Lavoro e professione

Il "Dm 71" e il "buio pesto" sul personale amministrativo e tecnico, da reimpiegare a costo zero

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Sul questo sitoil 16 marzo scorso è stato trattato il tema del cosiddetto “Dm 71" sul riordino delle cure territoriali, segnalando che è stata rinviata l'Intesa in Conferenza Stato-Regioni. La problematica è sui tavoli competenti da molti mesi, appare complessa e di notevole importanza strategica per il futuro della Sanità pubblica. Merita quindi un approfondimento per le parti che attengono al personale necessario per i nuovi standard, ricordando che per il suo reclutamento si agirà anche in deroga ai vincoli in materia di spesa di personale previsti dalla legislazione vigente, come stabilisce l’art. 1, comma 274 della legge di bilancio n. 234/2021. I contenuti del Dm 71 dovranno necessariamente essere coordinati con l’atteso (da tre anni) Dpcm che dovrà implementare dall'anno 2022 una nuova metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Ma partiamo innanzitutto dal nome. Come ha efficacemente detto il Direttore generale dell’Agenas Domenico Mantoan, il Dm 71 è «un documento che c’è e non c’è» e anche la stessa denominazione è provvisoria – come provvisorio è il testo – dato che utilizza una figura retorica traslata che fa riferire la numerazione a un decreto già esistente perché la nuova normativa si pone come successiva e complementare degli standard ospedalieri che vennero definiti con il Dm 70 del 2015. Pur non entrando nel merito delle fondamentali tematiche sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni, si può solo ricordare che il decreto realizzerà la Missione 6 del Pnrr, prevedendo standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dallo stesso Pnrr e per la prima volta un decreto regolamentare avrà piena copertura finanziaria. I punti di specifico intervento sono elencati nei 15 paragrafi del documento allo studio di Governo e Regioni e spiccano subito interventi e figure istituzionali del tutto innovative: casa della comunità, infermiere di famiglia o comunità, unità di continuità assistenziale, centrale operativa territoriale, ospedale di comunità, telemedicina.
Per tutti gli ambiti di intervento vengono definiti a regime degli standard, con riferimento al personale dipendente e al personale convenzionato. Tuttavia gli operatori e le figure professionali indicati sono tutti appartenenti al ruolo sanitario e al nuovo ruolo socio-sanitario: nel documento non si cita mai il personale amministrativo, professionale e tecnico se non – di sfuggita – in un passaggio del paragrafo 5 dove si parla genericamente di "personale di supporto (sociosanitario, amministrativo)". Ma una precisazione è piuttosto inquietante; quella di pag. 18 dove si afferma che "l’attività amministrativa è assicurata, anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale, da personale dedicato già disponibile a legislazione vigente nell’ambito delle aziende sanitarie, che si occupa anche delle attività di servizio di relazioni al pubblico e di assistenza all’utenza". Detto con altre parole, nessuna nuova assunzione, nessun cambio generazionale, nessun innalzamento del livello di scolarità, solo una ricollocazione di dipendenti che scoprirebbe altri servizi.
Riguardo alla definizione dei contenuti della bozza di decreto concernente i “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”, si deve dunque notare l’assenza di qualsiasi riferimento ai servizi amministrativi e tecnici e al personale, dirigenziale e non, ad essi addetto. Non c’è alcun dubbio che la componente non sanitaria del personale dipendente del S.s.n. è minoritaria, ma questo non vuol dire che la professionalità da loro espressa non sia altrettanto necessaria per il raggiungimento dei fini istituzionali. Come si può pensare che per molte delle attività previste dal Dm 71 non sia indispensabile l’apporto di ingegneri e informatici ? Lo stesso personale amministrativo è titolare di funzioni e di linee di attività che comportano precise responsabilità giuridiche, professionali ed erariali che non possono essere banalmente definite di supporto. Se risaliamo all’unica fonte legislativa esistente in materia – l’art. 1 del Dpr 761/1979 - rileviamo semplicemente che “appartengono al ruolo amministrativo i dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi organizzativi, patrimoniali e contabili”, quindi a funzioni “proprie” senza alcun riferimento a situazioni di supporto, complementarietà o, peggio, di sudditanza.
Si dovrebbe invece cogliere l’occasione della prossima adozione del Dm 71 per rivedere anche alcuni aspetti del Dm del 2015 sugli standard dell’assistenza ospedaliera perché da sempre i parametri utilizzati per l’individuazione delle strutture semplici e complesse del S.s.n. sono stati definiti ricorrendo a criteri ed elementi tipici e finalizzati alla assistenza sanitaria ospedaliera e territoriale ma che nulla hanno a che vedere con la natura e la complessità delle funzioni svolte dai dirigenti professionali, tecnici e amministrativi in sanità. Per essere più chiari, è assurdo che il numero delle strutture complesse che può istituire una azienda sanitaria sia legato ai posti letto o al numero dei cittadini residenti. Per tali funzioni - che come già detto non è corretto definire “di supporto” perché hanno uno spiccato perimetro di specificità - occorre fare riferimento a diversi e peculiari parametri che devono collegarsi a criteri quali l’entità delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, patrimoniali e dimensionali della singola azienda o ente ovvero ai livelli quantitativi e qualitativi delle convenzioni, del contenzioso, delle opere pubbliche, degli appalti gestiti, dei soggetti accreditati presenti sul territorio.
In conclusione, accanto ai Livelli essenziali di assistenza (Lea), ai nuovi Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps) e agli Ambiti territoriali sociali (Ats), dovrebbero finalmente essere introdotti standard peculiari per la funzione amministrativa e le sue linee di attività, trovando una denominazione tipizzata ma evitando di ignorare che esistono. Fin da quando nacquero le vecchie Usl nel lontano 1981 nella determinazione degli organici quasi nessuno è riuscito a fare qualcosa di più nei riguardi del personale amministrativo di una mera e meccanicistica previsione percentuale rispetto al totale dei dipendenti, quasi a spanne. Dopo così tanti anni non sembra che siano stati fatti grandi passi avanti, come dimostrano gli esempi che seguono:
• Regione Sicilia = massimo 10% per le Ao e 14% per le Asp della dotazione organica complessiva
• L’Arnas di Palermo = personale amministrativo e professionale, 7,2% della dotazione organica
• Asl Roma H = personale amministrativo, compresi dirigenti, 12 % del totale della dotazione organica
• Regione Abruzzo = personale appartenente al ruolo amministrativo e professionale (dirigenti e comparto) pari al 12% del totale delle unità di personale del ruolo sanitario e tecnico
• Regione Campania = per le Ao, personale appartenente al ruolo amministrativo (dirigenti e comparto) pari all’11% del totale delle unità di personale di ruolo sanitario, professionale e tecnico e il 14% per le Asl


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