Medicina e ricerca

Parkinson, la terapia con Safinamide potrà migliorare la qualità della vita dei pazienti

di Fabrizio Stocchi (direttore del Centro per la cura e la ricerca sul Morbo di Parkinson, Irccs San Raffaele Roma)

Le malattie neurodegenerative rappresentano uno dei problemi più pressanti per la società e per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Esse sono in costante crescita e hanno, in genere, un decorso lento e progressivo che provoca la perdita di alcune funzioni del sistema nervoso. Morbo di Alzheimer, Malattia di Parkinson, Sclerosi Laterale Amiotrofica sono le più note e grazie anche all'aumentare dell'aspettativa di vita, si prevede che i casi di Alzheimer e di altre forme di demenza quadruplicheranno entro il 2050, mentre per la Malattia di Parkinson si stima un raddoppio nel 2030.
La Malattia di Parkinson, anche nota come “la malattia dei grandi uomini” (Francisco Franco, Cassius Clay, Hitler, Arafat, Mao, Bresniev, M.J. Fox, Giovanni Paolo II e molti altri famosi personaggi ne hanno sofferto o ne soffrono) non riguarda solo la popolazione anziana, infatti 1 paziente su 4 ha un esordio di malattia al di sotto dei 50 anni e in Italia si stima che circa 200.000 persone soffrano di questa patologia.
Le cause della malattia non sono chiare ma la teoria più accreditata è che la malattia sia causata da un'interazione complessa tra fattori ambientali, genetici ed epigenetici. In pratica il soggetto diventa vulnerabile ad un fattore ambientale per un'alterazione del suo patrimonio genetico perché il difetto viene ereditato o perché la mutazione genetica avviene durante lo sviluppo. Circa il 20% dei pazienti presenta una patologia di tipo familiare dove il gene “difettoso” è stato identificato.

Quadro clinico e sintomi
Il quadro clinico della malattia è classicamente identificato dalla lentezza nei movimenti (bradicinesia), dalla rigidità e dal tremore, anche se quest'ultimo non è sempre presente. I sintomi sono causati dalla degenerazione e morte di cellule di una piccola zona del cervello detta “substanzia nigra”, che è la zona in grado di produrre un neurotrasmettitore, la dopamina, coinvolto nel “controllo” del movimento.
Negli ultimi anni la ricerca ha dato notevoli risultati sia nell'individuare i processi patogenetici che conducono alla morte cellulare sia per quanto riguarda il trattamento della malattia. Relativamente alla patogenesi, è stata individuata nell'alfa-sinucleina la proteina che potrebbe giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia. Interessanti linee di ricerca si stanno indirizzando proprio verso lo sviluppo di farmaci o agenti in grado di bloccare l'alfa-sinucleina che sembrerebbe comportarsi come un prione, ovvero un agente infettante non virale e non batterico. Ad oggi due molecole di tipo anticorpale sono state sviluppate e testate sull'animale da esperimento con risultati molto incoraggianti.
In questi anni i ricercatori si sono anche prodigati per mettere a disposizione dei pazienti farmaci efficaci e sicuri che potessero migliorare la loro qualità della vita.

Vecchie e nuove terapie
La terapia della Malattia di Parkinson ha rappresentato un successo nell'ambito delle malattie neurodegenerative, ma ancora molto c'è da lavorare. I farmaci attualmente disponibili assicurano un buon controllo dei sintomi soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, ma può succedere sia nell'esordio sia nelle fasi più avanzate che l'effetto dei farmaci non rimanga costante durante la giornata causando così la comparsa dei movimenti involontari detti discinesie, oltre al peggioramento delle funzionalità motorie. Inoltre alcuni sintomi motori e non-motori spesso non rispondono a farmaci che agiscono prettamente sulla dopamina. Ci si è orientati quindi verso lo sviluppo di molecole non solo dopaminergiche ma ad azione multipla. Recentemente è stata approvata safinamide, la prima molecola con un doppio meccanismo d'azione: ad un'azione dopaminergica si associa una non dopaminergica. L'effetto dopaminergico viene ottenuto grazie ad un'attività inibitoria altamente selettiva e reversibile delle MAO-B che determina un aumento dei livelli extracellulari di dopamina nello striato. Ma la novità è l'effetto non dopaminergico di safinamide, ottenuto grazie ad un'inibizione stato-dipendente dei canali del sodio (Na+) e alla modulazione del rilascio stimolato di glutammato. In questo modo safinamide agisce sulle fluttuazioni motorie e sui sintomi motori senza peggiorare le discinesie con un effetto benefico e prolungato nel tempo, oltre due anni. Alcuni dati supportano anche un possibile effetto migliorativo sulle discinesie grazie all'azione antiglutamatergica.

Le potenzialità della ricerca made in Italy
Safinamide nasce dalla ricerca italiana in particolare dalla biotech Newron ed è stata poi sviluppata e registrata da un'altra azienda italiana, Zambon. Questo farmaco, già registrato in Europa e lanciato in Germania il 15 maggio 2015, sarà in commercio in Italia nel 2016 e potrà migliorare la qualità della vita dei pazienti parkinsoniani riducendo le cosiddette ore “off” ossia i periodi negativi durante la giornata, senza indurre peggioramenti ma anzi migliorando le discinesie.
Zambon è un'azienda molto attiva nella ricerca e molto attenta a molecole che possano migliorare la vita dei pazienti con malattia di Parkinson. L'azienda, in collaborazione con alcuni ricercatori, si sta infatti dedicando allo sviluppo di altre terapie per migliorare i sintomi motori e non motori della malattia.
La Malattia di Parkinson è una patologia complessa che presenta sintomi motori ma che coinvolge anche altri sistemi come quello gastroenterico, osteotendineo, urinario e cardiovascolare. La ricerca va quindi indirizzata non solo verso terapie che possano migliorare i sintomi classici della malattia, ma anche altri sintomi quali la stipsi, l'ipotensione, la lenta digestione, l'urgenza minzionale, la perdita di peso e di massa muscolare, l'osteoporosi, la depressione, l'ansia e i dolori. I medici che si occupano di questi pazienti dovrebbero avere una visione olistica della malattia e avvalersi di un team multidisciplinare. A tal proposito, per questi pazienti,non va dimenticata l'importanza di fisioterapia specifica per questi pazienti che oggi si avvale anche di protocolli e tecnologia avanzata e l'importanza di una dieta corretta.
I pazienti chiedono maggiore attenzione, la possibilità di arrivare ad una diagnosi in tempi brevi, di avere accesso alle migliori cure e soprattutto di essere coinvolti nelle scelte terapeutiche e nella ricerca. La speranza da parte di tutti coloro che operano nell'ambito della ricerca e nella cura della malattia di Parkinson è che si arrivi ad una cura che possa rallentare o bloccare il decorso di malattia e di avere terapie sempre più efficaci per contrastare i sintomi della stessa. La ricerca investe ogni giorno risorse per ottenere questi risultati con la collaborazione proficua delle aziende che sono impegnate nel settore. I pazienti devono aver la consapevolezza che tutti i passi avanti nella terapia sono stati ottenuti grazie a rigorosi esperimenti scientifici e a seri e rigidi protocolli di ricerca con la fiducia che qualsiasi cosa che sia di reale aiuto alla loro condizione sarà portata avanti con forza e determinazione.


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