Medicina e ricerca

Osteoporosi, prime linee guida Siot

di Giuseppe Sessa (presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT)

Per la prima volta una Società scientifica, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot), ha pubblicato sul “Journal of Orthopaedics and Traumatology” le proprie linee guida sull'osteoporosi e la prevenzione delle fratture da fragilità. Si tratta di un importante documento che sancisce una svolta nella gestione del paziente affetto da osteoporosi, prevedendo un ruolo centrale dell'ortopedico non solo nel momento in cui subentra una frattura, ma anche nella fase di prevenzione del primo evento fratturativo. Questo ha un significato chiaro: l'ortopedico vuole confrontarsi con un settore, quello della prevenzione delle fratture, applicando anche le conoscenze utili ad attivare i virtuosi schemi di prevenzione primaria e secondaria.
L'importanza di questo documento è stata riconosciuta anche a livello internazionale tanto che la International Osteoporosis Foundation (I.O.F) lo ha immediatamente adottato come “standard of excellence”. Questo traguardo si deve alla volontà mostrata negli anni dalla SIOT di fornire, sulla base di specifici livelli di evidenza e gradi di raccomandazione derivanti da pubblicazioni scientifiche, indicazioni pratiche per la gestione dell'osteoporosi e per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento delle fratture da fragilità. L'obiettivo della società scientifica italiana è quello di determinare un'inversione di tendenza rispetto ai preoccupanti dati OsMed pubblicati recentemente dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Secondo questi dati l'osteoporosi in Italia colpisce 5 milioni di persone. Si tratta di una vera e propria pandemia destinata ad aumentare nei prossimi anni per il progressivo aumento dell'età media della popolazione. Si prevede che nei prossimi 20 anni la prevalenza dell'osteoporosi aumenterà del 25%. Oltre all'impatto clinico che questa patologia comporta, non è da trascurare anche l'impatto economico. È stato stimato che in Italia il costo per il trattamento delle fratture da osteoporosi superi i 7 miliardi di euro all'anno, di cui “soltanto” 360.000 per la prevenzione farmacologica secondaria. Inoltre solo 1 paziente su 5 che soffre di osteoporosi è curato in modo adeguato e circa l'80% dei pazienti con frattura femorale o vertebrale causata dalla fragilità non ha né una diagnosi corretta né un adeguato trattamento farmacologico. Non solo, la situazione sembra critica anche per i dati inerenti all'aderenza alla terapia: dopo 1 anno solo il 50% dei pazienti segue le cure prescritte. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a causa dell'osteoporosi ogni 3 secondi si verifica una frattura di femore, polso o vertebre: in Italia, ogni anno, negli over 50 le fratture di femore sono più di 90mila mentre, per quelle vertebrali, nel 2010 si sono registrati più di 70 mila accessi al pronto soccorso. Considerando però che molte di esse non vengono diagnosticate, si ritiene che il loro numero complessivo possa essere almeno 10 volte superiore.
Le linee guida affrontano in maniera incisiva tutte queste criticità, concentrandosi sulla problematica della continuità terapeutica del paziente con fragilità ossea, proponendo l'istituzione di strutture e di percorsi terapeutici adeguati, con la dizione di “Fracture Units” o “Fracture Liaison Services”, in grado di seguire nel tempo il paziente per ridurne il rischio altissimo di frattura. Nelle auspicate Fracture Units il paziente avrebbe a disposizione ortopedici, geriatri, specialisti delle malattie metaboliche dell'osso, fisiatri ed altre figure specialistiche che, insieme, lo seguirebbero in un percorso mirato al cambiamento dello stile di vita (dieta equilibrata, esercizio fisico, esposizione al sole, uso di alcool controllato, abolizione dell'abitudine tabagica) e alla prescrizione dei farmaci più adeguati alle proprie specifiche esigenze, che sono sempre associati alla vitamina D, considerato l'elevato impatto epidemiologico che nel nostro Paese ha l'ipovitaminosi D. Proprio nel contesto della interdisciplinarietà necessaria per trattare al meglio questi pazienti, ne approfitto per ringraziare il contributo della Prof.ssa Brandi, presidente della Fondazione italiana per la ricerca sulle malattie dell'osso (Firmo) che ha coordinato il gruppo di lavoro della nostra Società che ha portato alla realizzazione di queste linee guida.
Si apre, dunque, una nuova fase per lo studio e la prevenzione della fragilità ossee, in cui nessuna figura è più indicata rispetto a quella dell'ortopedico, in quanto avrebbe la possibilità di intercettare tutti i pazienti ad alto rischio di frattura da fragilità, e di indirizzarli verso un iter terapeutico specifico.


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