Medicina e ricerca

Malattie rare: Italia pioniera delle reti di assistenza in Europa, ma i pazienti stanno a guardare e lo Stato non investe

di Renza Barbon Galluppi (presidente onorario UNIAMO FIRM onlus)

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24 Esclusivo per Sanità24

È proprio vero! Quando la squadra c’è i risultati si vedono, ma ora i pazienti stanno a guardare e vengono invitati a condividere solo a decisioni prese. È ciò che accadrà per la terza volta dal 2001 ad oggi, il 10 dicembre prossimo quando il ministero della Salute in accordo con l’Istituto superiore di Sanità apriranno le porte ai pazienti affetti da patologie rare e alle loro diverse rappresentanze per sentire bisogni e proposte, peccato però che le decisioni vengano prese altrove.
Sebbene fino ad oggi sia stata la ricerca scientifica ad aver segnato la via delle reti europee, oggi la situazione si rafforza con l'assistenza offerta dai Centri di competenza con le diverse unità operative dove esercitano clinici esperti.
L'Italia dimostra di avere una rete organizzata che però deve essere implementata e strutturata. Una rete rispondente alla direttiva europea delle Ern, dove i registri “esprimono” numeri e dati, dove le pubblicazioni scientifiche sostengono le conoscenze, ma dove i pazienti continuano stare assenti ai tavoli decisionali sebbene in questi anni siano stati promotori di processi partecipativi che hanno portato risultati condivisi in special modo nell'importanza di un unico linguaggio comprensibile e comune per tutti.
L'Italia è già pronta a valutare e monitorare la rete Ern peccato però che il ministero della Salute non abbia tutta questa consapevolezza e non dimostri la capacità di prendere le decisioni ad oggi necessarie per dare coerenza a ciò che grazie agli sforzi volontaristici di tanti professionisti, tra i quali anche i “pazienti professionisti”, sia stato fatto in iso risorse per le malattie rare.

Il termine “pazienti professionisti” suona strano, ma esiste e lo si deve far esistere: lo dice l'esperienza quotidiana della persona affetta da patologia rara e dei suoi familiari. Una quotidianità che deve essere interiorizzata e sfociare in “valore” per la comunità e questo avviene solo quando tutti gli attori del sistema sono considerati “alla pari” e dove è riconosciuta l'importanza di quel valore.
Questo è ben esplicito nelle raccomandazioni europee del 2009 (2009/C 151/02) che “richiamano” gli Stati Membri a includere i pazienti nei tavoli decisionali. L'Italia però continua a non ottemperare ad esse.
Il “paziente professionista esperto” nel 2013 non ha partecipato alla stesura del Piano nazionale malattie rare, non è stato componente della commissione sullo screening neonatale allargato, sebbene la spinta ad affrontare la questione è partita proprio dall'associazionismo; non è componente della commissione sulla definizione delle European Reference Network la cui composizione è stata implementata nel luglio 2015 ma ancora una volta viene “consultato” in sede ministeriale di Via Ribotta il prossimo 10 dicembre 2015.

E' dall'approvazione del PNMR che si attende la costituzione del Comitato nazionale malattie rare, con caratteristiche di multidisciplinarità e multiprofessionalità, per attuare i diversi punti previsti da questo importante documento. La speranza è sempre stata che fosse designato e insediato il più presto possibile anche per uniformare le politiche socio-sanitarie e assistenziali in tema di malattia rara nel nostro paese, vista la profonda inequità di trattamento che vivono i pazienti o per le differenze di politiche sanitarie regionali o perché escluse da una lista obsoleta che crea una discriminazione tra malati. Discriminazione che, lo continuo a sottolineare, è anticostituzionale.
Un appuntamento organizzato senza coinvolgere una rappresentanza delle Regioni che sono le titolate all'erogazione dell'assistenza sanitaria e socio-assitenziale anche perché è giusto ricordare che le malattie rare sono una priorità di Sanità Pubblica e sono materia concorrente. Invece ci troviamo davanti a una ennesima fase di ascolto e recepimento di suggerimenti e istanze che non premia chi ha già portato avanti progetti importanti e, soprattutto, non dà risposte né offre soluzioni per alcune questioni urgenti che rimangono perennemente aperte:
•aggiornamento dell'elenco MR, con conseguente separazione dalla procedura di aggiornamento dei Lea;
•inserimento nei Lea degli screening neonatale allargato per le MME, nel rispetto dei dati genetici;
•l'inesistenza dei processi di valutazione e monitoraggio delle diverse azioni di piano;
•l'evoluzione delle funzioni dei Comitati etici.
Ma la comunità dei malati rari continuerà a portare avanti le sue istanze affrontabili solo con azioni partecipate e il vero appuntamento è il 29 febbraio 2016: la giornata delle malattie rare che si celebra annualmente in tutto il mondo che non a caso ha come slogan per il prossimo anno: “Join us in making the voice of rare diseases heard!”


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