Medicina e ricerca

Ricerca farmaceutica, Fadoi: «Rilanciare i progetti no profit e puntare sullo sviluppo industriale»

di Rosanna Magnano

Fare dell'Italia un hub della ricerca clinica, investendo su persone e nelle eccellenze, facendo “sistema” e promuovendo la sperimentazione internazionale per avvicinarsi agli obiettivi Ue e migliorare le performance nazionali in Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la Ricerca e l'Innovazione (il principale strumento con cui l’Ue finanzia la ricerca in Europa) che distribuirà circa 80 miliardi di euro. È questo la priorità lanciata nel corso del convegno nazionale sulla ricerca no profit dal titolo: “Dentro la Ricerca: la Persona prima di tutto”, promosso dalla Società scientifica di Medicina interna Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti).

«I risultati dei vari Paesi indicano che più gli investimenti in Ricerca & Sviluppo si avvicinano al target del 3% del Pil - spiega Andrea Fontanella, presidente nazionale Fadoi - e maggiore è il livello di performance in Horizon 2020 . La presenza di strategie scientifiche nazionali si dimostra la tattica vincente. Negli stati più performanti si osservano iniziative nazionali di sostegno ai partecipanti ad H2020 in termini di advise e accompagnamento. Per fare “sistema” c’è bisogno di una normativa più snella, di fiscalità agevolata, di un maggior numero di ricercatori che possano anche fare carriera».

Il trend dei progetti è in discesa
Il trend della ricerca farmacologica no profit in Italia non è tra i più incoraggianti. Dai dati AIfa emerge che dal 2009 al 2016 la ricerca no profit in Italia ha visto ridursi del 47% il numero delle sperimentazioni cliniche sui farmaci. Più in generale, parlando di investimenti per la ricerca in senso lato, siamo ben lontani dall’Obiettivo Europa 2020, stabilito nel 2002 dal Consiglio Europeo, ovvero portare gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Pil. Oggi, infatti, l’Italia investe nel settore circa l’1,5% del Prodotto interno lordo, contro una media Ue che supera il 2%. Queste frazioni percentuali corrispondono in realtà a decine di miliardi di euro. E sebbene l’Italia partecipi molto attivamente a Horizon 2020 (H2020), i tassi di successo e contributo ricevuti sono tra i più bassi.

Ricerca no profit da rilanciare
Eppure la sfida della ricerca clinica no profit è strategica. Fadoi ricorda che dal 1960 al 2014 l’aspettativa di vita a livello mondiale è aumentata di 19 anni. In particolare, si è registrato un +11 nei paesi ad alto reddito e un +24 nei paesi a basso e medio reddito. Un allungamento dell’aspettativa di vita riconducibile in gran parte (73%) al contributo dei nuovi farmaci (Fonti: The European House Ambrosetti - Rapporto 2016 e Lichtenberg FR. Health Policy Technol 2014).

«Non dimentichiamo che il know-how dei ricercatori italiani è tra i migliori al mondo», spiega il presidente Fadoi . «La ricerca clinica no profit è fondamentale per colmare gli unmet medical need - continua - perché è in grado di produrre value da re-investire, perché attrae investimenti dall’estero e aumenta la competitività. Serve al Servizio sanitario nazionale, poiché promuove la crescita di centri di eccellenza; ha una conseguenza positiva in termini di appropriatezza dell’assistenza. Permette tra l’altro di accedere a terapie innovative e di poter indagare patologie rare che interessano in misura minore l’industria farmaceutica».

La chance del possibile sviluppo industriale
Cruciale, per recuperare terreno, la partita sui decreti attuativi della legge Lorenzin, che prevede la definizione normativa di importanti capitoli, per i quali il mondo delle istituzioni e quello della ricerca sono chiamati a individuare le migliori opzioni. In materia di ricerca no profit la Legge Lorenzin indica la necessità di modifica del Decreto 17 dicembre 2004 del Ministero della Salute per la parte in cui prevede che «la sperimentazione non sia finalizzata allo sviluppo industriale del farmaco o comunque ai fini di lucro». Il provvedimento ammette infatti la «cessione e l’utilizzazione dei dati relativi alla sperimentazione a fini registrativi all’azienda farmaceutica, per valorizzare l’uso sociale ed etico della ricerca» e stabilisce che «l’azienda farmaceutica rimborsi le spese dirette e indirette connesse alla sperimentazione, nonché le mancate entrate connesse alla connotazione di studio come non profit».

Come sottolinea il presidente Fontanella, «questo è un passaggio di particolare importanza, per il quale Fadoi si è impegnata negli ultimi anni, e restituisce alla ricerca no profit la possibilità di incidere più concretamente nella pratica clinica quotidiana rendendo maggiormente fruibili i risultati della ricerca».

Lorenzin: «Il fine è la persona e non la macchina»
E il paziente deve restare al centro, ribadisce la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin. «Il fine è la persona e non la macchina», spiega . «L’Università – ha detto la ministra - deve formare le persone dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto dal punto di vista etico, altrimenti si rischia che la persona non resti al centro. Formare le coscienze e le menti per non essere travolti dalle nuove applicazioni delle scoperte, come l’intelligenza artificiale. La ricerca clinica oggi richiede personalizzazione, rapporto più forte tra ricercatore e paziente; la ricerca deve essere applicata ai nuovi modelli organizzativi e processi decisionali; il sistema italiano sta recependo questa evoluzione». E proposito di ricerca no profit, aggiunge: «La legge Lorenzin introduce la brevettabilità della ricerca no profit, la riduzione dei comitati etici (ci sono voluti cinque anni per ottenere questo risultato), nuovi stanziamenti per la ricerca indipendente. Nei prossimi anni ci sarà un fondo pubblico per la ricerca per finanziare anche quelle linee che non vengono viste come opportunità di business per gli investitori, penso ai vaccini e agli antibiotici, ma che sono fondamentali per la salute pubblica. E alla ricerca organizzativa e gestionale che è funzionale al Servizio Sanitario».


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