Medicina e ricerca

Giornata mondiale Alzheimer, insieme per combattere lo stigma

di Gabriella Salvini Porro ( presidente Federazione Alzheimer Italia)

La paura del diverso. Da sempre, è questo uno dei più grandi timori dell'uomo.
Alla base del problema c'è l'Ego, inteso non tanto come senso di semplice individualità, bensì come entità capace di generare l'Egoismo. La paura che l'uomo ha di venire privato di ciò che ha, o il desiderio di possedere sempre di più, è la matrice di tutti i conflitti, dai più macroscopici come le guerre ai più microscopici che comprendono ogni manifestazione di mancanza di rispetto verso il prossimo.
È nell'ambito di questo microcosmo dell'Egoismo che il malato di Alzheimer, e più in generale la persona con demenza, insieme con altre categorie appartenenti alle più disparate minoranze, si trova a dover sopravvivere oggi. Queste “sottocategorie” sono tali perché evidentemente non appartengono a quella maggioranza che ha affisso loro, per comodità ma soprattutto per ignoranza, un'etichetta. E proprio come per i prodotti del supermercato su cui esiste un'etichetta, in questo caso c'è un foglietto illustrativo non scritto ma universalmente riconosciuto da questa maggioranza: lo Stigma.
La persona con demenza non solo è penalizzata da questa deplorevole abitudine dell'uomo di stigmatizzare le minoranze; ad aggravare la situazione c'è una disinformazione ancora oggi significativa, per cui chi non ha avuto un'esperienza diretta a fianco di una persona con demenza aggiunge ignoranza all'ignoranza etichettando il malato di Alzheimer come malato di mente. Questo è intollerabile. I malati di Alzheimer sono persone con un'immensa dignità, come tutti i malati, che va non solo rispettata ma anche tutelata. Sono potenzialmente le nostre madri, i nostri padri, i nostri fratelli, e la loro storia coincide perfettamente con la nostra.
Combattere la disinformazione significa battersi contro l'attuale riprovevole e ingiustificata stigmatizzazione dei malati. Una nostra lotta in questo senso ha oggi maggior possibilità di migliorare la qualità di vita del malato di quanto non possano fare i farmaci attualmente esistenti.
“See the person, not the dementia” è il motto di John Sandblom, uno dei fondatori di DAI-Dementia Alliance International, l'associazione internazionale delle persone con demenza, che ho avuto recentemente l'occasione di conoscere all'incontro pubblico “Dall'assistenza all'inclusione: come superare lo stigma della demenza” che abbiamo organizzato a Milano due giorni fa per celebrare l'odierna Giornata Mondiale Alzheimer. A John è stata diagnosticata la malattia di Alzheimer dieci anni fa e la sua testimonianza è stata intensa e preziosa, perché ha permesso di dar voce a tutte le persone con demenza, affinché possano, insieme ai loro familiari, essere incluse nella loro comunità, senza pregiudizi né isolamento.
È difficile estirpare lo stigma e sradicare certi comportamenti, ma il nostro compito è di agire ogni giorno perseguendo questo obiettivo. In questo senso, tra le varie attività che abbiamo messo recentemente in campo, c'è la diffusione anche in Italia del modello anglosassone delle Dementia Friendly Communities, messo a punto da Alzheimer's Society, che ha scelto la Federazione Alzheimer come interlocutore unico per l'Italia.
A un anno dal lancio del progetto pilota ad Abbiategrasso, sono attualmente sette le città italiane (Giovinazzo, Val Pellice, Conegliano, Scanzorosciate, Albino, Tradate) che hanno aderito al modello proposto e che muovono insieme a noi i passi per diventare “Comunità Amiche delle persone con demenza”.
Ma cosa significa concretamente essere una “Comunità Amica delle persone con demenza”?
È una città dove tutta la popolazione, le istituzioni, le associazioni e le categorie professionali puntano a creare una rete di cittadini consapevoli che sappiano come rapportarsi alla persona con demenza per farla sentire a proprio agio nella sua comunità, migliorando quindi la sua qualità di vita.
È una città dove gli spazi, le iniziative, le relazioni sociali sono pienamente fruibili senza escludere né isolare le persone malate e coloro che vivono loro accanto.
È una città dove la parola d'ordine è inclusione, e dove lo stigma è lasciato fuori dalla porta.


© RIPRODUZIONE RISERVATA