Lavoro e professione

Giornata obesità: Italia ancora indietro su personale, diagnosi e team dedicati

di Barbara Paolini *

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24 Esclusivo per Sanità24

Il 4 marzo ricorre la Giornata mondiale dell'Obesità, istituita nel 2015 dalla World Obesity Federation, per coinvolgere organizzazioni, associazioni e individui attorno all'obiettivo ambizioso di invertire la crisi globale dell'obesità.
Molti sono i passi fatti in termini di prevenzione e sensibilizzazione nel nostro Paese rispetto a un’emergenza sanitaria e sociale che solo di recente è stata riconosciuta come patologia dal Parlamento italiano. Le campagne e le attività di prevenzione sono strumenti fondamentali e devono essere sicuramente rafforzati e incentiva, ma restano comunque insufficienti le condizioni di trattamento e accesso alle cure per i pazienti obesi.
A oggi il numero dei centri pubblici per la prevenzione e trattamento dell’obesità in Italia è ancora carente rispetto al preoccupante numero di casi in aumento. Su oltre 700 strutture ospedaliere italiane non si arriva a 20 Unità operative complesse (Uoc) di nutrizione clinica, e non si superano le 100 Strutture semplici o dipartimentali (Uosa), mentre il resto viene gestito da centri di dietetica con soli dietisti. I centri dedicati all’obesità sono ancora meno. Una disomogeneità che si ripercuote inevitabilmente su liste di attesa lunghe che portano i pazienti a orientarsi, per chi ne ha possibilità, verso strutture private o liberi professionisti che il più delle volte non riescono a fare una valutazione globale di una patologia così complessa.
La carenza di strutture e di specialisti incide inevitabilmente anche sulla qualità della diagnosi. A livello clinico ci si ritrova sempre più a intervenire sulla complicanza, ma non sulla patologia di base, ovvero l’obesità, e tanto meno si interviene con la richiesta di una valutazione nutrizionale e di un inquadramento diagnostico preciso per la patologia. Un paziente che viene ricoverato per complicanze legate all’obesità molto spesso non viene valutato per la patologia di base, raramente viene effettuato lo screening di valutazione del rischio nutrizionale, come previsto dalle linee guida ministeriali del 2011. Il peso non viene rilevato o spesso è un peso riferito dal paziente stesso, anche per la mancanza di lettini o strumentazioni diagnostiche adeguate alle dimensioni, compresi i semplici ausili medici.
Rispetto ai trattamenti ospedalieri coperti dal Ssn a oggi solo la chirurgia bariatrica rientra tra quelli rimborsati dallo Stato, ma non è presente nel Pne (Programma nazionale Esiti) il registro gestito dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali dove vengono inserite le informazioni relative agli interventi di ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati. Attualmente nel registro del Pne sono riportati gli esiti degli interventi per patologie riguardanti la chirurgia generale o la chirurgia oncologica, aggiungere anche quelli della chirurgia bariatrica consentirebbe ai pazienti di avere una fotografia istantanea non solo delle strutture e del numero di interventi, ma soprattutto delle complicanze maggiori che sono senza dubbio un problema sottostimato, e anche sulle riammissioni in ospedale dei pazienti operati e sui reinterventi a 30 giorni dalla procedura primaria.
Per affrontare e gestire una patologia complessa come l’obesità è necessario organizzare team multidisciplinare e multiprofessionali che si occupino di essa dalla sensibilizzazione fino al trattamento. È necessaria poi la stesura e l’adozione, nonché il periodico perfezionamento, di Linee guida diagnostico terapeutiche con la creazione di percorsi dedicati alla malattia e l’individuazione di Centri accreditati alla gestione che possano aiutare il paziente a scegliere e orientarsi.
Solo affrontando la patologia a più livelli, garantendo l’accesso alle cure, ma anche cambiando la prospettiva e usando i giusti termini possiamo abbattere le barriere dei sensi di colpa e dei pregiudizi socioculturali. Molto spesso il paziente viene considerato il solo colpevole della sua patologia sia dalla società, ma anche dagli operatori sanitari. È necessario, quindi che le Istituzioni, l’opinione pubblica e gli stessi operatori sanitari adeguino il linguaggio e le immagini utilizzati sull’obesità descrivendola in modo corretto e accurato e trattandola una volta per tutte per quello che è: una malattia e non un problema estetico.

* Presidente ADI, Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica


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