Medicina e ricerca

40 anni dal disastro diossina di Seveso: così nacque l’oncologia del territorio

di Alberto Vannelli (presidente Erone onlus, responsabile UOS Chirurgia oncologica ospedale Valduce Como)

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La diossina è diventata negli anni, più di ogni altra sostanza, il punto di contatto o forse meglio dire contrasto fra oncologia e territorio. Questione a me cara in quanto, avendo lavorato per oltre un decennio presso l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, mi sono più volte occupato di correlazioni tra fattori ambientali e tumore, inoltre la mia associazione, ha come elemento fondante il rapporto tra oncologia e territorio. Per il 40 anniversario del disastro di Seveso, mi è stato chiesto di partecipare ad un incontro in occasione della mostra che si svolge in questi giorni nelle sale di Villa Calvi di Cantù dal titolo: “BIANCO”. Titolo dell'argomento: il ruolo della diossina come agente tumorale. Rileggendo i dati di letteratura, ho scoperto con stupore quanto l'argomento fosse segnato da un pregiudizio ideologico. La ragione: la vicinanza agli eventi e il disagio che il ricordo riporta alla mente. Come sempre esistono due modi per affrontare un problema: uno ideologico e uno basato sui fatti. Io ho preferito partire dal secondo. Il tema della diossina ha rappresentato per molti anni e ancora oggi tiene banco, una lunga diatriba sul reale rapporto tra sostanze chimiche e agenti cancerogeni. L'attenzione negli anni successivi al disastro, è stata volutamente indirizzata sull'ipotetica azione cancerogena della nube di diossina fuoriuscita dal reparto 'B‘ dello stabilimento ICMESA, di Meda, alle 12:37 del 10 luglio 1976.

Le conoscenze acquisite negli anni dalla comunità scientifica, sul ruolo e sui rischi derivanti dal contatto con la diossina, precedevano di molto, la data del disastro, eppure poco o nulla si sapeva sulla correlazione diretta tra esposizione e insorgenza di tumore. Alcuni giornali scientifici, come “The Lancet”, pubblicarono scritti a favore della tesi dell'innocuità della diossina; in Svizzera nessun quotidiano parlò mai di disastro; il Prof Lorenzo Tomatis, all'epoca direttore del massimo ente comunitario di ricerca sul cancro, lo IARC di Lione, invitò a smetterla di denigrare la Hoffmann-La Roche: società amministratrice dell'ICMESA. Basterebbe questo a capire l'errore fondamentale della discussione.
Le diossine sono il sottoprodotto di numerosi processi di produzione, utilizzazione e smaltimento del cloro e dei suoi derivati. La più famosa e tossica, è la tetraclorodibenzo-p-diossina, abbreviata con la sigla TCDD e usata per la fabbricazione di alcuni erbicidi e di un agente antibatterico (quella trovata all'ICMESA). Esistono però anche diossine naturali: ad esempio il repellente prodotto dalla spugna di mare, così come alcuni metaboliti fungini dell'attività di degradazione nel terreno della lignina, entrambi ad attività antimicotica. Delle otre 200 diossine, solo 17 sono altamente tossiche per l'uomo. Quindi anche le diossine prodotte dalle combustioni industriali, sono sempre stata tra noi. Il dubbio però sorge nei casi di esposizione acuta e prolungata. Nell'uomo può essere assunta per inalazione e per via alimentare. L'organo bersaglio è il fegato, il segnale di una forte esposizione, soprattutto per via inalatoria, è la cloracne, una particolare eruzione cutanea (il primo sintomo a Seveso). Queste diossine sono pericolose perché, per la loro stabilità chimica, rimangono a lungo nell'organismo, depositandosi nei tessuti adiposi, dove c'è un'irrorazione del sangue limitata. L'esposizione dell'uomo che avviene quasi esclusivamente attraverso l'assunzione di cibo, interessa soprattutto carne, pesce e latticini; si legano facilmente al materiale organico presente nel terreno e sono necessari mesi, perfino anni, prima che vengano degradate. Si aggiunga che nei casi di esposizione a concentrazioni elevate, per esempio per lavoro, le diossine hanno dimostrato la capacità di ridurre: fertilità, sviluppo e difese immunitarie. Veniamo all'argomento più insidioso: il potenziale cancerogeno. Studi eseguiti su cavie hanno dimostrato che la TCDD può essere cancerogena. Non può essere considerata un cancerogeno completo, poiché svolge un'attività di promotrice tramite l'induzione di moltiplicazione cellulare e l'inibizione dell'apoptosi (morte cellulare programmata), mediata dall'interazione con il recettore endocellulare AHR (Aryl Hydrocarbon Receptor). Per questo motivo è stata inserita dallo IARC tre le sostanze ad azione cancerogena di classe B1 “Probabile carcinogena per l'uomo in base ad informazioni limitate provenienti da studi sull'uomo e sugli animali”. Nell'uomo, infatti correla con sarcoma dei tessuti molli, linfoma Hodgkin e non-Hodgkin, tumori tiroidei e polmonari, mesoteliomi. In particolare, a Seveso, la ricerca di Zack & Gaffey del 1983 che non correlava l'esposizione ai tumori, si è rivelata basata su dati epidemiologici forniti dalla multinazionale chimica Monsanto, risultati poi manipolati ad arte. Nel periodo 1976-2001 non c'è stato un aumento significativo della mortalità nelle aree colpite, eppure dopo il disastro c'è stato un incremento di tumori del sistema linfoemopoietico e alla mammella. Questo perché il processo di formazione di un tumore chimico è multi-step: si sviluppa in un arco temporale più lungo, ed è frutto del verificarsi di una serie di concause. Eppure non tutto il male vene per nuocere: dal disastro di Seveso con la fuoriuscita di diossina, i ricercatori sono riusciti a scoprire un recettore che, se toccato in modo giusto dalle componenti di frutta e verdura, è fondamentale per far maturare il nostro sistema immunitario e proteggerci quindi dal cancro. In conclusione cosa resta di quel tragico sabato mattina? La consapevolezza che non si trattò di un incidente ma di un mix tra silenzio colpevole di un'azienda, ignoranza ed impreparazione delle amministrazioni e distrazione da parte della popolazione. Da questo insegnamento nacque di un comune senso di tutela dell'ambiente contro i tumori, che spinse la comunità economica europea a dotarsi di una politica comune in materia di prevenzione dei grandi rischi industriali a partire già dal 1982. Grazie a questo percorso è stato possibile attivare ad esempio il sistema di allerta rapida sulla catena alimentare dopo che le autorità irlandesi hanno deciso di ritirare tutti i prodotti a base di carne di maiale di animali allevati in Irlanda in seguito alla scoperta che in alcuni campioni di queste carni era stata rilevata una presenza di diossina 100 volte superiore ai livelli massimi consentiti dalle normative europee. Solo considerando Seveso sotto questo aspetto potremmo comprendere il senso umano della tragedia e prevenire ulteriori episodi. Come diceva Manzoni: il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune.


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