Medicina e ricerca

Sisma/ I cardiologi: stress non curato mette a grave rischio il cuore di soggetti sani

Alle morti, ai feriti più o meno gravi, alla perdita dei beni materiali e del senso di sicurezza, disastri ambientali come i terremoti che periodicamente interessano l'Italia, si aggiungono danni più subdoli e troppo poco presi in considerazione.
Ci sono infatti effetti sulla salute anche a lungo termine che vengono poco considerati quando l’emergenza richiede nervi saldi per salvare se stessi e il maggior numero di vite umane. Una emergenza che diventa sopravvivenza prima e bisogno di tornare il prima possibile alla normalità, quando possibile.
Ma gli specialisti in Cardiologia, riuniti dal 27 al 31 agosto alla Fiera di Roma per il Congresso Europeo Esc lanciano l'allarme: curare le ferite fisiche ma anche gli aspetti psicologici, in un vero percorso di recupero che scongiuri il rischio di sviluppare stati di stress cronico che è noto avere effetti sulla salute cardiaca.
«Fenomeno che si verifica anche in soggetti precedentemente sani» avverte Leonardo Bolognese, direttore Cardiologia ospedale di Arezzo, «se è immediata la correlazione con sintomi psichici come ansia, depressione e disturbi post-traumatici, attacchi di panico, insonnia, cefalea è intuitiva: uno studio della Cornell University ha evidenziato alterazioni delle aree cerebrali deputate alla paura nelle vittime rispetto ai soggetti non esposti».

Stress killer
Ma è sempre più chiaro che uno stress acuto non adeguatamente trattato ha effetti sulla salute cardiaca. In sostanza il primo effetto dello stress è l'attivazione di un “sistema di allarme” che se rimane sempre acceso ha come conseguenza la secrezione di alcuni ormoni (adrenalina, noradrenalina, e glucocorticoidi) e l'aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco. Se questo stato prosegue per troppo tempo porta ad un inevitabile affaticamento del cuore e dei vasi. Successivamente i vasi tendono ad ispessirsi per resistere al continuo flusso ad alta velocità del sangue il cuore si stanca, producendo un ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro (uno dei più comuni ed importante marker clinici). Ma lo stress innesca anche una produzione eccessiva di globuli bianchi che “intasano” i vasi sanguigni.
«Un meccanismo complesso a cui si deve rispondere con politica di assistenza psicologico-sociale alle popolazioni colpite dal sisma per non rischiare tra 5-10 anni di assistere a un picco epidemiologico che potrebbe interessare il 15% della popolazione privi di una storia di malattie cardiovascolari anche in pazienti altrimenti sani» aggiunge Michele Gulizia, direttore Cardiologia Ospedale Garibaldi di Catania «Da non sottovalutare anche l'esposizione acuta e per molte settimane a polveri e particelle ultra fini, macerie, amianto, diossina, metalli pesanti come piombo e residui di lampadine e strumenti elettrici, che possono causare problemi respiratori, tosse, secchezza delle mucose. Fenomeni che a seconda dell'ampiezza delle aree interessate da crolli possono essere sovrapponibili a quella che fu chiamata “Sindrome di Ground Zero” e interessò centinaia di abitanti e soccorritori esposti alle macerie e ai fumi, che, venne calcolato, contenevano detriti in cui erano presenti oltre 2.500 contaminanti tossici, che colpì occhi e apparato respiratorio in primis ma che dopo anni dopo furono collegati anche ad alcuni casi di tumore, nei soggetti esposti alle fasi di pulitura delle macerie nei mesi successivi».


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