Medicina e ricerca

Pneumologia, più specialisti per diagnosi precoci e assistenza efficace

di Stefano Nardini (presidente Società italiana di Pneumologia- Sip)

Si è parlato di esercito: in Italia si stima che le persone malate di Bpco e asma siano dai 6 agli 8 milioni. A questi numeri va aggiunta parte dei malati di malattie respiratorie professionali (più di 4.000 nuovi casi ogni anno) e di malattie polmonari interstiziali (insieme eterogeneo di più di un centinaio di malattie, più rare delle due prima citate ma non rarissime e messe insieme per la somiglianza dei sintomi e per il simile profilo funzionale e radiologico). Ancora più diffusa la Osas. Uno studio svizzero ha verificato su un campione di popolazione tra i 40 e gli 85 anni una frequenza di questa malattia pari a uno su due per gli uomini e una su quattro per le donne. La Regione Veneto ha stimato in 90.000 maschi e 50.000 femmine i casi di Osas tra la propria popolazione affetta.
A contrastare le conseguenze individuali e sociali (ed economiche: solo per fare un esempio la terapia di un caso di asma grave costa circa 2.500 euro all'anno) di questa che possiamo considerare una vera e propria epidemia sta - potremmo dire come gli spartani alle Termopili - un manipolo di specialisti pneumologi (si pensi che ogni anno in tutta Italia le scuole di specialità di malattie respiratorie arruolano in totale circa 90 neolaureati). Come in altri casi, tutti italiani, siamo al paradosso di malattie molto diffuse (e in aumento già osservato e ulteriormente previsto) e dalle pesanti conseguenze individuali e sociali che sono assistite da una rete specialistica ora scarsa e disomogeneamente distribuita sul nostro territorio e che ogni giorno si contrae come numero sia di specialisti sia di posti-letto dedicati.

Per la medicina respiratoria i temi attuali sono: prevenire con una riduzione significativa del numero dei fumatori l' insorgere delle malattie; migliorarne la diagnosi precoce, rendere disponibili le più aggiornate ed efficaci terapie e pratiche riabilitative (che per fortuna esistono per pressocchè tutta la patologia respiratoria).
Per questo è indispensabile non solo formare gli specialisti in numero adeguato ma anche fornire loro gli idonei strumenti tecnici e organizzativi in costante aggiornamento
La Società italiana di Pneumologia (SIP-IRS) ha raccolto la sfida di gestire al meglio queste emergenze. Essa associa piu' di 1000 specialisti ed è nata dal confluire della componente universitaria e di quella territoriale (quest' ultima comprendente chi opera sia all' interno sia all' esterno degli ospedali). Confluenza a sua volta dettata dalla necessità di coniugare la ricerca avanzata e la didattica di eccellenza con la raccolta di dati “sul campo” e la formazione locale sia tecnica sia organizzativa.
In questa ottica, la SIP-IRS nel solo 2017 ha organizzato 46 eventi regionali di aggiornamento professionale e discussione di problematiche locali, ha curato la redazione di ”registri”, ossia di osservatori epidemiologici multicentrici, relativi a malattie respiratorie infettive, a malattie degenerative nonché, in collaborazione con la società dei colleghi Allergologi (SIAAIC), all' asma grave. Ha promosso una campagna di incentivazione e controllo della attività fisica nei broncopatici cronici. Ha messo in rete corsi di aggiornamento per personale anche non medico (un corso sull' asma per infermieri ha raccolto finora 800 iscritti).

Ma c'è bisogno di questa interazione accademia-territorio non solo nei campi citati. La moderna medicina si fonda su raccomandazioni, linee guida, percorsi di diagnosi e terapia, documenti tutti la cui importanza viene ulteriormente enfatizzata dalla recente legge Bianco-Gelli che misura la responsabilità del medico principalmente sulla base di quanto la sua condotta sia informata ad essi. Ma questi documenti sono per necessità costruiti a tavolino, sulla base di evidenze nate da studi randomizzati e controllati che non sempre riproducono la vita reale: di qui la importanza di fornire un ritorno sulla loro efficacia e applicabilità - appunto - sul campo.
Anche per programmare il futuro della pneumologia (e quindi in definitiva della nostra salute respiratoria) c'è bisogno di questa interazione. La nota Legge Balduzzi prevede un numero di unità operative di pneumologia che in tutta Italia possiamo stimare compreso tra le 100 e le 120. A fronte dei dati epidemiologici citati c'è dunque bisogno di identificare le caratteristiche non solo di tali unità operative (collocazione, organico, dotazione strumentale) ma anche dello specialista che opererà al loro interno nonché all' interno di altri reparti (ad esempio di medicina interna) così come dello specialista pneumologo ambulatoriale. Il tutto per programmare la formazione, per interagire con i decisori politici, per dialogare con le associazioni di cittadini e pazienti.
Perché i futuri Elena, Mario, Caterina e Felice possano giovarsi della più precoce diagnosi e della migliore assistenza pneumologica possibili.


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