 13-14 al giorno in media. Ma le mancate denunce e gli episodi non rilevati dimostrano che il numero è sicuramente sottostimato e in realtà le violenze (verbali e fisiche) sono almeno 10-15 volte più numerose.
Per questo, grazie al co-finanziamento della Fnopi, è stato realizzato da otto Università italiane lo studio nazionale multicentrico sugli episodi di violenza rivolti agli infermieri sul posto di lavoro (ViolenCE AgainSt nursEs In The workplace CEASE-IT).
Dalla ricerca – i cui dati complessivi saranno presentati all’Osservatorio contro la violenza sul personale sanitario - emerge che più della metà (il 54,3%) ha segnalato l’episodio, ma chi non l’ha fatto (l’altra metà dei professionisti coinvolti) si è comportato così perché, nel 67% dei casi ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio, nel 20% convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte della struttura in cui lavora, il 19% ritiene che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.
Le conseguenze in un’aggressione ci sono sempre: il 24.8% degli infermieri che ha segnalato di aver subito violenza negli ultimi 12 mesi, riporta un danno fisico o psicologico, e per il 96.3% il danno è a livello psicologico, compromettendo spesso anche la qualità dell’assistenza. Il 10.8% dichiara poi che i danni fisici o psicologici hanno causato disabilità permanenti e modifiche delle responsabilità lavorative o inabilità al lavoro.
Ma la conseguenza professionale prevalente riguarda il “morale ridotto” (41%) e “stress, esaurimento emotivo, burnout” (33%). «La prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari – sottolinea Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi - richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’ordine o altri oggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie per eliminare o attenuare la violenza nei servizi sanitari. Solo l’impegno comune può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro. E questo studio è il primo passo».
Le cause del fenomeno sono multifattoriali e includono: personale ridotto (la carenza), elevato carico di lavoro, tipologia di pazienti. I principali fattori di rischio sono negli atteggiamenti negativi dei pazienti nei confronti degli operatori, nelle aspettative dei familiari e nei lunghi tempi di attesa nelle zone di emergenza, che portano a danni fisici, ma anche disturbi psichici, negli operatori che subiscono violenza. «Con lo studio – aggiunge Mangiacavalli – si descrivono le caratteristiche degli episodi di violenza vissuti dagli infermieri sul posto di lavoro negli ospedali italiani e sul territorio, per meglio identificare i fattori predittivi di violenza. Oggi purtroppo, nonostante le evidenze emerse durante la pandemia, si stanno affermando messaggi culturali che inducono la popolazione a coltivare una rabbia crescente verso gli operatori delle strutture. A questo concorrono le notizie spesso scandalistiche e molte volte false, sui servizi sanitari, che creano a priori un’aspettativa negativa nei confronti dei servizi, che a sua volta fomenta la frustrazione e la rabbia e mina il rapporto di fiducia tra cittadini e operatori».

Premio Federsanità-Simeu. Un riconoscimento alle aziende sanitarie e ospedaliere che hanno messo in atto soluzioni di prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e socio sanitari e "recupero" delle vittime. Un segno tangibile per le buone pratiche adottate in questi anni, soprattutto negli ultimi mesi anche a seguito del periodo di emergenza pandemica, per contrastare il fenomeno e recuperare alle attività lavorative i professionisti che hanno subito violenze e aggressioni. Sono gli obiettivi del Premio Federsanità-Simeu "Curare la Violenza" istituito in occasione della prima “Giornata Nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” del 12 marzo. «Federsanità ha avviato circa un mese fa una raccolta di modelli già adottati nelle strutture sanitarie – ha spiegato Tiziana Frittelli Presidente Nazionale Federsanità e Direttore Generale dell’Ao San Giovanni Addolorata di Roma – con l’obiettivo di comporre una sintesi strutturata da mettere a disposizione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, istituito con legge 14 agosto 2020, n. 113 presso il Ministero della Salute. Si tratta di uno strumento documentale attuale e concreto utile a programmare iniziative di sicurezza per il personale medico-sanitario. Siamo, purtroppo, di fronte a un vero e proprio cortocircuito culturale che ci chiama ad una responsabilità corale, condannando a gran voce azioni e gesti che non possono essere in alcun modo tollerati. Abbiamo avanzato proprio nel corso della prima seduta dell’Osservatorio ministeriale, la proposta che i prossimi contratti collettivi del comparto e dell’Area Sanità contenessero una prescrizione sulla obbligatorietà della segnalazione alla Procura da parte dell’Azienda sanitaria di episodi di violenza e sulla necessità della costituzione di parte civile a tutela dei propri dipendenti aggrediti».
Sono 90 le aziende sanitarie (tra territoriali, ospedaliere, ospedaliere universitarie, irccs) che hanno partecipato alla raccolta, distribuite in 17 regioni. La cerimonia di consegna del Premio avverrà nell’ambito del Congresso nazionale Simeu che si svolgerà a Riccione il 15 maggio. «Simeu si affianca con entusiasmo a Federsanità per un’iniziativa positiva, che ha il merito di affrontare il problema delle aggressioni contro gli operatori sanitari premiando le soluzioni che diminuiscono la conflittualità e avvicinano gli operatori ai cittadini. L’esperienza quotidiana di chi lavora in Emergenza-Urgenza – ha dichiarato Fabio De Iaco Presidente nazionale Simeu - insegna che potenziare il livello di fiducia nei confronti degli operatori è l’unica strada che può condurre a un approccio efficace al problema». Responsabile del progetto per Simeu è Maria Pia Ruggieri, past President e Consigliere nazionale che aggiunge «sarà nominata una commissione di medici e infermieri operativi in prima linea nel 118 e nei pronto soccorso italiani che sono da sempre tra i più esposti alle violenze fisiche e verbali. Sarà nostra cura analizzare il materiale raccolto da Federsanità attraverso una direzione strategica condivisa per individuare le migliori buone pratiche ideate e messe a punto dalle tante aziende ospedaliere e sanitarie che hanno aderito all’iniziativa».


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