Lavoro e professione

Verso il voto/ Gli effetti perversi della "flat tax" nell’ambito sanitario

di Roberto Caselli

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24 Esclusivo per Sanità24

Anche in questa campagna elettorale alcuni partiti hanno promesso l’introduzione nel sistema fiscale della "flat tax", cioè di una tassa piatta sui redditi, stessa aliquota per tutti, addirittura uguale a quella minima in vigore, senza tener conto che la nostra Costituzione impone la progressività delle imposte sul reddito. Gli unici che non risparmierebbero nulla sarebbero i contribuenti con redditi fino a 15.000 euro, mentre il massimo, enorme, vantaggio andrebbe a quelli con redditi superiori a 50.000 euro.
Che la "flat tax" possa produrre una forte crescita economica e così il gettito erariale, in modo da compensare il contributo dei singoli cittadini, è stato peraltro smentito da molti studi, pubblicati anche in questi ultimi giorni e da numerose esperienze negative in altri Paesi.
Per realizzare una misura del genere sarebbe necessario non solo ignorare il vincolo costituzionale, che prevede un sistema fiscale progressivo, cosa che difficilmente la Consulta, e ancora prima il Presidente della Repubblica, farebbero passare, ma anche procedere a una enorme, impensabile, riduzione della spesa pubblica, a meno di non aumentare ulteriormente il già enorme debito pubblico, cosa impensabile se vogliamo restare nell’Unione europea.
Tale riduzione passerebbe purtroppo attraverso quella per la sanità pubblica (oltre che per l’istruzione e la sicurezza) e a rimetterci sarebbero i cittadini più deboli, che non possono permettersi la sanità privata.
Si capisce bene che è una "bandierina" per conquistare voti nel campo di quegli elettori, che pur essendo fra i primi a pretendere servizi pubblici sempre di più alto livello, sono i primi anche a sfuggire al loro obbligo, giuridico, ma ancor prima morale, di pagare un equo contributo per il funzionamento della macchina statale, proporzionato alle proprie capacità.
L’idea che se le aliquote delle imposte fossero più basse i contribuenti evaderebbero di meno è una favola che si sente ripetere da decenni da alcune formazioni politiche; chi, come chi scrive, ricorda le vecchie imposte "ante riforma fiscale del 1973", sa bene che, per fare un solo esempio, l’I.G.E., imposta generale sulle entrate - sostituita sia pure con un meccanismo diverso dall’attuale Iva - che colpiva ogni passaggio di beni o di servizi, prevedeva un ‘aliquota del 3% ( che solo negli ultimi anni di applicazione venne elevata prima al 3,3% e poi al 4%), la sua evasione era comunque diffusissima; la verità è che, nel nostro Paese, chi propende per sfuggire al fisco ha cercato sempre espedienti per pagare il meno possibile.
Ricordiamo che il regime della "flat-tax", già in vigore per le attività professionali e per le locazioni immobiliari, prevede un’aliquota forfettaria (per i professionisti attualmente del 15% con un tetto di 65.000 euro l’anno) e la contestuale cancellazione di ogni deduzione o detrazione fiscale prevista, fra le altre, per le spese sanitarie. In teoria un contribuente piccolo/medio potrebbe rinunciare alla "flat tax", mantenendo le detrazioni e le deduzioni, ma a livelli più alti di reddito non sarebbe mai conveniente.
Il regime ipotizzato, oltre a costituire una incomprensibile sperequazione a carico dei cittadini a basso e medio reddito provoca, per effetto della perdita delle detrazioni e delle deduzioni, una sorta di "indotto" di evasioni e di elusioni da parte dei soggetti che forniscono beni o servizi al contribuente, per cui lo stesso, può esser indotto a non chiedere fattura e pagare in contanti per usufruire di uno sconto.
Limitandosi all’ambito sanitario, non gli servirebbe più, per esempio, la fattura dei medici specialisti , degli odontoiatri, dei fisioterapisti o di altri operatori sanitari, che peraltro capita già ora che propongano al cliente uno sconto, pur di non rilasciarla. Mentre nella sanità pubblica la gestione dell’intramoenia affidata alle aziende, ha impedito il "nero", questo risulta purtroppo ancora diffuso in certe aree geografiche e di attività.
L’evasione nel settore sanitario, forse la più odiosa, visto che si basa sulla dipendenza psicologica dei pazienti nei confronti dei medici, rischia così di essere incoraggiata; la stessa evasione dell’imposta di bollo di 2 euro per le fatture superiori a 77,47 euro è ampiamente diffusa, ma quella sull’imposta sul reddito, che va ad incidere, il più delle volte, sull’aliquota marginale del 43%, oltre alle addizionali regionali e comunali, potrebbe procurare all’Erario entrate assolutamente insufficienti per coprire i costi crescenti della "macchina pubblica".


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