Medicina e ricerca

Attività fisica decisiva contro il tumore del seno, i risultati dello studio della Fondazione Pascale

La risposta chemioterapica nel trattamento del tumore del seno è anche una questione di peso. Un recente studio pubblicato sulla rivista internazionale Cancer Biology & Therapy, condotto dalla Fondazione Pascale di Napoli, in collaborazione con la Temple University di Philadelphia, che ha coinvolto all'incirca un centinaio di donne giovani, con età media o inferiore ai 45 anni, ha attestato – in conformità con ricerche precedenti – che l'indice di massa corporea è un importante indicatore prognostico e predittivo, a breve e lungo termine, dell'efficacia di una chemioterapia neoadiuvante, effettuata cioè prima della chirurgia. Ovvero pazienti normopeso avrebbero probabilità di ottenere benefici terapeutici maggiorati anche del 22% rispetto a donne in sovrappeso o obese. Questo studio conferma, nelle donne giovani in chemioterapia preoperatoria, che per le donne con tumore del seno è fondamentale, più di altre, mantenere uno stato di forma fisica. A tal fine, diventa importantissimo correggere e/o cambiare il proprio stile di vita: prevedendo una dieta sana, ma soprattutto molto movimento, regolare e costante. Pari cioè ad almeno 30 minuti di attività fisica per almeno due-tre volte alla settimana, meglio ancora se affiancati da uno stile di vita ‘attivo' che preveda, quando possibile, la rinuncia all'uso di ascensori e scale mobili a favore di scale a piedi e la riduzione del trasporto a motore a favore degli spostamenti a piedi o in bicicletta. Infatti, gli effetti dell'attività fisica, praticata durante e dopo un tumore del seno, influenzerebbero positivamente il rischio di ricadute del tumore (recidive) e di mortalità; ridurrebbero gli effetti collaterali delle terapie (sia la chemioterapia che la terapia ormonale) e tutelerebbero anche la stabilità psicologica, mettendo cioè la donna in terapia più al riparo dal rischio di episodi depressivi, e cognitiva. È dimostrato, infatti, che alcuni trattamenti come la chemioterapia o la terapia ormonale, in una minoranza di donne, possono danneggiare parzialmente le capacità di attenzione, memoria e di eloquio. L'attività fisica, fungendo da scudo con una azione protettiva sull'ippocampo, l'area cerebrale responsabile delle funzionalità cognitive, ne favorirebbe lo sviluppo, a vantaggio di un generale benessere mentale e psicologico per la donna.
«L'attività fisica – dichiara Michelino De Laurentiis, direttore della Divisione di Oncologia Medica Senologica della Fondazione Pascale di Napoli – è uno strumento tra i più ‘efficaci' e con funzionalità terapeutiche nel trattamento del tumore del seno. Un nostro recente studio, portato avanti nell'ambito del progetto ‘Underforty' coordinato da Massimiliano D'Aiuto, ha coinvolto un gruppo di donne giovani affette da tumore, tutte sotto i 45 anni e sottoposte a chemioterapia pre-operatoria, ha dimostrato che quelle 'in forma' avevano una migliore risposta alla chemioterapia, con benefici maggiorati anche del 22% rispetto a condizioni di sovrappeso e obesità. L'indicazione per tutte le donne è dunque di praticare regolare attività fisica, aggiungendo alla classica camminata quotidiana anche un impegno ulteriore in palestra, in piscina, della corsa, del ballo o qualsiasi attività sportiva di proprio gradimento: attività che vanno praticate almeno due volte a settimana come raccomandato da tutti i maggiori organismi internazionali sia prima, quale fattore preventivo, sia durante che dopo un tumore al seno».

Praticato prima, lo sport mantiene in salute. Rafforza il sistema immunitario, evita di andare incontro a obesità e sindrome metabolica, due ben noti fattori che favoriscono lo sviluppo di cancro oltre che di altre malattie quali il diabete o le malattie cardiovascolari. Ma altrettanto importante è lo sport condotto regolarmente durante tutte le fasi di malattia. «Esistono studi - aggiunge il professore Michelino De Laurentiis- che dimostrano che donne in terapia per tumore del seno che continuano l'attività fisica o la implementano, ottengono sensibili benefici in termini di riduzione di effetti collaterali, migliore capacità di sopportare i trattamenti, riuscendo a mantenere una buona qualità di vita anche in caso di trattamenti importanti e aggressivi».
Nel dopo, l'attività fisica riveste un ruolo, se possibile, ancora più importante, invece in questa fase di malattia, è quasi sempre trascurata o poco praticata: «Una metanalisi, cioè un riesame di una serie di studi sull'argomento – conclude De Laurentiis - che ha coinvolto oltre 120 mila donne, ha dimostrato che la pratica fisica costante, pari ad almeno due volte a settimana, riduce il rischio di recidiva e/o di mortalità, con una efficacia paragonabile all'azione di una chemio, di una ormonoterapia o anche di una terapia con i più recenti farmaci biologici. I benefici dell'attività fisica sono significativi anche per lo stato psicologico, con una diminuzione degli episodi depressivi, ma soprattutto per la conservazione, se non il miglioramento, delle capacità cognitive. È noto infatti che alcuni trattamenti, come la chemio o la terapia ormonale, in un limitato numero di donne possono impattare sull'attenzione, memoria e capacità di eloquio. Diversi studi dimostrano che l'attività fisica svolge una azione positiva su determinate aree del cervello, sull'ippocampo in particolare, preposto a queste funzionalità cognitive, sviluppandone le potenzialità e favorendo l'incremento delle dimensioni dell'area stessa».
In conclusione, fondamentale è il controllo del peso attraverso una dieta corretta e una regolare e costante attività fisica, quale fattore preventivo contro obesità e sovrappeso; migliorativo per l'efficacia chemioterapica; protettivo per ricadute di malattia e il danneggiamento delle facoltà cognitive e, non ultimo, migliorativo anche del tono dell'umore.


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