Medicina e ricerca

XX Fessh congress: quattro giorni dedicati alla mano

di Ettore Cioli

Un bambino ogni 1.500, in Italia, nasce con una malformazione congenita a una mano o a entrambe. Oggi, si può intervenire per far sì che possa recuperare la funzionalità dell'arto e, di conseguenza, aumentare le sue possibilità di avere una vita normale. Questo uno dei temi chiave della ventesima edizione del Fessh Congress, il congresso internazionale organizzato dalla Federation of european societies for surgery of the hand che torna in Italia dopo trent'anni. Dal 17 al 20 giugno al Centro congressi MiCo di Milano, capitale di Expo 2015, oltre 1.000 chirurghi della mano e 300 fisioterapisti si confronteranno sulle nuove tecnologie e le innovazioni per la cura di questo organo.

In particolare, Giorgio Pajardi, direttore dell'Unità operativa di chirurgia della mano del Gruppo MultiMedica e Presidente del Congresso, spiega che questo simposio internazionale «è un'occasione unica per riunire tutti gli esperti del settore e discutere dei passi avanti fatti dalla ricerca scientifica. In dettaglio, verranno presentate le novità nel campo della supermicrochirurgia (avanzamento degli strumentali e affinamento delle capacità dei chirurghi), nel trattamento del Morbo di Dupuytren e nella cura delle patologie del polso».

Il prodotto finale è una quattro giorni dedicata all'aggiornamento professionale. Alla base c'è la ricerca di nuove strade per ridurre l'invasività e l'utilizzo dell'intervento chirurgico. «Questa è la direzione che sta prendendo anche la ricerca - continua Pajardi -. Io, per esempio, non mi sento un chirurgo, curo la mano e se necessario la opero. Il fatto che le novità più salienti degli ultimi mesi e anni, come la collagenasi per il Morbo di Dupuytren, siano servite a ridurre l'impiego dell'intervento non è un caso. Ci stiamo muovendo verso una medicina della mano».

Due i punti salienti dell'appuntamento milanese: innanzitutto verranno presentate le novità nel campo delle colture cellulari e dei substrati ingegnerizzati. Queste, a quanto affermano gli esperti, potrebbero rappresentare delle valide alternative alle protesi, determinando importanti passi avanti nella gestione dei traumi e delle patologie degenerative. Poi si parlerà delle malformazioni congenite della mano, molteplici e di differente gravità; le più comuni comportano la nascita del neonato con una o più dita congiunte o più piccole del normale (sindattilie) o l'iposviluppo e l'agenesia (non sviluppo) del pollice. In fondo, continua il Presidente del congresso «ciò che, innanzitutto, distingue l'uomo dagli animali è il pollice. In tal senso, affronteremo il tema della tempestività della terapia. Queste malformazioni, se curate adeguatamente sin dai primi giorni di vita, non rappresentano un reale problema per le condizioni di vita del bambino. Se pensiamo al modello degli Stati Uniti, questo approccio porta non solo un grande beneficio al paziente, ma riduce il costo sociale di queste malattie; in altre parole, tanto più queste persone hanno uno stile di vita normale, tanto meno costeranno alla comunità in termini di interventi».

Ampio spazio sarà dedicato al Morbo di Dupuytren e all'introduzione della collagenasi. Questa malattia, che colpisce soprattutto gli uomini dai quaranta ai sessant'anni, progressivamente invalidante, provoca una flessione progressiva di una o più dita, cui segue l'inevitabile limitazione dell'estensione della mano. Fino all'avvento della collagenasi, questa patologia veniva trattata esclusivamente con l'intervento chirurgico; la nuova terapia, invece, agisce disgregando le fibre di collagene che rappresentano la componente principale del tessuto patologico che blocca il movimento. Il trattamento consiste in un'iniezione con un ago molto sottile, seguita, dopo 24 ore, da una manipolazione dell'arto esercitata dal medico.

«Premesso che l'utilizzo della collagenasi non solo è decollato, ma rappresenta lo standard a livello mondiale, ci sono Paesi in Europa dove non è ancora distribuita e cito, ad esempio, la Germania e la Francia. Questa differenza, non è dovuta a una valenza scientifica ma solo a problemi di sostenibilità del farmaco», conclude il presidente del congresso.


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