Medicina e ricerca

Sclerosi laterale amiotrofica, allo studio nuovi approcci terapeutici farmacologici

di Adriano Chiò (responsabile del Centro Sla del Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino e Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino e Membro della Società Italiana di Neurologia - Sin)

La sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da progressiva degenerazione dei neuroni motori con conseguente perdita di forza a livello degli arti, dei muscoli respiratori e della deglutizione e fonazione. La Sla colpisce prevalentemente soggetti di età compresa fra i 50 e i 70 anni, con una lieve predominanza nel sesso maschile. Il decorso è fatale in circa 3-5 anni, anche se vi sono casi con durata anche superiore ai 10 anni. Attualmente il trattamento della Sla si basa principalmente su interventi multidisciplinari/multiprofessionali in centri specializzati. Da oltre 20 anni l'unica terapia farmacologica riconosciuta della SLA è il riluzolo, un farmaco che riduce la tossicità da glutammato ed è in grado di rallentare la velocità della malattia del 10-20% circa.

Con quest'unica eccezione, la ricerca di una terapia della Sla è stata infruttuosa, anche a causa della non completa conoscenza dei meccanismi patologici che determinano la comparsa della malattia. Tuttavia negli ultimi anni la conoscenza della biologia della Sla è nettamente aumentata, grazie in particolare allo sviluppo delle ricerche nel campo delle sue basi genetiche. Sono attualmente noti oltre 30 geni causativi, predisponenti o modificatori della Sla, che, in parallelo a ricerche sui modelli preclinici, hanno permesso di identificare diverse vie metaboliche e molecolari coinvolte nel processo neurodegenerativo. Non deve sorprendere, pertanto, che finalmente si stiano affacciando nuovi promettenti approcci terapeutici per questa terribile malattia.

E' assai recente la notizia che la Fda, agenzia regolatoria statunitense, ha approvato per la Sla il farmaco edaravone, che da circa un anno era già in commercio in Giappone e Sud Corea, sulla base di uno studio di Fase III che ha dimostrato che edaravone determina un rallentamento della progressione della Sla, misurato con la scala funzionale ALSFRSr, in un sottogruppo di pazienti con malattia di durata inferiore a 2 anni e con funzione respiratoria e motoria relativamente conservata. Si ritiene che questo farmaco agisca con un meccanismo antiossidativo, attraverso l'eliminazione dei radicali liberi. Nel luglio di quest'anno Aifa ha approvato edaravone per uso compassionevole secondo la legge 648/96, permettendo la prescrizione del farmaco a carico del Servizio Sanitario Nazionale in pazienti con SLA che rispettino specifici requisiti clinici, corrispondenti a quelli dello studio che ha portato all'approvazione in Giappone.

Si è in attesa dei risultati di uno studio di Fase III su un altro farmaco, tirasemtiv, che ha dato un risultato positivo nel trial di Fase II, soprattutto a livello del mantenimento della funzione respiratoria. Tirasemtiv attiva selettivamente il complesso troponinico delle fibre muscolari rapide, aumentando la forza muscolare e riducendo la fatica muscolare. Recentemente è stato completato con successo uno studio di Fase II di masitinib, un farmaco neuroprotettivo in grado di ridurre la neuroinfiammazione attraverso una regolazione della microglia. In base ai dati disponibili, masitinib ridurrebbe la velocità di progressione della SLA misurata con la scala funzionale ALSFRSr. E' ora in fase di avvio uno studio di fase III che si spera possa confermare i risultati dello studio di Fase II.
Approcci molto interessanti sono infine quelli relativi alle forme della malattia causate da mutazioni genetiche. Esistono oggi molte possibili modalità di intervento su alterazioni genetiche, quali l'uso di vettori virali, di RNA silenzianti o di anticorpi in grado di eliminare gli aggregati proteici patogeni. Attualmente, l'approccio più promettente nella SLA è quello degli oligonucleotidi antisenso (ASO), molecole in grado di inibire la traduzione dell'RNA messaggero in proteina e pertanto di bloccare la sintesi della proteina patogena. É già in corso uno studio di Fase I su un ASO specifico per il gene SOD1. Gli studi preclinici su questa molecola, sembra avere elevata sicurezza e tollerabilità, hanno fornito risultati molto incoraggianti. Nei prossimi mesi lo stesso approccio terapeutico sarà avviato per uno studio di Fase I per il trattamento dei pazienti con mutazione del gene C9orf72, che è il più comune gene della Sla nelle popolazioni caucasiche (6-10% di tutti i casi di Sla).


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