Lavoro e professione

La partita in sospeso del Ccnl del comparto Sanità tra interessi degli infermieri e prerogative degli Oss

di Stefano Simonetti

S
24 Esclusivo per Sanità24

Fra pochi giorni saranno quattro anni dalla firma del Ccnl del comparto della Sanità, contratto scaduto fin dal 31 dicembre 2019, come è noto a tutti. Si pensava che dopo le elezioni delle Rsu dei primi di aprile si potesse velocemente arrivare alla stipula della Preintesa per il rinnovo contrattuale della Sanità. E invece, a più di un mese dalla chiusura dei seggi elettorali, la situazione è ancora in stallo perché, da un lato, non è ancora pervenuto all’Aran l’Atto di indirizzo integrativo per le risorse previste dalla legge di bilancio e, dall’altro, è sorto un problema molto rilevante riguardo agli operatori socio-sanitari. Riguardo a questi ultimi, era piuttosto evidente che la questione del loro inquadramento contrattuale costituisse, alla fine, il principale nodo del rinnovo contrattuale. Perché non fosse il "contratto degli infermieri" – soluzione tatticamente non coerente con alcune strategie sindacali – doveva diventare "il contratto degli Oss". Tra l’altro questi due profili sono quelli nei cui confronti sono intervenute norme legislative come variabile esterna extracontrattuale. Tuttavia, se per gli infermieri sono state previste specifiche indennità che il Ccnl deve quantificare e disciplinare, per gli operatori sociosanitari la legge, come vedremo, ha previsto un benefit tutto da concretizzare, se non da comprendere. Le cause del ritardo nella conclusione delle trattative sono molteplici e non tutte così lineari ed evidenti. Se si chiedesse ai diretti interessati – cioè al mezzo milione di lavoratori della Sanità pubblica – perché il contratto tarda tanto e di chi è la responsabilità, credo che si avrebbero una serie di risposte diversificate, tutte alla fine plausibili ma non completamente corrette. Ma di chi è la colpa, veramente? Dell’Aran? Delle Regioni? Dei sindacati, come ha detto il ministro Brunetta? Del ministero dell’Economia? In realtà la colpa è del “sistema” e di un percorso negoziale che non funziona più e ha difetti strutturali che stanno portando il ritardo ai livelli del blocco completo della contrattazione come ai tempi del decreto Tremonti del 2010. Ma torniamo al nodo dell’inquadramento degli Oss.
Nei confronti di questo profilo, infatti, la grande novità di natura extracontrattuale è stata l’istituzione del ruolo sociosanitario a opera dell’art. 34, comma 9-ter della legge n. 106 del luglio 2021. La domanda inevitabile all’epoca fu quale fosse la ricaduta concreta della comparsa del nuovo quinto ruolo. Senza girare troppo intorno alla questione, è ovvio che le attese dei 56.000 operatori sono di natura retributiva e la valorizzazione economica potrebbe essere il passaggio di tutti gli Oss in categoria C – o come si chiamerà nel nuovo ordinamento -, soluzione molto più verosimile della previsione di una specifica indennità o di interventi sul salario accessorio. Questa circostanza rende più plausibile il contenuto apertamente "provvisorio" dell’Atto di Indirizzo del Comitato di settore della Sanità del 7 luglio scorso che in tre scarne paginette forniva direttive all’Aran per l’apertura delle trattative, senza mai entrare nei problemi e dimostrandosi chiaramente incompleto. Ora è giocoforza che venga riscritto o integrato perché il primo riscontro della nascita del ruolo socio sanitario è senz’altro quello contrattuale e le parti dovranno decidere le conseguenti determinazioni; il documento integrativo è, in ogni caso, indispensabile per l’allocazione delle risorse aggiuntive previste dalla legge 234/2021. Ma sull’Atto di indirizzo specifico per la Sanità si è generata nei giorni scorsi una sorta di equivoco. Vediamo cosa è accaduto.
Lo scorso 4 maggio è stata data la notizia della predisposizione dell’Atto di indirizzo integrativo per il rinnovo del Ccnl del personale del comparto Funzioni locali per il triennio 2019/2021. Lo si ricava dal comunicato del 3 maggio della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Il documento non è ancora ufficiale ma costituisce senz’altro una svolta rispetto allo stallo di questi ultimi mesi. Va però segnalato che l’Atto di indirizzo in questione è quello relativo al comparto delle Funzioni locali e non ha nulla a che fare con il comparto Sanità. Molti, infatti, alla notizia apparsa sui media, hanno ritenuto che fosse sbloccato finalmente il rinnovo del contratto collettivo dei 545.000 lavoratori della Sanità pubblica. Non è così, e forse l’equivoco è sorto perché il testo dell’Atto di indirizzo è su carta intestata “Comitato di Settore Regioni-Sanità” ma è indiscutibile che il documento provenga dal Comitato di Settore Autonomie locali. A tale proposito può essere utile fare un po’ di chiarezza su questi organismi.
Il Comitato di Settore Regioni-Sanità, previsto dall’art. 41, comma 2, del d.lgs. 165/2001, è costituito nell'ambito della Conferenza delle Regioni per esercitare il potere di indirizzo nei confronti dell'Aran e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale, sia del Comparto che delle due Aree della dirigenza. Al Comitato, oltre ai rappresentanti delle Regioni, partecipa un rappresentante del Governo, designato dal ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali per le competenze delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. Per la parte regionale, il Comitato di Settore risulta composto da sette rappresentanti delle Regioni e Province Autonome.
Quando dopo tanti anni di blocco della contrattazione collettiva sono riprese le trattative per la tornata contrattuale 2016-2018, nel frattempo era cambiato il Presidente del Comitato di Settore Regioni-Sanità perché nel 2018 Massimo Garavaglia è stato eletto al Parlamento e ha dovuto lasciare la carica. Il 19 aprile dello stesso anno è stato individuato come nuovo presidente Sergio Venturi, assessore alla Sanità della Regione Emilia-Romagna. Dopo venti anni a capo del Comitato di Settore non c’era più la Lombardia (e il Presidente non era più un assessore al Bilancio). Lo scenario è mutato di nuovo all’inizio del 2020 quando è stato rivisto il Comitato di Settore o, meglio, i Comitati di Settore perché sono distinti pur essendo l’area unitaria, visto che come Presidenti per Regioni-sanità vennero designati Davide Carlo Caparini (Assessore Regione Lombardia) e Vittorio Bugli (Assessore Regione Toscana) mentre il Presidente del Comitato per le Autonomie locali era Umberto Di Primio; i primi due sono succeduti a Sergio Venturi nel marzo del 2020. Questo assetto con due Presidenti – mai successo prima - era provvisorio in attesa degli esiti delle elezioni regionali del 20 settembre 2020 che, plausibilmente, avrebbero potuto cambiare gli scenari. Attualmente il Presidente del Comitato di Settore Regioni-Sanità è Davide Carlo Caparini (Assessore al Bilancio della Regione Lombardia) e quello delle Autonomie locali è Jacopo Massaro (Sindaco di Belluno).
Detto questo, è del tutto verosimile che l’Atto di indirizzo per il Ccnl della Sanità sarà molto simile – se non identico – a quello pubblicizzato nei giorni scorsi per i Comuni e le Province. Peraltro il documento per le Autonomie locali è assai scarno perché, delle due pagine da cui è composto, una intera pagina riguarda la citazione testuale dei commi 604 e 612 della legge 234/2021; residuano, quindi, poche righe di direttive dalle quali si possono tuttavia trarre i seguenti spunti interessanti che dovrebbero riguardare anche la Sanità:
• le due percentuali fissate direttamente dalla legge di bilancio sono valori massimi che potrebbero anche essere inferiori allo 0,22% e allo 0,55%;
• la determinazione esatta sarà compito del Ccnl ma sussiste un vincolo per le singole amministrazioni in quell’inciso contenuto nell’Atto di indirizzo che precisa “in base alla propria capacità di bilancio”;
• alla luce del punto precedente, ad esempio, un Comune in dissesto finanziario o una Azienda sanitaria di una Regione in piano di rientro non potranno fruire dell’intera percentuale e dovranno – nel caso limite – applicare soltanto gli incrementi retributivi stabiliti dal quadro finanziario generale, cioè il 3,78% del monte salari, a regime dal 2021;
• le due tipologie di risorse aggiuntive sono destinate:
ola prima al superamento (parziale) del vincolo dettato dall’art. 23, comma 2, del decreto 75/2017 e, infatti, non vanno computate nella comparazione con gli importi del salario accessorio 2016. Se verrà seguito anche per la Sanità lo schema delle Autonomie locali, le risorse saranno ripartite in misura proporzionale alla remunerazione degli incarichi e alla premialità, con particolare riguardo - si presume - alle condizioni oggettive di disagio generate dai due anni di stato di emergenza;
ola seconda per la revisione dell’ordinamento, sia per l’istituzione dell’area della elevata qualificazione, sia per le progressioni di carriera;
• le risorse aggiuntive stabilite dall’Atto di indirizzo sono da considerare al lordo degli oneri riflessi per cui, per la Sanità, si dovrebbe trattare di complessivi netti 32,1 mln (salario accessorio) e 80,3 mln (revisione dell’ordinamento), anche essi netti;
• tutti gli oneri del rinnovo contrattuale per le aziende ed enti del S.s.n. sono “a valere sui propri bilanci”, come peraltro è sempre avvenuto ai sensi dell’art. 48, comma 2 del d.lgs. 165/2001 e, in tal senso, tutte le amministrazioni devono aver disposto gli accantonamenti prescritti dai principi contabili.


© RIPRODUZIONE RISERVATA