Medicina e ricerca

Settimana del cervello/ Casi di Ictus finalmente in calo: negli ultimi 20 anni -29%. Ricette e strategie

di Elio Agostini (direttore della Struttura complessa Neurologiae Stroke unit del Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano)

L’ictus cerebrale rappresenta un rilevante problema di salute pubblica, è la prima causa di disabilità, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte nel mondo industrializzato. In Italia vi sono circa 200.000 nuovi ictus ogni anno e circa 1.000.000 di persone vivono con esiti invalidanti della malattia. Gli studi epidemiologici hanno individuato molteplici fattori che aumentano il rischio di ictus. Alcuni di questi fattori non possono essere modificati, principalmente l’età, ma costituiscono tuttavia importanti indicatori per definire le classi di rischio. Altri fattori sono modificabili con strategie non farmacologiche o farmacologiche. Il loro riconoscimento costituisce la base della prevenzione sia primaria sia secondaria dell’ictus. La prevenzione è un insieme di attività, azioni ed interventi attuati con il fine prioritario di promuovere e conservare lo stato di salute ed evitare l’insorgenza di malattie.

Dati recenti sulla popolazione italiana indicano che negli ultimi vent’anni l’incidenza di primi ictus, sia ischemico che emorragico, è diminuita del 29 per cento. Tale riduzione è stata osservata nonostante un indice di invecchiamento della popolazione con età superiore ai 75 anni pari al 33 per cento. La riduzione dell’incidenza interessa in particolare gli ictus disabilitanti e fatali. La percentuale di mortalità a trenta giorni è invece rimasta la stessa. È plausibile comunque attribuire questa riduzione all’aumento e al miglioramento delle strategie preventive, a un miglior controllo dei fattori di rischio vascolare e al ruolo della chirurgia vascolare, anche per il considerevole numero di interventi chirurgici eseguiti per stenosi della carotide (dal 17,2% è passata al 17,8 per cento).

Prevenire è meglio che curare
Le strategie di prevenzione dell’ictus sono più efficaci se vengono attuate quando l’ictus non si è ancora manifestato ossia in soggetti “che stanno bene”. È consigliabile effettuare periodiche visite presso il proprio medico di base che provvederà a verificare il vostro profilo di rischio vascolare.

Smettere di fumare riduce il rischio di ictus.

Praticare quotidianamente attività fisica moderata, ad esempio camminare con passo spedito per 30 minuti al giorno per la maggior parte dei giorni della settimana.

Evitare l’aumento ponderale con misure dietetiche ed attività fisica. Nei soggetti in sovrappeso la riduzione del peso corporeo ha effetti positivi sulla pressione arteriosa, sul diabete e sui grassi nel sangue.

Evitare un eccessiva assunzione di alcol. L’assunzione di modiche quantità di alcol può esercitare un effetto addirittura protettivo per le malattie vascolari e l’Ictus.

Ridurre il consumo di grassi e condimenti di origine animale, aumentare il consumo di pesce quale fonte di grassi polinsaturi, aumentare il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e legumi quale fonte di vitamine e antiossidanti.

Viene consigliato di limitare la assunzione di sale nella dieta a meno di 6 grammi. Tale obiettivo si raggiunge evitando cibi ad alto contenuto di sale e non aggiungendo sale a tavola. La raccomandazione è ancora più importante per i soggetti con ipertensione arteriosa.

Nei soggetti con ipertensione arteriosa, qualora le modificazioni alimentari e dello stile di vita non siano sufficienti, è indicato il ricorso ai farmaci antipertensivi. I valori consigliati sono inferiori a 140/90 mmHge di 130/80 mmHg nei diabetici.

Eseguire periodici controlli della glicemia per diagnosticare precocemente la presenza di diabete. Nei diabetici la riduzione del peso corporeo, le modificazioni dello stile di vita ed il controllo degli altri fattori di rischio devono essere particolarmente accurati.

Per prevenire l’ictus nei soggetti con fibrillazione atriale è indicata l’assunzione di farmaci anticoagulanti nei pazienti di età superiore ai 65 anni e in quelli che hanno già avuto un ictus ischemico cerebrale.

L’ efficacia dell’interventistica endovascolare per limitare i danni dello stroke
Lo scopo principale nella cura dell’ictus ischemico acuto è la ricanalizzazione arteriosa e la riperfusione dell’area cerebrale ischemica. La nuova frontiera terapeutica è la combinazione di trombolisi sistemica e trombectomia meccanica. Recenti trial clinici e metanalisi hanno dimostrato che il contributo del trattamento endovascolare in pazienti selezionati migliora l’outcome clinico in relazione alle maggiori probabilità di ricanalizzazione e di riperfusione. Questi risultati sono stati prontamente recepiti dalle linee guida internazionali che hanno provveduto a stilare nuove raccomandazioni per il trattamento dell’ictus acuto, in particolare attribuendo un livello di evidenza di grado A per la trombectomia meccanica in pazienti con occlusione dei vasi di grande calibro. Nonostante queste evidenze, la variabile tempo rimane ancora la limitazione più importante per l’applicazione di queste procedure terapeutiche. Recenti metanalisi dimostrano che il ritardo evitabile è il fattore chiave per ottenere il migliore beneficio da questi trattamenti. L’efficacia della terapia dipende dal tempo e qualifica l’ictus come un’emergenza tempo-dipendente. Nella comunità scientifica è diffuso, nell’ambito delle emergenze tempo dipendenti, il concetto di ritardo evitabile inteso come momento organizzativo alla base dell’esito clinico. Il recupero del ritardo evitabile si fonda sull’efficienza organizzativa. La differenziazione dei percorsi clinici del paziente con ictus acuto in relazione alle caratteristiche dei centri ospedalieri facilita le scelte del clinico e sottolinea l’importanza delle relazioni operative tra centri nella logica di rete. Le reti vengono costruite sulla base delle caratteristiche professionali, organizzative e tecnologiche degli ospedali con la identificazione di un centro clinico di secondo livello (ospedali Hub) e di diversi centri clinici di primo livello (ospedali Spoke). Il criterio per la costruzione operativa e geografica delle reti stroke è rappresentato dal tempo di percorrenza su ruota dei mezzi di soccorso. Viene identificato un limite temporale di 60 minuti. Se il tempo identificato è inferiore a 60 minuti il trasporto avviene a mezzo ambulanza. Se il tempo stimato è superiore a 60 minuti è indicato il trasporto in volo (elicottero). In questo secondo caso il centro Hub identificato può non essere il centro più vicino ma quello più disponibile ed organizzato. Il modello Hub e Spoke è sostenibile e ha dimostrato di essere efficace in base alla valutazione dell’ outcome clinico in termini di mortalità e disabilità; in altre parole l’outcome è sovrapponibile sia con l’attribuzione diretta del paziente con ictus acuto a un centro Hub per il trattamento combinato (trombolisi sistemica + trombectomia meccanica) sia con il trasporto secondario da un centro Spoke (trombolisi sistemica) al centro Hub (trombectomia meccanica) nonostante un intervallo temporale alla puntura arteriosa più lungo (comunque inferiore ai 60 minuti) per il paziente proveniente dal centro Spoke. Questo modello organizzativo sta dimostrando nel mondo reale buoni risultati sull’esito dei pazienti confermando i preliminari risultati dei trial clinici. L’esperienza clinico operativa in centro Hub come da Asst Grande ospedale metropolitano Niguarda, ha visto nel 2016 il triplicarsi dei casi trattati con la terapia combinata (trombo lisi sistemica e trombectomia meccanica). Nel 2016 sono stati trattati 140 pazienti. Circa la metà di questi pazienti provengono da altri ospedali (centri Spoke). Si conferma un buon esito clinico in termini di disabilità residua almeno nel 50% dei pazienti trattati e non vi è sostanziale differenza tra i pazienti afferiti direttamente al centro Hub e quelli provenienti dai centri Spoke. Questo dimostra la sostenibilità del modello Hub and spoke. La previsione per i prossimi anni è quella di un incremento del numero di casi trattati con la terapia combinata.


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