Lavoro e professione

Assobiotec: aumenta la richiesta di professioni legate all’innovazione tecnologica ma i profili sono introvabili

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Nel prossimo decennio, il settore biotech sarà testimone di una crescita della domanda di lavoro che coinvolgerà il 53% delle professioni del comparto. Solo il 21% sarà in decrescita, mentre il 26% resterà stabile. L’incremento di tale domanda sarà particolarmente forte per alcune professioni ad alta specializzazione, specifiche del settore e\o legate all’area tecnologica, come i Ricercatori bioinformatici (+10,2%), Ingegneri AI (+9,5%), e Ricercatori esperti di machine learning (+9,2%).
È quanto rileva l’approfondimento sui trend occupazionali delle professioni del settore biotech italiano, parte dell’Osservatorio “Il futuro delle competenze in Italia”, di EY, leader mondiale nei servizi professionali, e Jefferson Wells, il brand di Executive Search di ManpowerGroup, in collaborazione con Frezza & Partners e Assobiotec, Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica.
Lo studio, che ha indagato 122 profili professionali del settore biotech, stima l’andamento della domanda di lavoro delle imprese fino al 2030 attraverso una metodologia innovativa, basata su machine learning per la costruzione del modello predittivo, sull’esame dei driver di cambiamento (megatrend) che impatteranno sul mercato del lavoro e su workshop con esperti di settore.
Tra le varie evidenze, l’analisi ha confermato che la transizione tecnologica in atto avrà un ruolo chiave nel futuro dell’occupazione, soprattutto come acceleratore dei processi di obsolescenza di professioni, competenze e mansioni. Per tutte le professioni indagate, lo studio indica importanti trasformazioni delle competenze che le compongono. Ciò inciderà anche nella difficoltà di reperimento dei profili: dall’analisi emerge infatti che per più del 70% delle professioni la cui domanda di lavoro viene prevista in crescita si stima anche un aumento della difficoltà di reperimento.
Andrea D’Acunto, People Advisory Services Leader di EY in Italia, dichiara: “Gli esiti della nostra analisi mostrano che le professioni del settore biotech andranno incontro a un’importante evoluzione da qui al 2030. Questo porterà alla trasformazione di numerosi profili professionali, con un aumento della complessità dei loro skillset e, conseguentemente, crescenti difficoltà da parte delle imprese nel reperire le competenze necessarie. Queste trasformazioni, tuttavia, se affrontate adeguatamente, potranno offrire alle aziende del settore un’importante opportunità per garantire la propria crescita nel medio periodo. In particolare, diventerà sempre più importante rafforzare e ampliare modalità di collaborazione con le Università e gli ITS per disegnare e implementare percorsi di alta formazione in linea con i processi evolutivi delle professioni, e al contempo immaginare percorsi di apprendimento permanente all’interno delle aziende secondo un modello di learning organisation. Nei prossimi anni sarà dunque prioritario agire sulla capacità e sulla tempestività di intervento nel produrre le nuove competenze che saranno richieste da parte dell’intero ecosistema istruzione-formazione-lavoro”.
“Il nostro obiettivo - spiega dal canto suo Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec – Federchimica - era comprendere con anticipo il mercato del lavoro per permettere alle imprese biotech, ma anche all’Università e a chi si occupa di formazione, di prepararsi ai tanti cambiamenti in atto dal punto di vista occupazionale al fine di fornire ai giovani un quadro di scenario ed un’offerta formativa utili nella prospettiva del loro possibile futuro lavorativo. E volevamo farlo partendo da analisi dettagliate e da dati oggettivi. Lo studio presentato oggi ci conferma che la programmazione, possibilmente fatta in collaborazione fra mondo accademico e industriale nell’ambito dei piani nazionali per la ricerca e l’innovazione è una priorità sulle quale è urgente agire. Lo sviluppo delle nuove professionalità deve necessariamente andare di pari passo con lo sviluppo di un settore che ha l’innovazione nel proprio DNA: se non prepariamo oggi il nostro futuro, fra 10 anni il settore rischierà di troversi senza le competenze necessarie con una conseguente perdita di competitività del Paese in un settore cruciale per la crescita di PIL e occupazione”.
Alessandro Testa, Jefferson Wells Director, aggiunge: “Il settore biotech in Italia è tra i comparti che più di altri sperimenterà una forte evoluzione nel prossimo decennio, sotto la spinta di trend come l’innovazione tecnologica, i cambiamenti climatici e ambientali, oltre alla trasformazione dei modelli lavorativi. Tendenze ulteriormente promosse da iniziative come il PNRR, che per la transizione digitale ed ecologica prevede investimenti pari a 110 miliardi di Euro. Questo comportarà un’evoluzione dei profili e delle competenze necessarie per gestire il cambiamento, ed è per questo che le aziende dovranno organizzarsi per fronteggiare la situazione, andando a colmare il gap tra domanda ed offerta di lavoro attraverso efficaci strategie di recruiting, reskilling e upskilling, che consentano di colmare il divario di competenze attuale e futuro”.


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