Medicina e ricerca

Noduli tiroidei, con la nuova classificazione meno chirurgia

di Guido Fadda (docente e ricercatore di Anatomia e Istologia patologica all'Università Cattolica e responsabile dell'U.O. di Citodiagnostica del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma)

Dal 2015 i pazienti affetti da noduli tiroidei si potranno gestire solo clinicamente, con ricorso molto selettivo alla chirurgia, mediante uno studio combinato citologico e molecolare.
Con l'introduzione della nuova classificazione italiana 2014, che si allinea con tutte le altre classificazioni citologiche mondiali (in particolare quella britannica e quella americana) i criteri citologici (cioè lo studio delle cellule) per stabilire la benignità e malignità dei noduli, che rappresentano il 90% di tutte le diagnosi della citologia tiroidea, appaiono ormai stabiliti e affidabili. Per il restante 10% di diagnosi indeterminate, per le quali la gestione clinica è controversa, l'applicazione di metodiche di indagine molecolare sempre più sofisticate, in grado di individuare oltre il 90% dei tumori maligni solo sulla base di alcune specifiche alterazioni del Dna, potrebbe essere la brillante soluzione che da tempo si attendeva.
La nuova classificazione italiana della citologia tiroidea 2014, che suddivide le diagnosi in 6 categorie, 3 sole delle quali prevedono la terapia chirurgica, è stata elaborata con il preciso proposito di ridurre il numero di pazienti da inviare alla chirurgia, e di conseguenza di minimizzare la quantità di tiroidectomie inappropriate (cioè eseguite su lesioni benigne), senza tuttavia aumentare le neoplasie maligne non asportate. In questa direzione si è mosso il Comitato di Anatomo-Patologi e Endocrinologi che ha pubblicato la classificazione: si è individuata una categoria aggiuntiva, che nella precedente classificazione del 2007 non esisteva (TIR 3A - lesione a basso rischio di malignità), con lo scopo di inserirvi i casi citologicamente più complessi, che secondo il precedente schema sarebbero stati inviati alla chirurgia (con risultato prevalente di lesioni benigne), i quali verrebbero seguiti clinicamente in maniera più attenta e operati solo in caso di evoluzione chiaramente maligna.
Questi temi sono stati affrontati lo scorso 13 e 14 novembre in occasione di un importante meeting internazionale, cui hanno preso parte alcuni dei più importanti esperti mondiali, ospitato dal Policlinico universitario A. Gemelli di Roma per fare il punto sulla Patologia e Citologia Tiroidea.
Per individuare con maggiore precisione le lesioni maligne in questa categoria indeterminata sono stati messi a punto e sperimentati, soprattutto negli Usa, dei sistemi di individuazione di alterazioni geniche mediante tecniche di analisi molecolare multipla computerizzata (tra cui la Next-generation sequencing - Ngs) che consentono di studiare, nelle cellule ottenute dall'agoaspirazione del nodulo tiroideo, multipli sistemi enzimatici intracellulari che risultano spesso difettosi negli elementi carcinomatosi. Pertanto, quando un nodulo tiroideo viene classificato come lesione indeterminata a basso rischio di malignità, si possono effettuare i summenzionati studi molecolari sulle cellule conservate dopo l'esame citologico standard e, in caso di individuazione di alterazioni geniche specifiche per una neoplasia maligna, può essere proposto al paziente l’intervento chirurgico per l'alta probabilità di malignità della lesione.
Tuttavia, non tutte le neoplasie maligne tiroidee presentano alterazioni geniche e pertanto il sistema proposto in precedenza non sarebbe in grado di eliminare i falsi negativi, cioè i tumori maligni che non possono essere identificati con la citologia o con l'analisi molecolare. In particolare una varietà di carcinoma papillare tiroideo, la variante follicolare, presenta spesso un profilo genico molto simile ai tumori benigni tiroidei tanto che da tempo si discute se sia veramente un tumore maligno in quanto scarsamente aggressivo e con bassa capacità di metastatizzare. Nel marzo del 2015 si sono riuniti a Boston (Usa) alcuni tra i maggiori esperti di patologia tiroidea e hanno constatato, sulla base di casistiche cospicue, che una parte di queste varianti follicolari del carcinoma papillare (approssimativamente il 20-30%) che risultano perfettamente incapsulate, non metastatizzano né recidivano: per queste forme è stato coniato il termine di tumore follicolare non-invasivo (Niftp) che, in quanto non di natura carcinomatosa, è da considerare una neoplasia benigna come l'adenoma tiroideo. La riduzione del 20-30% delle neoplasia maligne, in particolare di quelle forme maggiormente responsabili dei falsi negativi nella citologia tiroidea, ridurrà i rischi di malignità attesi per tutte le categorie citologiche e consentirà ai citopatologi di diagnosticare le lesioni a basso rischio di malignità con maggiore frequenza e tranquillità, riservando le categorie ad alto rischio di malignità per quelle lesioni con maggiore atipia citologica che avranno una notevole possibilità di risultare maligne all'esame istologico post-chirurgico.


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