Medicina e ricerca

Tumore colon-retto: terapie più efficaci ma serve maggiore attenzione agli screening

di Alberto Sobrero (responsabile del Dipartimento di Oncologia medica dell'Ospedale San Martino di Genova) e Carmine Pinto (direttore dell’Oncologia medica al Clinical Cancer Centre dell'Ausl-Irccs di Reggio Emilia)

Sono quasi mezzo milione gli italiani che vivono dopo aver affrontato un tumore del colon-retto e il loro numero è in costante crescita. Nel 2017 erano in totale 464mila: rappresentano il 14% di tutti i pazienti oncologici residenti nel nostro Paese. Solo cinque anni fa, nel 2013, erano circa 300mila. Un incremento significativo, raggiunto anche grazie ai progressi della ricerca, che ha portato a nuove e sempre più efficaci terapie. Da oggi è rimborsato anche in Italia il farmaco orale basato sulla combinazione di trifluridina (FTD) e tipiracil (TPI) per il trattamento dei pazienti adulti con tumore del colon-retto in stadio avanzato (metastatico) precedentemente trattati o non candidati ad altre cure come chemioterapia o terapie biologiche. L'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) l'ha ammesso alla rimborsabilità in seguito al parere positivo dell'Agenza europea dei medicinali (Ema) che aveva già autorizzato l'utilizzo nell'aprile del 2016. La combinazione di trifluridina e tipiracil agisce inserendosi direttamente nel Dna, interferendo con la sua funzione e prevenendo in tal modo la proliferazione e la crescita delle cellule tumorali. Questo approccio combatte il cancro in modo diverso rispetto ai trattamenti somministrati in precedenza, permettendoci di rallentare la progressione della malattia senza trattare il paziente nuovamente con le stesse terapie.

I dati contenuti nello studio internazionale Recourse, condotto su 800 pazienti, forniscono evidenze di come questa associazione possa offrire ai malati affetti da carcinoma metastatico refrattario ai trattamenti standard una maggiore sopravvivenza e una riduzione del rischio di morte rispetto al placebo. Oltre alla novità terapeutiche la lotta alla neoplasia passa anche dalla prevenzione sia primaria che secondaria. Il carcinoma del colon-retto risente molto degli stili di vita scorretti come seguire un'alimentazione squilibrata e troppo ricca di grassi o i chili di troppo. Si calcola, infatti, un aumento del rischio d'insorgenza del 15% nelle persone in sovrappeso e del 33% negli obesi. L'alcol invece è responsabile di un caso su dieci, va quindi consumato con moderazione e lo stesso vale per le carni rosse e lavorate. Fondamentale inoltre è riuscire ad ottenere una diagnosi precoce. Se la neoplasia viene individuata durante le prime fasi è possibile intervenire tempestivamente e ottenere buoni risultati in termini di guarigione.

Attualmente il 65% dei pazienti riesce a sconfiggere la malattia. Tuttavia il 20% dei casi è scoperto quando è ormai troppo tardi e sono già state sviluppate delle metastasi. Il tumore del colon-retto, nella maggior parte dei casi, è causato dalla trasformazione in senso maligno dei polipi che sono delle piccole escrescenze. Non si manifesta attraverso sintomi specifici almeno nelle sue prime fasi e questo rende ancora più importante la prevenzione secondaria. Negli ultimi anni, grazie all'impegno delle istituzioni locali e nazionali, è stato esteso il programma di screening colorettale attraverso la ricerca di sangue occulto nelle feci e la rettosigmoidoscopia. Sono circa 5 milioni e mezzo gli italiani d'età compresa tra i 50 e i 69 anni coinvolti. Dal 2015 abbiamo avuto quasi 500mila invitati in più rispetto all'anno precedente ma solo il 43% dei cittadini si è sottoposto effettivamente a questi importanti esami salva-vita. E' dimostrato scientificamente che il test del sangue occulto sia in grado di ridurre fino al 20% la mortalità da carcinoma. E ogni anno individuiamo, in questo modo, oltre 3.100 nuovi casi. Esiste infine l'annoso e ancora irrisolto problema delle forti differenze territoriali all'interno del Paese. Se nelle Regioni del Nord il 53% dei cittadini esegue gli esami al Centro e al Sud le percentuali registrate sono solo del 36% e del 25%. Vanno quindi avviati nuovi progetti di informazione e sensibilizzazione rivolti all'intera popolazione affinché tutti i cittadini aderiscano regolarmente a questi programmi di prevenzione.


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