Medicina e ricerca

Salute mentale, il fardello dello stigma che allontana la cura

di Bernardo Carpiniello (presidente della Società Italiana di Psichiatria)

La Giornata Mondiale della Salute Mentale è l'occasione per qualche riflessione a bassa voce su alcuni aspetti della sofferenza psichica, vista dal punto di vista di chi, come chi vi scrive, ogni giorno vive e in qualche mondo condivide il malessere di coloro che a lui si affidano per ragioni di cura, per ottenere una qualche forma di sollievo, il recupero di un benessere perso, talvolta il senso perduto della propria vita.

La sofferenza mentale è anche questo, per tante persone: perdita di senso, assenza di speranza, sensazione di impotenza di fronte ad un male impalpabile quanto tremendamente concreto nelle costrizioni e privazioni che affligge. Un male non raramente ineffabile, difficile da far comprendere agli altri, e certamente difficile da accettare e far accettare a chi ti sta attorno.

Perché la sofferenza mentale è purtroppo ancora oggi sinonimo di diversità, che rende chi ne è portatore, nella migliore delle ipotesi, una persona difficile da capire o da compatire, nella peggiore da temere e da evitare, nella sua presunta “differenza” dalle persone “normali”.

Ancora oggi chi vive il disagio mentale deve scontare il prezzo dell'ignoranza , dei pregiudizi, di infondati stereotipi, come quelli della pericolosità, della “debolezza caratteriale”, della irrazionalità ed altri, tanti altri che potremmo citare. Lo stigma, e la paura di esserne vittima, cioè di essere etichettato come un “malato mentale” è forse il fardello più pesante che colui che soffre di un disturbo psichico deve portarsi addosso. E che spesso, per non pagarne le conseguenze, per non essere considerato un “diverso” da cui stare lontani e da evitare, finisce per nascondersi, isolandosi dagli altri, in una solitudine mortale. E soprattutto, rinunciando alle cure. Troppe persone che oggi come oggi potrebbero efficacemente curarsi evitano di farlo o abbandonano prematuramente le terapie intraprese.

Molti sono convinti che tutto ciò riguardi solo le persone affette dai disturbi mentali gravi, come la schizofrenia, ma la realtà è un'altra, perché tantissimi fra coloro che soffrono di problemi molto comuni, come i disturbi depressivi o ansiosi, condividono gli stessi timori e subiscono silenziosamente gli stessi pregiudizi e discriminazioni.

Si dirà: ma queste cose non ci riguardano. L'Italia è un paese evoluto, è la culla della civiltà, questa è roba di altri tempi e di altri luoghi. Purtroppo non è così. Facciamo una riflessione, chiediamoci quante volte abbiamo considerato un amico molto ansioso come una persona insicura, che si allarma “per nulla “, un “immaturo” che “si crea” problemi “inesistenti”. Chiediamoci quante volte ci è capitato di considerare il collega di lavoro affetto da depressione, che trascorre mesi “in malattia”, come una persona che “ci marcia”, “uno che non ha voglia di far nulla”, uno “che ruba il posto a chi ha voglia di lavorare” e avremo la risposta.


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