Medicina e ricerca

È difficile nascere oggi in Italia

di Mario De Curtis (Ordinario di Pediatria Università di Roma La Sapienza - mario.decurtis@uniroma1.it)

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In Italia i tassi di mortalità infantile sono tra i più bassi del mondo, ma alcuni recenti cambiamenti epidemiologici e la crisi economica stanno mettendo a serio rischio questo primato.
Nel corso degli ultimi anni in Italia si è avuta una significativa diminuzione della nascite. Nel 2015 i dati Istat indicano in 488mila il numero dei nati. Rispetto al 2008, anno di inizio della crisi economica, si è osservata un decremento della natalità di circa il 15% (-88.000 nati), col quale si è raggiunto il minimo storico dall’Unità d’Italia. Per la prima volta si sta notando anche una lieve flessione del numero di figli di genitori stranieri che rappresentano complessivamente il 15% di tutti i nati.
Contemporaneamente si è verificato un aumento dell’età delle donne al parto. Tra i 28 paesi dell'Europa l'Italia, insieme alla Spagna, è il paese in cui l'età delle donne al parto è più elevata (32,7 anni). Questi aspetti vanno ricondotti a vari fattori. Senza dubbio spiegano molto bene questo fenomeno gli elevati indici di disoccupazione giovanile (39,3% a gennaio 2016-ISTAT), soprattutto tra le donne nelle regioni meridionali, e la mancanza di interventi a favore della famiglia.
La riduzione della fertilità osservata negli ultimi anni, che ha raggiunto nel 2015 valori di 1,35 figli per donna (ISTAT), non è dovuta a problemi di salute o al mancato desiderio di maternità, ma soprattutto alla difficoltà di realizzarla. In altri paesi europei come la Francia, il Regno Unito e i paesi scandinavi, dove sono presenti norme legislative in favore della famiglia, l'indice di fertilità è superiore a 2, cioè nascono più di due figli per donna.
Oggi più di un terzo delle donne partorisce a un'età superiore a 35 anni e ben il 9% ad un età uguale o maggiore di 40. Questa popolazione è a maggiore rischio di sviluppare complicanze ostetriche e, ugualmente, i loro bambini sono più esposti a malattie che possono essere presenti alla nascita.
Inoltre quando le donne decidono di avere un figlio in età avanzata (per definizione maggiore di 35 anni), è più elevato il rischio di avere una gravidanza multipla. Analogamente il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita per combattere l'infertilità, sempre più frequente con l'aumento dell'età, ha determinato un aumento del numero dei gemelli. Va tenuto ben presente che le gravidanze multiple non sono gravidanze semplici. Rispetto alle singole si associano più spesso a complicanze materne come ipertensione, patologie placentari, emorragie, presentazioni anomale, prematura rottura delle membrane amniotiche, e parto pretermine. Più della metà di tutti i gemelli, infatti, nascono prematuri (prima di 37 settimane di età gestazionale) ed il rischio per i gemelli di nascere con un peso alla nascita inferiore a 1500 grammi è da 8 a 10 volte superiore rispetto ai nati da parto singolo. I neonati prematuri possono andare incontro a complicanze, tanto più frequenti e gravi quanto più precocemente avviene il parto, legate all'immaturità dei vari organi non ancora pronti ad affrontare la vita extrauterina. Gli effetti negativi di queste situazioni cliniche possono persistere al di là del primo periodo neonatale e continuare anche nell'età adolescenziale ed adulta.
La percentuale di taglio cesareo nelle donne che partoriscono a un'età superiore a 35 anni e soprattutto nelle gravidanze multiple è molto più elevato rispetto ai valori già alti osservati in Italia nella popolazione generale (35% dei parti).
Secondo i dati pubblicati relativi al 2013 (dai certificati di assistenza al parto) sui 526 punti nascita ben 139 hanno avuto meno di 500 parti ogni anno. Queste strutture, dove sono nati circa 40.000 neonati (8% di tutti i nati italiani), spesso sono sprovviste di attrezzature e personale esperto in grado di affrontare situazioni di emergenza che possono interessare la madre o il neonato. Nonostante le indicazioni proposte dalle Società di Neonatologia e Pediatria le amministrazioni regionali non sono state in grado, sotto la spinta di interessi campanilistici, di accorpare tra loro queste piccole strutture ospedaliere.
La situazione si è ultimamente complicata con l'attuale situazione economica che sta minando l'assistenza ospedaliera materno infantile soprattutto delle regioni centro meridionali, nelle quali ormai da molti anni è in vigore un piano di rientro dal deficit economico e dove si è assistito ad una riduzione dei finanziamenti per la sanità.
L'impossibilità di sostituire il personale sanitario che è andato in pensione, sta mettendo in crisi tutti i reparti di emergenza ed in particolare i reparti di Terapia intensiva neonatale. La recente introduzione della legge europea, inoltre, che impedisce al personale sanitario di lavorare continuativamente più di 12 ore e 50 minuti, pur essendo giusta nel principio, sta aggravando una situazione già di per sé critica. Molti ospedali, anche della capitale, hanno difficoltà a coprire addirittura i turni di guardia. La situazione è ancora più singolare in alcune regioni come il Lazio dove le strutture pubbliche non possono assumere il personale, mentre le strutture private accreditate possono farlo. Tutte queste nuove normative stanno compromettendo le basi del servizio sanitario pubblico fondato sul principio di universalità e equità in base al quale tutti i soggetti, e quindi anche i neonati, dovrebbero ricevere la stessa assistenza. Purtroppo oggi l'assistenza sanitaria in Italia varia a seconda della regione nella quale si ha la fortuna o la sfortuna di nascere e di vivere.
Un esempio paradigmatico è lo screening neonatale metabolico “allargato”, in grado di diagnosticare e curare precocemente più di 40 patologie rare, molte delle quali disabilitanti. Oggi tale screening è effettuato solo in poche regioni e nella città di Roma viene addirittura eseguito solo sulla metà dei nati. Altre importanti differenze tra le varie regioni riguardano il calendario vaccinale, l'assegnazione di un pediatra di riferimento ai bambini figli di genitori stranieri in condizioni di irregolarità giuridica e l'accesso alle cure palliative. Tutte queste situazioni, differenti nelle varie regioni ed espressione di profonde diseguaglianze, possono compromettere il futuro di tanti bambini. La loro cura dalla nascita, o meglio ancora dal concepimento, rappresenta il più importante intervento di medicina preventiva che sicuramente potrebbe determinare una diminuzione delle patologie con vantaggi per l'intera popolazione e, da un punto di vista economico, anche per il servizio sanitario nazionale.


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