Medicina e ricerca

Pillole di prevenzione/ Il caso del glifosato

di Giovanni Beghini, presidente Isde Verona

Come per molte altre sostanze industriali tossiche (fumo di sigaretta, benzene, amianto, piombo nella benzina etc.) la storia recente della medicina mostra che c'è un tempo di latenza troppo lungo, di almeno un paio di generazioni per arrivare a eliminare dal mercato una qualsiasi di queste sostanze tossiche. Il procedimento è complesso e gli interessi in gioco sono molto forti.

Tutto nasce da un errore di fondo, quello di non rispettare il principio di precauzione. Anche la storia del glifosato, un diserbante utilizzato in agricoltura, segue lo stesso percorso e ora, a quarant'anni dal suo ingresso sul mercato siamo a un punto critico.

La Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) lo scorso marzo ha compiuto una mossa forte nello scacchiere delle forze in campo. Il cambiamento di classificazione da 2b a 2a (da “possibilmente” cancerogeno a “probabilmente” cancerogeno) del glifosato, rivalutando la cancerogenicità di altri quattro composti organofosfati: diazinon, malathion, parathion, tetraclorvinfos. Per questo l’International society of doctors for environment (Isde) ha recentemente chiesto all’Europarlamento e alla Commssione europea di bandire immediatamente e permanentemente la produzione, il commercio e l'utilizzo di queste sostanze su tutto il territorio europeo.

Un cambiamento che ha avuto un impatto importante sull'allarme dell'opinione pubblica e ha ridato altre motivazioni ai movimenti ambientalisti che ne chiedono il ritiro, mettendo un po' alle strette le organizzazioni agricole e scatenando la reazione dell'azienda produttrice.

Per rendersi conto della diffusione planetaria ed endemica di tale sostanza, del rischio per la salute umana e ambientale e quindi del valore della prevenzione occorre però conoscere alcune cifre. Il suo consumo cresce nel mondo e raddoppia circa ogni cinque anni.

Attualmente circa il 70% della terra arabile del pianeta è trattata con il glifosato. La quantità usata nella provincia di Ravenna (per fare un esempio) è sufficiente a coprire 1.500 dei 1.800 km2 della sua superficie. Del milione di tonnellate di soia importate ogni anno in Italia per diventare mangime per gli animali da allevamento il 90% è Ogm e può contenere fino a 9 mg/kg di glifosate, che entra anche così nella catena alimentare.

Nella produzione di cereali, sia per uso umano che per uso animale, è utilizzato sia come diserbante sia per favorire l'essicazione pre-raccolto. Non meraviglia quindi che il 70% dei prodotti da forno ne contenga tracce, come non meraviglia che siano presenti residui anche nel vino proveniente da colture convenzionali. Nelle acque superficiali e profonde è presente, ove ricercato, rispettivamente nel 90 e nel 30 % dei campioni (sommandolo al suo metabolita, di pari tossicità Ampa).E' presente nella pioggia, nel terreno e il suo tempo di dimezzamento varia da qualche settimana a più di un anno. E' presente, a varie concentrazioni, alcune altissime, nel latte materno di donne in qualche misura esposte e in quasi la metà dei campioni di urine di abitanti di molte città europee, non direttamente esposti.

Stiamo quindi assistendo a una vera e propria alterazione dell'omeostasi ambientale, a una inconsapevole sperimentazione planetaria di una sostanza tossica.
Da una decina di anni ormai insieme alle vendite di glifosate cresce anche il numero di studi scientifici sull’argomento. Negli ultimi anni se si digita su Pub Med ci sono migliaia di lavori (anche se i lavori italiani ancora una volta sono veramente pochi).

I problemi per la salute umana
I principali sono la cancerogenicità, soprattutto il linfoma, il carcinoma della mammella del tipo estrogeno-sensibile, i tumori della sfera riproduttiva, l'infertilità maschile, sempre più diffusa, in persone sempre più giovani, la disbiosi intestinale, di cui buona parte della popolazione è affetta, che deriva dall'azione chelante dei metalli, con danno di importanti catene enzimatiche. Ma molte altre patologie sono sospettate in base ai dati degli esperimenti su animali da laboratorio.

Quante malattie e sofferenze si preverrebbero con il ritiro del glifosate dal commercio? E quanti fertilizzanti chimici si risparmierebbero evitando di distruggere tutte le specie di piccoli animali e di batteri attivi nella filiera dell'humus? La diminuzione della biodiversità, la diminuzione della sostanza organica nel terreno sono infatti collegati a questo tipo di agricoltura, che sta aumentando la desertificazione. Naturalmente non è solo il glifosate il pesticida da ritirare , è solo il più evidentemente inutile e dannoso.

Alcuni stati europei ne hanno da tempo vietato la vendita (Russia e Danimarca) mentre l'Olanda lo ha fatto qualche mese fa, con un decreto del Parlamento e la Francia ci sta lavorando.

Ci si sarebbe aspettato un programma di dismissione del prodotto da parte delle organizzazioni degli agricoltori italiane e una coraggiosa presa di posizione, nel nome della propria immagine, della sicurezza dei prodotti e dei consumatori, del prestigio internazionale dell'agricoltura italiana. Ma così non è stato.

Sarebbe invece necessario progettare e praticare un diverso tipo di agricoltura, ecologica e rispettosa dell'ambiente. Solo così l'agricoltura produrrà cibo sano, prima premessa di una vera prevenzione delle malattie e ritornerà ad essere il vero baluardo contro il degrado ambientale.

L'International Society of Doctors for the Environment (ISDE), grazie al contributo di Ernesto Burgio, Carlo Modonesi, Celestino Panizza e Lucio Sibilia, ha predisposto ed inviato una lettera al Parlamento Europeo e alle Commissioni delle Direzioni Generali su Sicurezza Sanitaria e Alimentare, Ambiente, Agricoltura e Sviluppo Rurale e Commercio Interno.
Al centro di tale iniziativa vi è la tossicità cronica di un erbicida e alcuni insetticidi usati correntemente in agricoltura, confermata anche dall'International Agency for Research on Cancer (IARC), che ha recentemente valutato la cancerogenicità dei seguenti composti organofosfati: glifosato, diazinon, malathion, parathion, tetraclorvinfos.
Con questo appello ISDE ha chiesto di bandire immediatamente e permanentemente la produzione, il commercio e l'utilizzo di queste sostanze su tutto il territorio europeo.


© RIPRODUZIONE RISERVATA