Medicina e ricerca

Zaratin (Fism-Aism): «La sm come case study per sviluppare nuovi parametri di ricerca»

di Barbara Gobbi

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«La nostra è una scommessa giocata su un doppio piano: nazionale ed europeo. Con un solo scopo: sviluppare quella che la Comunità europea ha individuato come "scienza della sostenibilità collettiva", all'insegna della "Responsible Research and Innovation"». Non sono concetti astrusi, ma anzi hanno i piedi ben piantati per terra, quelli richiamati da Paola Zaratin, direttrice della ricerca scientifica Fism e coordinatrice del progetto Multi-Act, quando spiega la natura e le finalità dell'iniziativa, finanziata con 3,5 milioni di euro in ambito Horizon 2020. Non a caso: una carriera nelle aziende farmaceutiche alle spalle, Zaratin conosce bene i meccanismi che possono attrarre i privati nella R&S. E sa il valore e i punti deboli delle iniziative multi-stakeholder, che «funziano purché tutti gli attori coinvolti ne traggano benefici».

In che senso?

Come Fondazione Fism di Aism siamo sempre più coinvolti in iniziative multi-stakeholder. Un cammino che non comincia oggi: abbiamo lanciato anni fa un'Agenda delle persone con sclerosi multipla, che ne declina i diritti, tra cui anche quello alla ricerca. La stessa valutazione dell'impatto di questa agenda passa attraverso due approcci: il primo è far sì che essa non sia destinata solo alle persone con sm, ma a tutti gli attori che possono tradurla in un impatto concreto per le persone e per la società; dall'altro canto, vanno messi in chiaro l'impatto e la ricaduta per ciascuno degli stakeholder interessati, che non restano coinvolti se non esistono delle metriche di cui sia chiaro il ritorno. Quello che come Fism stiamo realizzando, sia a livello sia nazionale che internazionale, è un percorso di sviluppo di nuovi modelli che siano in grado di garantire questa doppia valenza.

Cosa manca, oggi, a vostro avviso?

Oggi la ricerca viene valutata attraverso metriche che non sono sufficienti a tenere insieme tutti gli stakeholder interessati: l'impact factor interessa la categoria accademica, molto meno gli altri stakeholder. Con Multi-Act vogliamo sviluppare un modello prospettico di valutazione della ricerca, che comprenda parametri come l'efficienza - e ciò comporta il potenziale sviluppo di collaborazioni pubblico-privato - o il sociale, cioè la prospettiva del paziente. È importante che la Comunità europea abbia riconosciuto l'importanza di questo approccio e di questa iniziativa che si colloca alla voce "Responsible Research and Innovation", programma H2020 dedicato proprio al tema della ricerca sostenibile e innovativa. Perché sia "responsible", dev'essere sostenibile, e per essere tale occorre che gli attori siano disposti a sostenerla, vedendone le ricadute concrete. Alla luce di questo aspetto, la Ue ha deciso di investire in quella che abbiamo chiamato "scienza della sostenibilità collettiva", che consenta di sviluppare strumenti di gestione di una ricerca sostenibile a trecentosessanta gradi.

Il vostro main partner a livello europeo è lo European Brain Council...

Lavorerà con noi per fa sì che questo modello non sia confinato alla sclerosi multipla, ma diventi applicabile a tutte le patologie "brain", cioè malattie croniche neurodegenerative, che hanno necessità diverse da tutte le altre patologie. Se poi il modello funziona, potenzialmente diventa applicabile anche ad altri ambiti. La sm è un "case study": partiamo da qui perché siamo stati noi i promotori e i nostri partner internazionali hanno riconosciuto la nostra leadership. L'idea, in prospettiva, è proporre un modello che venga utilizzato attraverso un'agenda della ricerca europea.


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