Medicina e ricerca

Intelligenza artificiale, la svolta cognitiva ci salverà

di Daniela Scaramuccia (Healthcare and life science director Ibm Italia)

Oggi il mondo della sanità può cogliere opportunità che molteplici innovazioni in ricerca e tecnologia stanno offrendo per trasformare la prevenzione, la cura e l’assistenza, rendendole sempre più tempestive, efficaci e personalizzate e soprattutto migliorare l’equità di accesso alle cure.

Anche in sanità, come negli altri settori, la digitalizzazione delle attività e dei dati sta trasformando il modo di lavorare dei professionisti e l’interazione con i pazienti. Non solo, l’utilizzo di dispositivi mobili e di app personalizzate consente di accedere tempestivamente ai dati rilevanti e di condividerli, ovunque. Macchinari sempre più avanzati permettono di intervenire con estrema precisione. Apparecchiature “wearable”, cioè indossabili, e nanotecnologie biomedicali consentono agli individui di controllare e registrare parametri vitali, prevenire disturbi o danni e intervenire prontamente se necessario. E ancora, la diffusione delle nuove tecniche di sequenziamento del genoma ha portato negli ultimi 10 anni a raddoppiare ogni 7 mesi i dati genetici prodotti giornalmente: la letteratura medica (tavola 1) ormai genera più di un articolo ogni 40 secondi, 75 trial clinici e 11 systematic review al giorno. E, a tutto ciò, va aggiunta l’accelerazione che ci si attende in generale dalle scienze “omiche” come la proteomica, la metabolomica o lo studio del microbioma.

L’importanza di mettere in rete le innovazioni
Tutte queste innovazioni prese singolarmente possono migliorare la conoscenza e la qualità della clinica, ma il valore dirompente deriva dalla loro integrazione. Infatti ognuna di loro origina per ogni individuo terabyte di dati (tavola 2), molto spesso non strutturati (linguaggio naturale, immagini, segnali), che se analizzati e arricchiti da altri di tipo esogeno (condizioni atmosferiche e ambientali, presenza di inquinanti, stili di vita...) possono consentire un miglioramento significativo nella capacità medica di correlare informazioni trasformandole in conoscenza e, di conseguenza, in efficaci opzioni di cura (tavola 3).

La chiave di tutto ciò diventa quindi la capacità di analisi di questa mole di dati complessi e per questo abbiamo a disposizione le tecniche più evolute dell’intelligenza artificiale. Protagonista di tanti libri e tanti film, oggi è una realtà passata dai laboratori di ricerca alla applicazione pratica e ubiquitaria, da conoscere e da capire correttamente.

Con intelligenza artificiale si intendono tutti quei sistemi, algoritmi ed approcci che simulano capacità percettive e cognitive classicamente appannaggio degli esseri viventi. Attraverso l’addestramento (machine learning) questi algoritmi riescono a raccogliere stimoli in input e imparano dai risultati e dalla loro interazione con l’uomo.

Noi preferiamo chiamarli “Sistemi cognitivi”, che sono in grado di apprendere, e suggerire ipotesi fino a interagire con l’essere umano nel modo a lui più naturale, il linguaggio - e definiamo «intelligenza aumentata» questa capacità di essere un prezioso supporto che affianca, valorizza e potenzia la facoltà di prendere decisioni corrette, tempestive e informate.

In campo sanitario, questi sistemi acquisiscono e analizzano documenti (cartelle cliniche, letteratura scientifica, basi dati), immagini, video e segnali da modalità diagnostiche. Interrogati, mettono in luce evidenze, situazioni ricorrenti, anomalie e correlazioni dando indicazioni che aiutano l’operatore sanitario a valutare e a prendere decisioni.

Le situazioni che vedono questi sistemi al lavoro al fianco di ricercatori e medici oggi sono davvero tante. Dai grandi progetti di ampio respiro per dare una svolta alla lotta contro il cancro, alle ricerche per identificare le cause delle malattie rare, fino all’interpretazione dei dati genomici e alle raccomandazioni di terapie personalizzate.

Salute: un esempio concreto
Nella diagnosi del cancro una delle fasi più cruciali è proprio l’analisi di un piccolissimo campione del tessuto. L’analisi viene effettuata con tecniche microscopiche e può richiedere ore di attenzione. Un’attività delicata e impegnativa che in una giornata può prevedere la visione di centinaia di immagini con potenziali problemi di affaticamento dell’operatore.

Oggi le nuove tecnologie di “image recognition” e “deep learning” aiutano i medici ad analizzare i tessuti, guidandoli verso caratteristiche sospette che il patologo con la sua esperienza saprà confermare o ignorare. Questo alleggerisce il carico di lavoro complessivo permettendo di focalizzarsi sulle caratteristiche significative e erogare diagnosi con un livello di qualità più omogeneo. E soprattutto questa trasformazione può consentire di migliorare in modo sensibile uno dei grandi problemi della Sanità del nostro tempo: l’equità di accesso.

Ovvero le nuove tecnologie consentono di mettere a disposizione di ogni medico, ovunque sia, e di conseguenza ad ogni paziente, la ricerca e le indicazioni terapeutiche più efficaci, oggi spesso disponibili solo nei centri più avanzati. Un’occasione unica da cogliere per ridurre la variabilità, caratteristica indesiderata anche di sistemi sanitari di eccellenza come il nostro.

È evidente che i sistemi cognitivi richiedano nuove competenze e nuovi modelli di lavoro. Ed è altrettanto evidente che le prospettive e le potenzialità siano enormi e oggi non è possibile immaginarne tutti i possibili ambiti e modalità di impiego. Le idee nascono proprio iniziando a lavorare “in vivo” con questi sistemi.

Gli orizzonti saranno solo quelli indicati e definiti dall’intelligenza umana e dai problemi che si sceglierà di affrontare. Per questo è fondamentale lavorare da subito, tutti insieme, professionisti, istituzioni, imprese, scuole e università, per costruire la conoscenza necessaria e quindi la fiducia attorno a queste straordinarie tecnologie


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