Lavoro e professione

Lavorare dopo la pensione: da Quota 100 a Opzione Donna vincoli e scelte per cumulare i redditi

di Claudio Testuzza

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E’ possibile riprendere la propria attività professionale anche dopo aver raggiunto la pensione, ma con alcune precise limitazioni ed eccezioni, in funzione sia del tipo di prestazione sia del reddito maturato

Una casistica disciplinata dalla normativa in materia, con il decreto legge 112/2008, ha, in linea di massima, sancito la totale cumulabilità con i redditi da lavoro di tutte le pensioni sia di anzianità, di vecchiaia o anticipate.

A differenza di quanto non accadeva in passato, è oggi, quindi, possibile cumulare la pensione con eventuali redditi da lavoro, senza che l’assegno subisca penalizzazioni o incorrere in sanzioni.

Sono, tuttavia, necessarie alcune precisazioni considerato il fatto che, per alcune prestazioni, persistono in verità dei vincoli non trascurabili.

Cumulo dei redditi da lavoro con la pensione di vecchiaia o anticipata
A decorrere dal gennaio 2009, i redditi da lavoro sono interamente cumulabili con le pensioni di vecchiaia, di anzianità ed anticipate. Eventualità valida in senso assoluto per tutte le prestazioni erogate con il sistema misto o interamente retributivo, percepite cioè da quanti già in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995, e valida invece con vincoli nel caso dei cosiddetti “ contributivi puri ”. Queste, in particolare, le condizioni ( tra loro alternative ) richieste ai fini della cumulabilità: almeno 60 anni di età anagrafica per le donne e 65 per gli uomini; almeno 40 anni di contribuzione; almeno 35 anni di contribuzione e 61 anni di età anagrafica.

Tenendo conto degli effettivi requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione richiesti agli assicurati che hanno maturato i propri contributi a partire dall’1 gennaio 1996, si può ragionevolmente affermare, comunque, che pensioni di vecchiaia e anticipate sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro anche all’interno del sistema contributivo.Cumulo dei redditi da lavoro con l’assegno ordinario di invalidità

Anche in questo caso persiste la cumulabilità, che è tuttavia soggetta a delle limitazioni di tipo reddituale. I titolari dell’assegno ordinario di invalidità subiscono delle decurtazioni nell’ importo pensionistico dove il reddito complessivo superi alcune soglie: del 25 % se il reddito conseguito supera di 4 volte il trattamento minimo INPS ; del l 50 % se il reddito conseguito supera di 5 volte il trattamento minimo INPS.

Nel caso in cui l’importo dell’assegno ordinario di invalidità sia comunque superiore al trattamento minimo INPS , pari nel 2022 a 524,34 euro al mese per 13 mensilità, il rateo, vale a dire la “ porzione ” di assegno eccedente il trattamento minimo, può subire un’ulteriore decurtazione qualora l’anzianità contributiva, sulla base della quale è calcolato, sia inferiore ai 40 anni.

In particolare, la trattenuta: è del 50 % della quota eccedente il trattamento minimo nel caso di reddito da lavoro subordinato ed è effettuata direttamente sulla retribuzione a cura del datore ( che provvederà poi al versamento all’ente previdenziale ) o, in alternativa, sugli arretrati di pensione in caso di liquidazione tardiva. E’ pari al 30 % della quota eccedente il trattamento minimo nel caso di redditi provenienti da lavoro autonomo ed è effettuata direttamente dall’ente previdenziale previa comunicazione dei redditi annui percepiti.Questa seconda riduzione non può tuttavia superare l’entità del reddito da lavoro dipendente né essere superiore al 30 % del reddito prodotto per il lavoro autonomo.

Cumulo dei redditi da lavoro con la pensione di inabilità
Nel caso di pensione di inabilità, prestazione previdenziale riconosciuta solo qualora venga accerta l’impossibilità a svolgere attività lavorativa , il problema del cumulo non può invece porsi a norma di legge. Lo svolgimento di lavoro sia autonomo sia dipendente è infatti incompatibile con la percezione della prestazione, tanto che implica non solo la cessazione di ogni rapporto di subordinazione ma anche la cancellazione da elenchi, albi o ordini relativi a particolari mestieri e professioni che richiedano l’iscrizione ai fini dell’esercizio della professione.

Cumulo dei redditi da lavoro con la pensione di reversibilità
Anche per la pensione di reversibilità la cumulabilità tra l’assegno pensionistico ed eventuali redditi da lavoro è possibile, ma solo parzialmente. Sono, infatti, previsti dei vincoli reddituali, che prevedono decurtazioni nel caso in cui il reddito del lavoro del superstite sia compreso tra 3 e 4 volte l’importo del trattamento minimo INPS.

In questo caso, l’importo della pensione spettante si riduce del 25 %. Qualora superi 4 volte il trattamento minimo INPS l’importo dell’assegno pensionistico si riduce del 40 %. Se supera 5 volte il trattamento minimo INPS, l’importo dell’assegno pensionistico si riduce del 50 %.La riduzione non si applica nel caso in cui più persone siano contitolari della pensione di reversibilità all’interno dello stesso nucleo familiare e, tra loro, risultino anche minori, studenti entro i limiti di età previsti dalle legge o inabili anche se maggiorenni.

Cumulo dei redditi da lavoro con Opzione Donna
Dal momento che la disciplina sperimentale di opzione donna prevede l’intero ricalcolo dell’assegno pensionistico con il metodo contributivo, si creano spesso difficoltà interpretative a proposito della disciplina da applicare per il cumulo. Va però precisato che la particolarità riguarda appunto il solo metodo di calcolo, senza implicare che la prestazione vada a tutti gli effetti trattata come una pensione conseguita all’interno del regime contributivo puro, tanto che – per fare un altro esempio – non le si applicano neppure le disposizioni riguardanti l’entità dell’importo rispetto al trattamento minimo che trovano invece piena applicazione per i cosiddetti contributivi puri. Ecco perché, nonostante la normativa non si esprima direttamente a riguardo, la pensione maturata con opzione donna può essere considerata pienamente cumulabile con altri redditi da lavoro al pari di qualsiasi altra pensione di vecchiaia o anticipata maturata con il sistema misto o interamente retributivo.

Cumulo dei redditi da lavoro con Quota 100
Una particolare eccezione è rappresentata dal pensionamento anticipato con Quota 100 ( 62 anni di età + 38 anni di contributi ) e Quota 102 (64 anni di età + 38 di contribuzione ), per il quale viene infatti reintrodotto, per legge, il divieto di cumulo nel periodo che intercorre tra la decorrenza della pensione e il raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia, vale a dire 67 anni.

Alla maturazione dell’età anagrafica richiesta per l’accesso alla pensione di vecchiaia, il divieto decade e subentrano le regole normalmente previste a favore della totale cumulabilità dei redditi da lavoro con la pensione.

La cumulabilità è comunque ammessa per redditi da lavoro occasionale che non superino, però, complessivamente i 5.000 euro lordi l’anno.

Cessazione dell’attività lavorativa e supplemento di pensione
La ripresa dell’attività professionale comporta per il pensionato lavoratore il versamento dei relativi contributi alla gestione previdenziale di riferimento. Contributi che non vanno perduti ma possono al contrario tradursi in un “ supplemento di pensione ”, vale a dire in un incremento della pensione liquidato solo su domanda diretta dell’interessato. Quando previsto, il supplemento può essere richiesto solo trascorsi 5 anni dalla decorrenza della pensione ( o da un precedente supplemento ) o, in alternativa solo per coloro che abbiano già compiuto l’età anagrafica utile alla pensione di vecchiaia, trascorsi 2 anni dalla decorrenza della pensione o di un precedente supplemento. Possibilità, quest’ultima, ammessa in un’unica occasione Un eventuale supplemento successivo potrà cioè essere richiesto solo a distanza di 5 anni dal precedente.


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