Lavoro e professione

Compensi per le perizie civili in Tribunale: serve una svolta… nel passato

di Roberto Carlo Rossi * e Giuseppe Deleo **

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24 Esclusivo per Sanità24

Da sempre, nel contesto di un processo civile, i veri committenti di una perizia tecnica disposta d'ufficio dal Tribunale sono la parte che ha azionato la causa ed eventualmente la parte che è stata tratta in causa. Costoro, rivolgendosi al Giudice per un accertamento tecnico, devono sostenerne i costi. In ambito penale invece è lo Stato a corrispondere i compensi ai professionisti nominati.
Tutto è andato bene fino al 9 maggio del 2018. Quando una circolare, la n. 9/E dell’Agenzia delle Entrate, ha ribaltato la procedura consuetudinaria, imponendo ai professionisti l'emissione di fatture intestate all'Ufficio Giudiziario del Tribunale, considerato, da questo momento in poi, il "committente", ma non il pagatore, della prestazione professionale e solamente riportando nel testo i dati del pagatore effettivo. Tutto questo ha apportato un gigantesco quanto inutile aggravio di adempimenti burocratici che pesano sugli uffici amministrativi e sui professionisti, oltre che di rischi di errore.
Una procedura – come magistralmente argomentato in un parere pro-veritate richiesto dall’OMCeOMI all'avvocato Luciana Tullia Bertoli, patrocinante in Cassazione ed esperta in diritto tributario – che fa sorgere concreti “dubbi circa l'esatta applicazione della normativa”.
La richiesta di parere dell'OMCeOMI prelude alla richiesta ufficiale di riportare indietro le lancette dell'orologio, individuando una legittima interpretazione che consenta l'emissione della fattura del professionista alla parte, o alle parti, che si fanno carico del pagamento in base al disposto del Giudice.
Riaprire il "caso" delle procedure di intestazioni delle fatture emesse dai Consulenti tecnici d'Ufficio (CTU) ha la valenza – secondo L'OMCeOMI – di correggere una procedura che costringe, di fatto, i professionisti ad emettere fatture che potrebbero essere considerate “soggettivamente inesistenti” pur in presenza di buona fede: una procedura che appare quindi “illegittima”.
Cosa ha comportato questo cambiamento di procedure, scritto in poche righe in una circolare che si occupava di tutt'altro problema? Il moltiplicarsi di atti contabili e burocratici: una sorta di partita di giro, che a somma zero (ma a costi rilevanti) moltiplica all'infinito gli adempimenti in capo agli Uffici Giudiziari. Procedura che grava anche sui professionisti che oltre al carico di adempimenti rischiano aggravi sostanzialmente sanzionatori nel caso di difetto nel perfezionamento della procedura di riscossione (è sufficiente che il software dedicato, per qualsiasi ragione, non carichi la fattura nei tempi stabiliti).
Questa tesi non è sostenuta solo dall'Ordine dei Medici di Milano, tant'è che già nel settembre del 2018 il Ministero della Giustizia esprimeva in una nota perplessità circa la posizione assunta dell'Agenzia delle Entrate. Il tema affrontato dal Ministero richiamava un aspetto pratico legato alle difficoltà di gestione dei "crediti inestinti" ossia delle fatture dei Ctu che, nell'ambito della gestione contabile, risultavano non pagati. Un doppio passaggio che richiedeva un intervento manuale di chiusura. Posizione ribadita l'anno successivo, nel settembre 2019, affermando che "l'amministrazione della Giustizia" è "senz'altro estranea al rapporto obbligatorio che intercorrente tra creditore (il Ctu) e debitore (la parte in causa tenuta al pagamento)".
Nella seduta di maggio del Consiglio Direttivo, l’OMCeOMI ha quindi deliberato all’unanimità di fare proprio il parere dell’avvocato Bertoli e quindi di diffonderlo ai propri iscritti. I passi successivi saranno quelli di condividerne le conclusioni con le altre Autorità dello Stato al fine di sanare una situazione che si ritiene infruttuosamente gravosa per tutti e foriera solo di inutili sprechi.

* Presidente OMCeOMI
** Consigliere OMCeOMI


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