Lavoro e professione

Rivalutazione delle pensioni dal 1° gennaio 2023

di Claudio Testuzza

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24 Esclusivo per Sanità24

Ogni anno le pensioni dell'Enpam aumentano anche grazie all’adeguamento all’inflazione, sulla base dell’indice calcolato dall’Istat. Le pensioni erogate dalla Fondazione, infatti, vengono rivalutate ogni anno, a differenza di quanto accade nel sistema pubblico, che – per effetto di leggi – si è distinto per blocchi, sospensioni e tagli. Per controllare quanto ciascuno prende di rivalutazione è possibile guardare nel proprio cedolino la voce "Integrazione Istat". Per dare un’idea di come funziona l’adeguato annuale, l’Enpam rivaluta le pensioni al 75% dell’indice dell’inflazione fino al limite di 4 volte il trattamento minimo Inps e del 50% dell’indice per l’eventuale parte del mensile che supera questo limite. La rivalutazione decorrerà dal 1° gennaio di ogni anno e viene pagata in primavera con gli arretrati dei mesi precedenti. L’attesa dipende anche dal fatto che, pur essendo un calcolo automatico, da qualche anno i ministeri vigilanti subordinano il pagamento alla loro approvazione.
Anche per le pensioni pubbliche a gennaio scatteranno gli incrementi .
In relazione all’adeguamento all’inflazione, infatti, la rivalutazione delle pensioni per il 2023 sarà del + 7,3%. Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha firmato il Decreto che ha disposto l’adeguamento a partire dal prossimo anno, calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 3 novembre 2022.
Non è escluso, però, che tra novembre e dicembre 2022 l’inflazione possa aumentare ancora, arrivando, come sospettiamo, anche all’ 11/12 per cento.
Le pensioni minime vedranno un aumento di 38 euro, mentre per una pensione di 1.000 euro lordi si avrà un aumento netto di circa 52 euro (73 euro lordi).
Vediamo come funziona la rivalutazione nella previdenza pubblica e forniamo qualche esempio pratico di aumento.
In base a quanto stabilito dal comma 5 dell’articolo 24 della Legge 28 febbraio 1986, n. 41, entro il 20 novembre di ogni anno viene determinato, con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni. L’applicazione della perequazione avviene al primo gennaio di ogni anno, e l’adeguamento si basa sugli incrementi dell’indice annuo dei prezzi al consumo accertati dall’Istat.
Visto che l’aumento è stato calcolato sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 3 novembre 2022, resta fuori dal calcolo il possibile aumento dell’inflazione per la restante parte di novembre e per il mese di dicembre 2022.
In questo caso la rivalutazione aumenta di pari passo all’inflazione, ma non subito. Nel corso del 2023 potrebbe arrivare un’ulteriore rivalutazione a titolo di conguaglio sull’aumento residuale dell’inflazione 2022.
Questo è già successo quest’anno: dal 1° gennaio 2022, infatti, le pensioni erano state rivalutate dell’1,7%. Tuttavia, è stato in seguito calcolato che l’inflazione totale a fine 2021 era dell’1,9%.
Per questo motivo è stata disposto a partire dal mese di novembre un ulteriore aumento dello 0,2%.
La rivalutazione delle pensioni si riferisce a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica, dalle gestioni dei lavoratori autonomi, dalle gestioni sostitutive, esonerative, esclusive, integrative e aggiuntive.
L’aumento, tuttavia, non si applica allo stesso modo per tutte le pensioni, ma dipende dall’importo del trattamento che il pensionato riceve. In particolare, era previsto che la rivalutazione fosse applicata al:
• 100% dell’inflazione, ovvero in misura piena, per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps, corrispondente nel 2022 a 525,38 euro;
• 90% dell’inflazione per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il trattamento minimo;
• 75 % dell’inflazione per le pensioni oltre 5 volte il trattamento minimo.
Mentre per le pensioni minime (524 euro) è stato prevista un incremento del 120% in più del tasso inflazionistico al cento per cento, con un aumento di circa 45 euro al mese, invece con la legge di bilancio per il 2023 questi criteri sono stati modificati in maniera sostanziale per gli importi pensionistici più elevati.
Fino a 4 volte il minimo Inps ( 2.096 euro ) > 100 % = + 7,3 %
Sino a 5 volte il minimo Inps ( da 2.096 a 2.620 ) > 80 % = + 5,84 %
Sino a 6 volte il minimo Inps ( da 2.62 a 3.144 ) > 55 % = + 4.01 %
Sino a 8 volte il minimo Inps ( da 3.144 a 4.192 ) > 50% = + 3,65 %
Sino a 10 volte il minimo Inps ( da 4.192 a 5.240 ) > 40 % = + 2,92 %
Sopra 10 volte il minino ( da 5.240 )> 35 % = + 2,55 %
Si tratta di un evidente taglio degli incrementi previsti, con un recupero inflattivo assolutamente modesto, e quindi con una perdita del valore delle pensioni che spingono ancora una volta ad una sofferenza del settore.


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