Lavoro e professione

Decreto Bollette/ L'analisi in filigrana per la parte "Sanità" del testo in Gazzetta. Con qualche sorpresa e diversi interrogativi aperti

di Stefano Simonetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 30 marzo è stato pubblicato il decreto legge n. 34, già chiamato "bollette" o "energia", che comprende anche alcuni interventi sulla sanità. Non è dato capire se gli impegni presi dal Ministro della Salute riguardo a un pacchetto di misure da adottare prima dell’estate si esaurisca in questo decreto legge o si stia preparando qualcosa di più sistematico e meno estemporaneo; sembra tuttavia dalle dichiarazioni rilasciate che seguirà una manovra più articolata. Gli interventi normativi hanno avuto una accoglienza diversa: per i sindacati medici non è così che si salva la sanità pubblica e hanno rilanciato la mobilitazione del personale mentre, da parte sua, la Fiaso ha apprezzato sostanzialmente le misure.
Proviamo a esaminare le misure previste nel decreto cominciando col dire che rispetto al testo entrato in Consiglio dei ministri il giorno 28 marzo la stesura definitiva è piuttosto diversa e più ampia. Non posso esimermi da due osservazioni di carattere generale. La prima è la percezione che del decreto hanno avuto i media e l’opinione pubblica: chiamarlo decreto "bollette" sembra quasi minimizzare le enormi problematiche che gravano sul Servizio sanitario pubblico. La seconda è un po’ più polemica in quanto nel Capo II troviamo l’art. 9 che tratta dell’Iva sui dispositivi e la materia, francamente, non sembra proprio rientrare nella rubrica del Capo medesimo che parla di "Disposizioni in materia di salute"; semmai la norma avrebbe dovuto essere collocata nel Capo III tra gli adempimenti di carattere fiscale. Lo stesso art. 8 sul finanziamento dei dispositivi non è strettamente attinente alla "salute". Veniamo alle norme di dettaglio riguardanti il personale, esaminandone i contenuti sia dal punto di vista tecnico, sia per la loro potenziale efficacia rispetto alle grandi criticità esistenti.
Art. 10 => interventi nei confronti dei "medici a gettone"
La norma non affronta la questione radicalmente a monte ma si limita a introdurre paletti e condizioni per l’esternalizzazione. In pratica si tratta di:
• affidamento a terzi dei servizi medici ed infermieristici solo in caso di necessità e urgenza, in un’unica occasione e senza possibilità di proroga;
• previa verifica dell’impossibilità di reclutare tale personale in altro modo;
• praticabilità esclusivamente nei servizi di emergenza-urgenza ospedalieri per massimo 12 mesi;
• le cooperative devono avvalersi di personale in possesso dei requisiti di professionalità contemplati dalle disposizioni concorsuali vigenti;
• va dimostrato il rispetto delle disposizioni in materia d’orario di lavoro di cui al d.lgs. n. 66/2003 e, in particolare, la durata massima dell’orario settimanale, i riposi settimanale e giornaliero, i limiti al lavoro notturno;
• il personale che si dimette per lavorare con le cooperative non può chiedere successivamente la ricostituzione del rapporto di lavoro con il Ssn.
Sul primo punto sembra pleonastica la previsione della "necessità e urgenza" e la perentorietà dell’appalto (una volta sola, senza proroghe) può far ritenere che alla fine del contratto la situazione di criticità sia di fatto la stessa. Bene senz’altro il terzo punto, anche se le aziende che hanno redatto i capitolati in molto serio e rigoroso queste condizioni già le imponevano. Tuttavia, il riferimento al "possesso dei requisiti di professionalità contemplati ….", in termini tecnici assicura il rispetto dei titoli di studio prescritti ma non garantisce affatto le situazioni anomale legate all’età o alla idoneità fisica. Bene anche il punto successivo, ma i controlli sono difficilissimi in quanto i medici, tramite le cooperative, lavorano in più aziende. Sull’ultimo punto ho dei dubbi sull’efficacia della previsione, anche perché la ricostituzione del rapporto è sempre discrezionale e una Direzione aziendale seria non dovrebbe mai accettare il rientro di un ex dipendente a prescindere dalla nuova norma. Inoltre il medico può sempre rientrare attraverso un concorso pubblico e, sulla base del trend di partecipazione negli ultimi tempi, non avrebbe alcuna difficoltà a vincere la selezione. Qualora si volesse prevedere un deterrente per favorire la fidelizzazione, allora sarebbe preferibile inserire una adeguata modifica nel pantouflage previsto nell’art. 53, comma 16-ter del decreto 165/2001.
Per ciò che concerne le linee guida recanti le specifiche tecniche, i prezzi di riferimento e gli standard di qualità dei servizi, siano alle solite: la legge non è auto-attuativa e demanda ad un ennesimo decreto la definizione di aspetti importanti e urgenti. Questa sconcertante patologia della nostra legislazione è stata ben commentata nell’articolo di "A quella legge manca un decreto" di Sergio Rizzo, pubblicato su L’Espresso del 26 marzo scorso. Se i tempi saranno quelli di tanti altri atti di normazione di secondo livello che si attendono da anni – per tutti: i decreti del Mise sulle caratteristiche delle polizze assicurative ancora in alto mare a cinque anni e mezzo dalla legge Gelli e il Dm Salute-Mef per l’adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale, atteso da quattro anni – allora siamo daccapo e quando uscirà il decreto i Pronto soccorso saranno forse implosi. Ci voleva tanto a dire che gli importi a base d’asta non possono essere superiori a quanto spenderebbe l’azienda con il personale interno? L’ultimo comma ipotizza procedure di reinternalizzazione con riserva fino al 50% ma nei limiti previsti dal P e nel rispetto delle norme capestro del decreto Calabria del 2019. A queste selezioni non potranno partecipare coloro che in precedenza, in costanza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il Ssn, si siano dimessi dalle dipendenze dello stesso i quali, come peraltro già ricordato, possono regolarmente partecipare e vincere un concorso ordinario.
Art. 11 => incremento della tariffa delle prestazioni aggiuntive e dell’indennità di Pronto soccorso
Il testo di questo articolo è stato integrato durante il Consiglio dei Ministri con l’aggiunta delle prestazioni aggiuntive per gli infermieri. L’aumento è previsto per il solo anno in corso, è una mera facoltà ed è variabile "fino" a 100 euro: sembra oggettivamente abbastanza inutile, alla luce del fatto che è discrezionale e che molte Regioni lo avevano già disposto. L’unico aspetto di novità è lo stanziamento previsto nella tabella B che copre tutte le Regioni, comprese quelle a statuto speciale, fino a complessivi 70 mln.
Nel comma 2 viene realizzata la promessa di anticipare gli aumenti dell’indennità di Pronto soccorso fin dal 1° giugno 2023 con 100 mln (30 ai medici e 70 al comparto) che costituiscono un acconto dei 200 stanziati a far data dal 2024. Alcune osservazioni vanno peraltro fatte. Innanzitutto, l’indennità in questione nella norma-madre (comma 293 della legge 234/2021) è definita di "Pronto soccorso" mentre nel titolo di questo art. 11 diventa "indennità nei servizi di emergenza-urgenza". La differenza non è da poco e il caos che si è generato con l’art. 107 del recente Ccnl del comparto lo testimonia. Inoltre, la disposizione originaria precisava che l’emolumento è definito "nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro", per cui nessun medico si illuda di trovare questa indennità in busta paga prima del prossimo anno, se tutto va bene visto l’andamento delle trattative per il rinnovo del contratto.
Art. 12 => misure per il personale dei servizi di emergenza-urgenza
Molto complesso il pacchetto di interventi per il personale dell’emergenza-urgenza. I commi 5 e 6 riguardano i medici dipendenti mentre i commi 1, 2, 3 e 4 hanno come destinatari gli specializzandi. Si prevede l’assunzione in ruolo anche senza specializzazione, incarichi libero-professionali per gli specializzandi a 40 euro l’ora, la valutabilità dell’attività sia nei concorsi pubblici che come requisito ai fini della stabilizzazione ex decreto Madia. Decisamente importante appare il comma 5 che prevede per tutto il personale dell’emergenza-urgenza con i requisiti per la pensione d’anzianità di poter passare part time (comparto) o a impegno ridotto (dirigenza sanitaria). Il rapporto prosegue fino al compimento dei 65 anni e il riconoscimento della pensione decorre solo dopo la cessazione del rapporto. In disparte dall’efficacia e dall’interesse che susciterà la norma, c’è da segnalare che quando si dice "in deroga ai contingenti previsti" si fa riferimento per il comparto al 25% della dotazione di ciascun profilo mentre il Ccnl della dirigenza sanitaria impone il 3% della dotazione organica ma in presenza di requisisti soggettivi di natura familiare o sociale. Dal 30 marzo 2023 per i sanitari che hanno una posizione previdenziale aperta dopo il 1996, il servizio prestato presso i servizi di emergenza-urgenza comporta un accredito virtuale di due mesi per ogni anno fino al limite massimo di 24 mesi.
Art. 13 => attenuazione dei vincoli di esclusività per il personale sanitario del comparto
Si tratta della seconda modifica nel giro di un mese della stranissima norma adottata nel 2021 che è stata "letta" come parziale riconoscimento della libera professione del personale sanitario del comparto. La norma è illeggibile come le precedenti e c’è da segnalare che all’entrata in Consiglio dei ministri non era presente il limite temporale del 31 dicembre 2025. Per il resto, valgono tutte le osservazioni fatte in passato riguardo ad una disposizione che non parla mai esplicitamente di libera professione ma, ragionando al contrario, allenta i vincoli dell’esclusività. In particolare, nel comma 2 si parla di "incarichi di cui al comma 1", laddove non ve ne è traccia. La parola "operatori" riferita alle professioni sanitarie, peraltro, non si usa più da vent’anni. Del tutto incomprensibile il monitoraggio su tassi di assenza e permessi, previsione dell’ultima ora.
Art. 14 => interventi sui contratti degli specializzandi
Con questo articolo vengono apportate modifiche al lunghissimo comma 548-bis della legge 145/2018, aggiunto dall’art. 12, comma 2, della legge 60/2019. In pratica, i contratti a tempo determinato non sono più limitati nel tempo. La norma continua ad avere carattere congiunturale mentre si dovrebbe consolidare in modo sistemico per tutti i medici specializzandi – ma anche per gli infermieri - la stipula di un contratto di formazione lavoro, come vado ripetendo da anni.
Art. 15 => esercizio temporaneo di attività per qualifiche conseguite all’estero
Le norme transitorie adottate in pieno stato di emergenza vengono prorogate a tutto il 2025. Anche qui si deve attendere un decreto attuativo, sempre “entro 90 giorni” e, nel frattempo ma per non più di sei mesi, si applicano le disposizioni congiunturali del 2020 e 2021.
Art. 16 => contrasto alle violenze
Abbastanza singolare questo intervento perché non si parla più di procedibilità d’ufficio – come tante volte affermato – visto che esisteva già, ma si agisce sull’entità della sanzione. Dalla rubrica modificata si evince che ora le lesioni non devono più essere "gravi o gravissime". Con la sostituzione del comma 2, di fatto, le pene sono state diminuite, anche se questo paradosso deriva dalla eliminazione delle parole "gravi o gravissime". Nient’altro: allora per le percosse, le aggressioni verbali, gli insulti subiti sul posto di lavoro i sanitari sono trattati come comuni cittadini?


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