Medicina e ricerca

Neuroscienze, la storia infinita del cervello

di Emilio Bizzi (institute professor,dipartimento di scienze cognitive e del cervello al Massachusetts Institute of Technology - Mit Boston)

Pesa circa un chilo e duecento grammi, rappresenta il 2% del peso corporeo ma per funzionare ha bisogno del 20% dell’energia prodotta quotidianamente. E questo per riuscire a generare quei 70mila pensieri al giorno che costituiscono la nostra esistenza.

Il cervello è una immensa e straordinaria orchestra di centinaia di elementi con un repertorio pressoché infinito che ancora non conosciamo completamente data la sua vastità. Basti pensare che in un millimetro cubo di corteccia si trovano oltre 100mila neuroni e assoni per una lunghezza pari a 4 km. Le scoperte viaggiano ad alta velocità e di alcune si è parlato al Forum delle Neuroscienze che si è tenuto a Roma nelle scorse settimane.

Solo pochi giorni fa un team di neuroscienziati del Baylor College of Medicine di Houston ha annunciato la scoperta di sei nuovi tipi di cellule cerebrali, interneuroni (neuroni che hanno il compito di stabilire ponti di comunicazione tra loro) individuati nella corteccia visuale di un gruppo di ratti che non erano mai stati osservati o descritti prima e che è valsa loro la pubblicazione sulle prestigiose pagine di Science.

Quanto ne sappiamo del cervello?
Stanno lavorando alla risposta gli esperti americani del più ambizioso progetto di mappatura del cervello umano voluto dal presidente Obama, il Bam (The Brain Activity Map project) inaugurato nel 2013 con un budget di 300 milioni di dollari solo nel 2015: nonostante sappiamo molto a livello cellulare e molecolare ma siamo sostanzialmente ignoranti sulle proprietà dei circuiti che fanno funzionare questo enorme meccanismo. Stiamo parlando di milioni di cellule che formano tra loro miliardi di connessioni contemporaneamente. Il progetto quindi sta studiando il funzionamento complessivo dell’organo e per farlo stiamo guardando con interesse all’uso delle nanotecnologie.

Le sfide più ambiziose
Il cervello non crea solo nuove connessioni durante l’apprendimento ma si rigenera con nuove cellule, anche se in modo molto modesto. Sfide sempre più ambiziose se pensiamo che solo di recente si è scoperto che non solo imparare una lingua o cimentarsi in un compito nuovo forma nuove connessioni tra i neuroni. Un’evoluzione di quel concetto di plasticità che ha rivoluzionato la concezione del cervello come un organo fisso e immutabile e non come una struttura in continua evoluzione. Grande impulso è stato impresso dalle moderne tecniche di imaging cerebrale e molecolare: gli scienziati oggi possono assistere alla creazione di nuove connessioni tra neuroni in diretta, ad esempio stimolando pazienti con traumi cerebrali ad apprendere compiti che stabilscono nuovi percorsi che aggirano le aree danneggiate. Sempre negli ultimissimi anni il ruolo del sonno e una sua inedita, fondamentale funzione, quella di efficiente “spazzino” di tossine, proteine e materiali di scarto come i metaboliti. Strutture che devono essere riciclate dalle cellule in mancanza di un collegamento con il sistema linfatico dell’organismo. È stato individuato quindi un sistema “glinfatico” composto da una rete di canali che trasportano fuori dal cervello le sostanze di scarto, ad esempio quelle proteine beta-amiloidi imputate nella malattia di Alzheimer. In uno studio su modello animale si è osservato che la funzione di rimozione degli scarti funziona ad una velocità doppia durante il riposo e che se il sonno è disturbato il meccanismo è meno efficace, causando un eccesso di materiale di scarto sotto la lente di ingrandimento perché fortemente sospettato di avere un ruolo nella patogenesi di alcune malattie degenerative. Sempre grazie alle tecniche di imaging è possibile individuare i segni della malattia di Alzheimer circa 15 anni prima che si manifestino i primi sintomi.

Il sesso del cervello
È noto che uomini e donne abbiano comportamenti e modelli di pensiero diversi: gli uomini connessioni più forti nelle aree dei compiti esecutivi e dell’azione e le donne più abili nel ragionamento analitico e l’intuizione. Differenze imputabili, ca va sans dire, agli ormoni femminili, quegli estrogeni che lungi dall’essere implicati solo nella riproduzione influiscono sul cervello modulando capacità cognitive, apprendimento, risposte emotive e reazioni ai farmaci, il che apre una nuova forma di “neuroscienze di genere” che permetterà di migliorare diagnosi e trattamenti per ciascun sesso.


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