Medicina e ricerca

Congresso Ers 2017, Bpco: dialogo da migliorare tra medico e paziente

di Francesco Blasi (professore ordinario Malattie dell'apparato respiratorioUniversità degli Studi di Milano)

La percezione corretta della malattia potrà aiutare in futuro a gestire meglio i pazienti con Bpco. Aiuterà di più i pazienti, ma anche molti noi medici, specialisti e di famiglia.
Lo abbiamo sostenuto di recente al Congresso Ers 2017 a Milano, in cui abbiamo presentato uno studio inedito, realizzato con il supporto non condizionato di Menarini, e incentrato sull'importanza della comunicazione efficace medico-paziente per la gestione della Bpco.

La patologia è la Broncopneumopatia Cronica Ostruttutiva, classificata come la terza causa di morte al mondo entro il 2030. La Bpco è una malattia dell'apparato respiratorio caratterizzata da un'ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile a seconda della gravità. Solitamente progressiva e associata a uno stato di infiammazione cronica del tessuto polmonare. Purtroppo per la Bpco ancora non esiste una cura efficace che consenta di ripristinare la funzionalità respiratoria perduta.

Il nostro studio, pubblicato lo scorso luglio sull'International Journal of Copd (Chronic Obstructive Pulmonary Disease), fa luce sulla mancanza di una comunicazione efficace e bidirezionale che spesso impatta sulle condizioni di salute dei pazienti. Vuoi per la difficoltà di ammettere di essere malati, vuoi per una mera differenza di terminologia e linguaggio, in 9 casi su 10, il paziente con Bpco non comunica al medico quella che è la sua reale condizione. Del team di ricerca hanno fatto parte con il sottoscritto anche Mina Gaga, Presidente Ers, Bartolome Celli, dell'Harvard Medical School di Boston, Dave Singh dell'Università di Manchester, Claus Vogelmeier della Philipps-Universität di Marburg e Alvar Agustí dell'Università di Barcelona.

La survey è stata condotta su circa 1.000 persone (1/3 medici, 1/3 pazienti, 1/3 specialisti in pneumologia) in tre paesi europei, Italia, Spagna e Germania, con età media dei pazienti tra i 55 e i 64 anni, di cui il 41% donne. Il 38% dei pazienti era fumatore nonostante la malattia e il 28% presentava una forma severa della patologia. Come ricercatori abbiamo analizzato il rapporto tra la percezione della patologia da parte del medico di famiglia, del paziente con Bpco e dello pneumologo attraverso questionari specchio (Mirror), ovvero indagando lo stesso ambito dai punti di vista diversi delle tre diverse figure. L'indagine aveva come obiettivo quello di individuare e comprendere, al fine di superarle, le differenti percezioni della patologia.

Spesso sottodiagnosticata, in tutto il mondo, secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la Bpco colpisce 210 milioni di persone al mondo, e ne causa la morte di circa 3 milioni ogni anno, soprattutto tra gli anziani e i fumatori (www.who.int/mediacentre/factsheets/fs315/en).

Dallo studio emerge che tra medici di medicina generale, specialisti e pazienti cambia la percezione dei problemi e delle ricadute sulla qualità della vita, in particolare con l'aggravarsi dei sintomi. Più le forme di Bpco peggiorano, meno i medici sono in grado di percepire il reale disagio per il malato. E le conseguenze ricadono sulla salute di quest'ultimo.

Dai dati, elaborati dalla QuintilesIms, risulta infatti che l'11% dei pazienti si dichiara “abbastanza franco” nel rapporto con i medici, ben l' 89% “generalmente non franco”, mentre nessuno (lo 0%) dichiara di essere “totalmente franco”. Su cosa non dicono tutta la verità i pazienti? Ad esempio, potrebbe esserci chi sostiene di aver smesso di fumare ma fuma ancora, chi afferma di svolgere continuativamente gli esercizi prescritti per mantenere attiva la muscolatura respiratoria ma invece soprassiede o, più semplicemente, chi non comunica il suo disagio o le difficoltà che affronta nella vita quotidiana. E la cosa ancora più grave è che questa realtà è molto sottostimata da parte di noi professionisti. I medici, infatti, sono molto più ottimisti: il 42% di quelli di medicina generale ritiene che i pazienti siano abbastanza franchi, il 53% ritiene che generalmente non lo siano e il 5% che siano totalmente franchi. Tra gli pneumologi la percentuale è rispettivamente del 49%, del 50% e dell'1%. Questo è indice di una verosimile mancanza di comunicazione efficace tra il medico e il paziente.

Grazie a questo studio, abbiamo potuto osservare quindi la presenza dei gap di comunicazione tra medici e pazienti sia per quanto riguarda la percezione e l'importanza dei sintomi sia per la franchezza nel loro rapporto. Probabilmente noi medici potremmo investigare maggiormente altri aspetti che impattano la vita del paziente al di là della sfera fisiopatologica, e d'altro canto i nostri pazienti dovrebbero fidarsi ed aprirsi maggiormente con i professionisti della salute.


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